Tra le franchigie in risalita dopo un passato recente fatto di più ombre che luci ci sono sicuramente i Milwaukee Bucks, che l’anno scorso hanno archiviato comunque una stagione positiva conclusasi con un combattuto 4-2 contro i più esperti e preparati Toronto Raptors al primo turno dei playoff. Sicuramente i meriti principali di questa crescita sono sicuramente da accreditare al coach, Jason Kidd, grande mente cestistica sia da giocatore che da allenatore, oltre alla giovane stella della franchigia Giannis Antetokounmpo, arrivato al culmine di una crescita esponenziale degli ultimi anni che, considerata l’età e il potenziale praticamente illimitato, non sembra intenzionata a fermarsi.
Kidd è stato capace di donare un' anima tecnica ad un gruppo mediamente giovane: il catalizzatore e fulcro del gioco dei Bucks rimane il giovane greco di origini nigeriane, circondato da un mix di poco più che ventenni e di veterani con esperienza consistente nella lega, che hanno permesso a Milwaukee di rappresentare la mina vagante della Eastern Conference della precedente annata.
L’altro giovane di assoluto interesse è sicuramente Jabari Parker, seconda scelta assoluta del nba draft 2014 e purtroppo reduce dal suo secondo grave infortunio al ginocchio, rimediato in sole tre stagioni da professionista. Il ventiduenne nativo di Chicago ha visto finita prematuramente la sua stagione migliore dal punto di vista statistico in cui ha perfettamente mostrato tutto il suo potenziale, mantenendo le medie di 20.1 punti, 6.2 rimbalzi e 2.8 assist a partita, non male per un ragazzo che al momento ha disputato solo 152 partite in NBA. Da valutare sarà sia la condizione al suo rientro, sia la sua integrità fisica per gli anni futuri, non facile da recuperare considerando la portata dei due infortuni che già ha subito.
Reparto lunghi altrettanto interessante per i Bucks, con la solidità di Greg Monroe che dopo buone annate in maglia Pistons ha portato le sue doti a disposizione di coach Kidd, dimostrandosi un centro di buon livello, che tuttavia in prospettiva potrebbe essere scalzato dal ruolo di titolare da Thon Maker, centro australiano nato in Sudan del sud (decima scelta del draft 2016) dalle grandi potenzialità. Maker è il classico diamante allo stato grezzo che tanto piace a John Horst e a tutto il front office dei cervi: un ventenne fisicamente ancora da formare, ma con un bagaglio tecnico che, per le sue dimensioni (216cm), in prospettiva potrebbe renderlo uno dei migliori big man della lega. Un ragazzo ambizioso, tosto e con un etica del lavoro ferrea, tanto da essere allontanato dalla franchigia stessa dal training facility center per il troppo allenamento; durante questa stagione Maker ha mostrato lampi di gioco da vera ala piccola, con un ottimo ball handling, insolito per un centro, e un tiro dalla media e dalla lunga distanza particolarmente preciso, che lo rende un progetto tecnico simile allo stesso Antetokounmpo, inizialmente entrato in NBA in punta di piedi e poi esploso in tutto il suo talento tecnico e fisico.
Il reparto guardie è anch’esso di buon livello, composto da Khris Middleton, reduce dalla sua seconda stagione con numeri importanti e dal rookie of the year 2017, quel Malcolm Brogdon che, selezionato con la scelta numero 36 del draft 2016, è stata una delle sorprese assolute di questa stagione, fornendo inaspettatamente minuti di qualità e un rendimento di alto livello costante per tutto il suo primo anno in NBA. Il tutto contornato da comprimari di buon livello tra cui John Henson e di esperienza come Tony Snell e Matthew Dellavevova, arrivato la scorsa estate dopo il titolo conquistato con i Cleveland Cavaliers e le ottime olimpiadi disputate con la nazionale australiana.
Una squadra con tanto talento, tanto potenziale, ma con anche un grosso punto interrogativo sulle spalle, che rappresenta perfettamente il limbo tecnico in cui si trova: troppo forti per il cosiddetto tanking, ovvero il più o meno voluto rendimento disastroso per ottenere scelte collegiali alte l’anno successivo, ma non abbastanza forti per pensare al momento e con queste individualità, di insidiare le stabili padrone dell'Est, prima fra tutte i Cleveland Cavaliers, di un Lebron James che, nonostante le voci che lo vorrebbero lontano dall’Ohio a breve, aspetterà ancora anni e anni per abdicare.
La vera incognita verso la nuova stagione è capire come i Bucks saranno capaci di portare avanti un progetto tecnico con così grandi potenzialità, che tuttavia al momento non ha ancora tutta la visibilità e l'appetibilità, che possono avere dei Minnesota Timberwolves ad esempio, capaci, nonostante il livello non eccelso raggiunto fin’ora, di attirare a se free agent di livello e trade importanti, prima fra tutte quella che ha coinvolto Jimmy Butler. Milwaukee non è esattamente la Los Angeles della Eastern Conference, non è una piazza ambitissima dai giocatori, sia per il clima freddissimo, che proprio per l’appeal che il capoluogo del Wisconsin ha nei confronti anche di investitori importanti che ne renderebbero l’economia più frizzante, che aiuterebbe sicuramente la costruzione di un ambiente vincente.
Più volte alcuni rumors hanno visto possibili trasferimenti della franchigia in contesti più performanti, soprattutto si è parlato di Seattle, orfana dei suoi Supersonics trasferitisi nel 2008 a Oklahoma City, ma che al momento si è rivelata nulla più di una voce. Questo contesto non necessariamente favorevole non è purtroppo ancora sorretto nemmeno da certezze dal punto di vista tecnico. Antetokounmpo è una realtà consolidata, parliamo già di un giocatore da secondo quintetto all-NBA, un atleta totale, papabilissimo per il ruolo di prossimo dominatore della lega, ma che non è circondato purtroppo da sicurezze commisurate a quella che lui rappresenta: Parker ha dimostrato di essere un sicuro all-star, se non fosse per la sua precaria condizione fisica che non esclude brutti scenari futuri, Maker almeno per il momento rimane l’oggetto misterioso di cui già abbiamo parlato e il resto della squadra, almeno per il momento, per quanto interessante, non ha nemmeno lontanamente la parvenza di una compagine da titolo o da finale NBA.
Un limbo pericoloso quello dove si trovano i Bucks, in un aurea mediocritas che varie volte ha significato nella storia della pallacanestro americana una progressiva diaspora di talento, con la stella più rappresentativa che in mancanza di un vero contesto vincente potrebbe, presto o tardi, cercare fortuna altrove, con conseguente partenza anche degli altri elementi di spicco.
Sicuramente non sarà la prossima stagione a sancire il punto di rottura o il matematico successo del progetto Bucks, ma dal secondo campionato di elementi importanti come Maker e Brogdon e dal ritorno in campo di Parker, con ulteriore maturazione di Antetocounmpo, si potranno raccogliere indizi su come potrà evolversi una situazione, senza dubbio promettente, ma che ancora ha molte incognite al quale coach Jason Kidd e tutta l’organizzazione dovrà anteporre solide certezze per una costruzione vincente nel medio-lungo periodo.