“MVP! MVP! MVP!” E' questo il coro che risuona alla Oracle Arena di Oakland, quando il microfono, durante le premiazioni e i festeggiamenti in campo al termine di gara-5 delle NBA Finals, passa nelle mani di Stephen Curry. Non c’è onore più grande per un giocatore di pallacanestro che essere proclamato most valuable player dai propri tifosi, dal proprio pubblico, che ancora una volta si è dimostrato tra i più caldi dell’intera lega.
La stagione di Curry e dei Golden State Warriors si conclude, meritatamente, con il premio più ambito, il Larry O’Brien Trophy, alzato al cielo per la seconda volta in tre anni. Un viaggio lungo, fatto di aspre critiche e momenti di difficoltà, che alla fine lasciano il palcoscenico a dei playoff e una serie finale da incorniciare per il figlio di Dell. 26,8 punti, 8 rimbalzi e 9,4 assist, le medie delle finals di Stephen Curry, tanto straordinarie quanto sorprendenti da parte di un giocatore che raramente aveva espresso questo livello di completezza, nonostante le sue straordinarie doti.
Se provassimo a girare le pagine del calendario e tornare indietro solo a qualche mese fa, l’opinione mediatica e pubblica riguardo a Steph era quella di un giocatore con delle pesanti lacune, un fenomenale tiratore eccessivamente dipendente dalle sue percentuali al tiro dalla lunga distanza, con un gioco pressoché inesistente all’interno della linea dei tre punti, con delle abilità di playmaking molto limitate e una componente fisica e atletica troppo al di sotto della media NBA. Queste considerazioni tecniche facevano il paio con altre valutazioni particolarmente critiche che Curry si era attirato in seguito alle non esaltanti finals dello scorso anno, in cui aveva giocato male (con l’eccezione della sola gara 4) e contribuito negativamente alla disfatta dei Warriors.
La risposta di Curry in questi playoff e in queste finals è stata da campione assoluto. Il nativo di Akron, dopo una regular season fatta di alti e bassi, ha alzato sensibilmente il proprio livello di gioco in post season, tornando a tutti gli effetti il giocatore straripante capace di vincere due premi di MVP consecutivi, mostrando anche una grande concretezza e una polivalenza che non sempre nella sua carriera è stato in grado di esprimere. Queste nuove attitudini da all-around si sono mostrate al loro massimo livello proprio nella serie finale, sul palcoscenico più importante, sia a livello statistico (a due rimbalzi e meno di un assist dalla tripla doppia di media) che più concretamente sul campo, in cui Steph ha distribuito assist con continuità e ha notevolmente intensificato la sua aggressività in penetrazione, che gli ha concesso, tra le altre cose, molti più viaggi in lunetta e tanti punti nel pitturato, soprattutto in quest’ultima gara 5 (8-11 per lui).
Nella conferenza stampa post partita Steph parla del percorso che ha portato lui e la squadra a raggiungere livelli così alti e dell’importanza dei loro tifosi: “Ho imparato molto su me stesso, c’è stato un punto della stagione, dopo la partita di Natale, in cui noi tutti abbiamo compreso il miglior modo di essere noi stessi in campo, come essere aggressivi ed esprimere appieno il potenziale che abbiamo”. “Fin dal momento in cui abbiamo messo piede in campo l’energia che ci hanno trasmesso è stata incredibile[…]. Gli ultimi tre minuti sono stati pura emozione ed energia, l’aver vinto di fronte al nostro pubblico è qualcosa che mi ricorderò per molto tempo”.
In conclusione Curry parla delle differenze tra questo e il suo primo titolo: “La principale differenza è dovuta a ciò che è successo lo scorso anno, abbiamo passato un vero inferno cestistico: essere così vicini a vincere il titolo senza riuscirci, ripensarci per tutto l’anno, facendo gruppo, cercando di interpretare al meglio la stagione e imparando la lezione delle scorse finali. C’è un grande lavoro dietro per raggiungere questi obbiettivi, è difficile paragonare questo al primo ma sono entrambe sensazioni bellissime”.
Il riconoscimento più prestigioso va a Kevin Durant, autore di una serie pressoché perfetta ed eletto giustamente miglior giocatore delle finali, ma siamo altrettanto sicuri che una delle stelle più luminose del firmamento della pallacanestro oggi sia quella di Wardell Stephen Curry, che nonostante le critiche, le difficoltà e il livello degli avversari che ha dovuto affrontare, è riuscito per due volte negli ultimi tre anni ad issarsi sul trono di campione NBA, e che, dopo la sconfitta strappa cuore dello scorso anno, si è ripreso, con pieno merito, un posto nell’olimpo della lega e tra i grandissimi di questo sport.