Era la fine della stagione 2007-2008, i Supersonics concludevano una deludente annata da 20 vittorie e 62 sconfitte, record tra i peggiori dell’intera lega, superato in negativo solo dai Miami Heat appena privatisi sia di Shaq, accasatosi a Phoenix, che di Wade, costretto ai box per un infortunio prima alla spalla e poi al ginocchio. La franchigia si affacciava alla conclusione con un’ottica di rifondazione assoluta, dopo la parentesi rappresentata in primis dalla leadership di Ray Allen, che nella prima metà degli anni 2000 aveva portato ai playoff varie volte la franchigia di Seattle, prima della partenza e dell’inseguimento al titolo in quel di Boston. La stagione in questione aveva mostrato alla franchigia e al mondo la vera possibilità di risalita rappresentata dalla seconda scelta assoluta del precedente draft Kevin Durant, giovane dal talento offensivo straripante che a soli 19 anni aveva già concluso la stagione oltre i 20 punti di media. Dal draft 2008 inoltre era arrivato un altro giovane prospetto interessante, alla pick numero 4, di nome Russel Westbrook, giocatore che tuttavia mai indosserà la maglia che è stata, tra gli altri, di Gary Payton e Shawn Kemp, perché già dalla conclusione della regular season i rumors su un possibile trasferimento erano già diventati presagio di realtà concreta. L’ufficialità arrivò nell’estate, prima dell’inizio della regular season 2008-09: i Seattle Supersonics, squadra che militava nella città dove nacque la Microsoft dal 1966, si sarebbero trasferiti ad Oklahoma City, con il nuovo nome di Thunder. Notizia che a dir poco squarciò i cieli di tutto il mondo, soprattutto per la rilevanza di tale movimento, che andava a sancire la fine di una delle realtà storiche della pallacanestro americana.
Seattle tuttavia non è mai uscita del tutto dal radar dei commissioner David Stern e Adam Silver, oltre che della giunta dei 30 proprietari delle altrettante franchigie. La città dello stato di Washington rappresenta un mercato vivo ed in perenne fermento, con una grande passione per la palla a spicchi e una fanbase che aspetta solo che le circostanze riportino la pallacanestro NBA alla KeyArena. Varie sono state le voci su un possibile trasferimento di una delle 30 franchigie a Seattle, tra cui soprattutto i Sacramento Kings e i Milwakee Bucks, cose che tuttavia si sono rivelate solo speculazioni che non hanno trovato alcuna concretizzazione al momento.
Sulla questione si è espresso l’attuale commissioner Adam Silver che non ha assolutamente chiuso le porte ad un possibile ritorno in auge di Seattle come un possibile ampliamento per la lega o luogo di trasferimento per una franchigia, il tutto tuttavia senza fretta o progetti già ben definiti: “Non voglio presentare una tabella di marcia, ma è inevitabile che ad un certo punto inizieremo a pensare ad un ampliamento nel numero delle franchigie. È sempre stato così in questa lega e Seattle è sicuramente una delle opzioni nella nostra lista”. Silver continua smorzando gli entusiasmi: “L’espansione tuttavia non è qualcosa a cui stiamo pensando ora […] al momento la domanda è come sentirsi di fronte all’equilibrio tecnico in una lega in cui due squadre hanno dominato i playoff? Dal mio punto di vista, vogliamo una lega con 30 squadre nella posizione di vincere un titolo ed essere economicamente solide. Dal punto di vista economico stiamo facendo meglio rispetto a ciò che abbiamo fatto storicamente, ma non siamo ancora al punto di rendere tutte e 30 le squadre profittevoli […] nel mio ultimo colloquio con i proprietari, l’idea era preservare la salute delle società già presenti e la qualità della competizione”.
La priorità quindi è agire su ciò che già c’è ed è consolidato all’interno della lega, piuttosto che guardare ad un’espansione o a cambiamenti che potrebbero stravolgere il sistema, ma le parole di Silver non impediscono assolutamente di sognare alla città di Seattle, anzi donano nuova energia, in un NBA che sta seriamente valutando una possibile ripresa nella città dello Space Needle.
“Credo che Seattle sia la prima possibilità. Penso che un trasferimento sia più probabile di un’espansione, ma al momento nessuna delle due opzioni pare essere plausibile” queste sono le parole di uno dei trenta proprietari (rimasto anonimo) che compongono il mondo NBA, alle quali sono seguite altre dichiarazioni sulla stessa linea, che elogiavano il grande contributo che un mercato come quello di Seattle potrebbe avere all’interno della lega, senza dimenticare la priorità delle 30 franchigie già presenti e la volontà di livellarle maggiormente rispetto alla scorsa stagione. La pista più probabile rimane quella del trasferimento, anche perché l’ampliamento significherebbe un‘ulteriore ripartizione dell’enorme cifra di 24 miliardi di dollari di diritti TV con nuovi attori in gioco, cosa che al momento sembra essere lontana dal suo compimento, considerati anche i delicati equilibri su cui si fonda la costruzione della stagione NBA, con 82 partite di regular season equamente suddivise per le 30 squadre, senza dimenticare i playoff.
L’NBA tuttavia è un mercato in continua ascesa economica e spaziale e nel momento in cui un ampliamento significasse aumento esponenziale di guadagno, esso potrebbe senz’altro rivelarsi un’ipotesi concreta. La linea economica è stata tracciata dall’acquisto dei L.A. Clippers da parte di Steve Ballmer nel 2014, per la cifra di 2 miliardi di dollari, esborso tipo per una franchigia NBA, almeno secondo Forbes, che significherebbe il punto di partenza per un'eventuale espansione per le città pretendenti, come può essere la stessa Seattle, Kansas City, Las Vegas o Vancouver, orfana dei Grizzlies dal 2001. A Seattle vi è già del fermento pubblico, economico ed istituzionale per il ritorno della pallacanestro NBA, con già due gruppi in competizione per provare a creare terreno fertile per l’insediamento di una franchigia NBA, nuova o trasferita che sia, in concomitanza con le elezioni del nuovo sindaco della città, in programma l’anno venturo.
Noto è il tentativo perpetrato da Chris Hansen di portare i Kings a Seattle nel 2013, poi bloccato da un gruppo di investitori in quel di Sacramento, supportati dall’ex commissioner David Stern, che ha portato alla costruzione del nuovo Golden 1 Center. Hansen tuttavia non aveva rinunciato al suo originale progetto di costruire una nuova arena nel South Downtown di Seattle, rendendosi disponibile a pagare completamente, supportato da vari investitori privati, per la sua costruzione, senza bisogno di esborsi da parte dell’amministrazione pubblica, per un totale di 500 milioni. Il progetto, al momento abbandonato, potrebbe essere sostituito da un rinnovamento della storica KeyArena, teatro dei Supersonics fin dal 1967. La città rimane culla di grande fermento economico, con potenziali investitori anche in grandi compagnie come la già citata Microsoft, o il portale di e-commerce Amazon, oltre che possibile entrata in scena di fondi milionari cinesi, sempre molto interessati all’inserimento nell’economia statunitense e in particolare nel mondo della pallacanestro professionistica.
Al momento moltissime incognite aleggiano sulla vicenda, e altrettante sulla effettiva volontà da parte della lega di approcciarsi alla città ex dimora dei Supersonics. Le ipotesi sono molte , ma tutte da verificare e con le problematiche del caso, ma difficilmente una delle organizzazioni sportive più importanti al mondo terrà accantonato ancora a lungo un mercato con le potenzialità economiche di Seattle, considerata anche la fanbase che la lunga storia cestistica della città ha contribuito a creare.