Dopo anni di crescita graduale, attuata tramite la politica dei piccoli passi, i Boston Celtics si sono ritrovati quest'anno nella condizione di dover provare a fare di tutto per effettuare l'ultimo salto di qualità, quello che dallo status di contender-sfidante conduce al rango di squadra che se la gioca alla pari con le rivali per il titolo. Un'ottima stagione - primo posto a Est in regular season e Finali di Conference raggiunte - era stata in parte macchiata dalla serie persa 4-1 con i Cleveland Cavaliers di LeBron James, un'eliminatoria senza storia, dominata in lungo e in largo dalla squadra dell'Ohio.
Chi non ricorda le accelerazioni al ferro del Prescelto, i suoi scarichi per i tiratori sul perimetro, lo stato di grazia di Love, le sgasate di Irving, contro una versione a due cilindri dei biancoverdi, incapaci di difendere il canestro e soverchiati dal punto di visto fisico, con Isaiah Thomas bloccato da un infortunio all'anca? Bene, quella serie è stata l'ultima di un certo tipo di roster dei Boston Celtics, senza superstar (escluso IT, diventato stella in the making), ma con un'eccellente organizzazione di gioco e tanti role players. Da fine maggio tante cose sono cambiate nella città del Massachusetts, grazie all'attivismo del presidente Danny Ainge, a lungo tacciato di eccessivo attendismo, ma desideroso di migliorare ulteriormente la sua squadra, a volte anche con mosse mediaticamente discusse. L'estate biancoverde parte nei dintorni del Draft, quando si parla con insistenza di un approdo a Boston di uno tra Jimmy Butler e Paul George, in rotta rispettivamente con Chicago Bulls e Indiana Pacers. Due ali piccole che sembrano fare al caso di Stevens, ma che invece i Celtics decidono di non ingaggiare via trade, dando via libera a Minnesota Timberwolves e Oklahoma City Thunder. Ed è sempre nei giorni che precedono la Lottery del Barclays Center che si materializza uno degli scambi dell'estate NBA, con la scelta di Ainge e compagni di rinunciare alla numero uno al Draft per ottenere la terza chiamata. Mossa che si sostanzia alla rinuncia a Markelle Fultz, playmaker da Washington, finito poi a Philadelphia, e nella presa del versatile Jayson Tatum da Duke, ala piccola estremamente intrigante, preferito a Josh Jackson da Kansas, che proprio con Ainge aveva intanto avuto qualche problema di comunicazione. La scelta di Tatum, e non di Fultz, è frutto della convinzione con cui i biancoverdi puntano su Isaiah Thomas, uomo del destino nella stagione 2016-2017, faro offensivo del sistema di coach Brad Stevens.
Inizia poi la free agency NBA, e dal primo luglio i Celtics puntano tutto su Gordon Hayward, small forward degli Utah Jazz, che proprio con Stevens aveva condiviso anni ruggenti a Butler University, sfiorando peraltro un titolo NCAA sulla sirena. Dopo qualche giorno di attesa, con la franchigia di Salt Lake City e i Miami Heat che spingono per avere a loro volta il giocatore, Hayward sceglie finalmente Boston, assicurando ad Ainge uno dei tasselli mancanti, giocatore in grado di trattare la palla, segnare e di inserirsi in un sistema di continuità offensiva. L'approdo di Hayward "costringe" però il frontoffice biancoverde a "liberarsi" del contratto di Avery Bradley, spedito a Detroit in cambio di Marcus Morris. Mossa salariale e tecnica necessaria, che fa perdere a Boston un grande difensore sulla palla, nonchè un buon tiratore, e guadagnare in fisicità con l'altalenante gemello di Markieff. Salutano intanto i vari Tyler Zeller, tagliato, Kelly Olynyk, non trattenuto e finito ai Miami Heat, Jonas Jerebko, ai Jazz, Amir Johnson, ai Sixers, mentre a rimpolpare il roster giungono giocatori di complemento, dal centro australiano Aron Baynes, a un altro lungo proveniente dall'Eurolega come Daniel Theis, passando per le scommesse Shane Larkin e Guerschon Yabusele, francese scelto al Draft solo dodici mesi prima. E' la quiete prima della tempesta, perchè intanto, a Cleveland, Kyrie Irving ha chiesto di essere ceduto. Diverse le destinazioni possibili per la prima scelta assoluta del Draft del 2011, poco probabile quella del TD Garden, che si materializza però solo trenta ora fa. Ai Cavs Thomas, sacrificato nonostante tutto, Jae Crowder e Ante Zizic, ai Celtics uno dei migliori attaccanti della lega. Nel giro di due mesi e mezzo, Boston si ritrova dunque con un roster stravolto: il solo Al Horford come reduce del quintetto titolare della scorsa stagione. Starting five che dovrebbe prevedere proprio l'ex Hawks come centro, Morris da quattro, poi uno tra Tatum e Jaylen Brown, Hayward, e appunto Irving. Meno profonda la panchina, con Smart, Baynes e Rozier attualmente prime scelte da cui attingere. Una rivoluzione semi-silenziosa, in stile Celtics, per provare a chiudere il gap con i Cleveland Cavaliers di LeBron James, dal 2011 padrone incontrastato dell'Est.