I Memphis Grizzlies sono protagonisti di una storia alquanto particolare, che non trova nell’NBA contemporanea tante situazioni simili o particolarmente comparabili, essendo la loro situazione quanto di più catastrofico e insensato possa accadere, secondo l’infinità di luoghi comuni a cui è soggetta la lega di pallacanestro più importante al mondo. Un limbo, una via di mezzo, quello che dalle nostre parti verrebbe definito né carne né pesce, è questa la nomea che la franchigia del Tennesee ha contribuito a crearsi da qualche anno, rimanendo a conti fatti una squadra sempre competitiva, sempre in grado di ritagliarsi un posto tra le prime otto ad ovest, con conseguente approdo ai playoff, ma mai dando la sensazione di poter ambire a qualcosa di più grande, all’obbiettivo tanto agognato che si chiama titolo NBA. L’ex franchigia di Vancouver, non ha mai potuto veramente competere per il Larry o' Brien Trophy, avendo al massimo raggiunto la finale di conference nel 2013, nella quale furono eliminati dai San Antonio Spurs. Da allora 3 eliminazioni al primo turno e una al secondo, per una squadra che, nel suo nucleo di giocatori originario, pare aver perso qualche treno di troppo e debba pensare ad una parziale rivoluzione fatta soprattutto di un ringiovanimento del roster.
Una rivoluzione che in estate è avvenuta in una certa misura: attorno agli intoccabili Mike Conley e Marc Gasol, veri leader e uomini franchigia, la squadra di coach Fizdale ha dovuto affrontare la dolorosa, quanto necessaria, partenza di Zach Randolph, cardine dei Grizzlies che furono, accasatosi ai Sacramento Kings in estate, destinazione anche di Vince Carter, il quale ha concluso la sua esperienza a Memphis dopo tre stagioni. Un roster particolarmente rimaneggiato, con la quasi totalità dei suoi membri che non supera i 27 anni di età, cosa che rappresenta un netto cambiamento per uno degli organici più esperti dell’intera lega fino allo scorso anno, e che per questo punterà sulla freschezza, l’atletismo e la voglia di stupire di un gruppo di giocatori, che, presi singolarmente, sono attesi ad un importante salto di qualità nella prossima stagione. È il caso sicuramente del talentuoso, quanto discontinuo Ben McLemore, settima scelta assoluta dei Sacramento Kings nell’NBA draft 2013, che non è mai stato in grado di imporsi a livelli professionistici nonostante le innegabili doti sia tecniche che fisiche che lo contraddistinguono e che l’hanno reso, in questi anni, più un giocatore da Highlights che di effettiva sostanza. L’annata della svolta per lui, che tuttavia è già cominciata con l’handicap di un brutto infortunio al piede, che non dovrebbe impedirgli di iniziare regolarmente la stagione, ma che l’ha tenuto fermo per quasi tutta l’estate, con le conseguenze che si possono immaginare. Altro punto cardine di questa squadra e atteso alla definitiva svolta della sua carriera, dopo un inizio promettente, ma una continuazione alquanto mediocre, è Tyreke Evans, Rookie of the year nel 2010, persosi nei meandri della lega, dopo le esperienze a Sacramento e New Orleans, senza mai convincere del tutto tifosi e critici riguardo al suo possibile impatto in una squadra da titolo. Chiamato a confermare quanto di positivo fece vedere agli albori della propria carriera, Evans dovrà esser pronto a calarsi in un nuovo ruolo in cui la sua prestanza fisica e la sua energia possano esprimersi al meglio per aiutare i Grizzlies in questo processo di crescita. Un gruppo in divenire come già detto, che tuttavia non avrà tutto questo tempo per trovare il bandolo della matassa, necessaria perciò sarà l’energia e la fisicità di un giocatore interessante come Brendan Wright, il cui atletismo, in teoria, si sposa perfettamente con le caratteristiche di un lungo molto più tecnico, come è Gasol, senza dimenticare il duo composto da James Annis e Jarrel Martin giocatori che portano centimetri e chili alla causa di David Fizdale.
Il destino di questa squadra è tuttavia legato a doppio filo a Chandler Parsons, ala che ha davvero impressionato tutte le parti coinvolte quando vestiva la maglia di Houston, lanciandosi come uno dei sesti uomini più interessanti ed entusiasmanti degli ultimi anni, caduto nell’anonimato nelle ultime stagioni a causa di una catena di infortuni e problemi fisici. Un giocatore che per fisico e abilità tecniche potrebbe significare uno straordinario rinforzo per i Grizzlies, grazie alla sua versatilità e alla sua capacità di accendere il pubblico con giocate spettacolari, che tuttavia ha subito una brutta battuta d’arresto nella sua promettente carriera e chiamato in questa stagione a ritornare ai livelli che gli competono, possibilmente supportato da una ritrovata integrità fisica. Importante è inoltre il ritorno tra le file di Memphis della point guard veterana Mario Chalmers, fermo nella scorsa stagione per un grave infortunio e pronto al rientro in campo, a supporto del giovane duo composto da Wade Baldwin e Andrew Harrison, che andranno a rimpolpare un ruolo in cui, all’interno del roster, vi sono varie alternative, con comunque Conley come titolare inamovibile.
Una squadra che a priori è difficilmente decifrabile e perciò difficile da stimare in termini di potenziale e ambizioni, trattandosi per la maggior parte di un connubio di certezze ed esperimenti, di veterani super rodati ad altissimi livelli, giovani interessanti intenzionati ad emergere e giocatori momentaneamente persi nell’anonimato cestistico, che vogliono a tutti i costi dare una svollta in positivo ad ua carriera fin’ora magra di soddisfazioni. Ed è proprio la motivazione che sta dietro al progetto del general manager Chris Wallace, a rendere questa squadra potenzialmente interessante, ma sicuramente ben lontana da avere i favori del pronostico in una western conference sempre più bolgia infernale tanto nella regular season quanto nei playoff. La maggior esperienza ad alti livelli dei suoi veterani potrebbe in qualche modo dare un leggero vantaggio alla squadra del Tennesee nei confronti delle più dirette rivali per uno spot in post season, come Portland, gli attesissimi Timberwolves e i nuovi Nuggets, desiderosi di riconquistare i playoff dopo anni di assenza e un ottavo posto solo sfiorato lo scorso anno.
A conti fatti quella dei Memphis Grizzlies potrebbe oscillare tra essere una stagione di transizione, senza ambizioni particolari per il breve periodo, ma con uno sguardo al futuro che vedrà nella prossima annata un primo step di crescita individuale di molti giocatori e conseguentemente di squadra, oppure una stagione, se non di successo, quantomeno da playoff. Difficile pensare a Gasol e compagni, dopo tanti cambiamenti, già pronti per raggiungere una conference final o addirittura la finale assoluta, essendoci innegabilmente più squadre maggiormente attrezzate, cominciando dai campioni in carica, i Golden State Warriors.