"I just hope to see him come back for another year". Più o meno con queste parole, Jeff Van Gundy, ex allenatore e ora apprezzato commentatore di ESPN, ha espresso il suo personalissimo augurio di rivedere in campo per un'altra stagione Manu Ginobili. L'argentino da Bahia Blanca ha infatti incantato per l'ennesima volta con la maglia dei San Antonio Spurs, risultando il migliore nella sconfitta neroargento in gara-3 di Finale di Conference contro i Golden State Warriors. Un k.o. doloroso da digerire per i texani, orfani di Kawhi Leonard e Tony Parker (e da questa notte anche di David Lee, infortunatosi al ginocchio). 

Per la prima casalinga della serie contro Golden State, Gregg Popovich ha rispolverato il quintetto piccolo, quello con il solo LaMarcus Aldridge da lungo. Fuori dunque Pau Gasol, dentro Kyle Anderson, per accoppiarsi meglio agli avversari e provare a produrre qualcosa in attacco. Nella rotazione di Pop sono entrati poi lo stesso Lee (che ha subito un infortunio simile a quello già patito da Tony Parker), Davis Bertans, Dejounte Murray, lo stesso Gasol e Manu Ginobili (nel finale di garbage time ecco Dedmon e Forbes, mentre nel primo tempo i Warriors avevano chiamato al proscenio Joel Anthony (per fargli eseguire i liberi che Lee non poteva convertire). Considerando anche Danny Green, Patty Mills e Jonathon Simmons, hanno messo piede sul parquet dell'AT&T Center di San Antonio dodici giocatori in maglia neroargento. Una sporca dozzina, composta da elementi che in pochi avrebbero immaginato protagonisti in una Finale di Conference, e guidata da Manu Ginobili.

L'argentino non ha sbagliato nulla in uscita dalla panchina, ha incantato come d'abitudine, ha segnato da tre, in penetrazione, ha assistito i compagni, si è persino inventato il colpo in mezzo alle gambe dell'avversario (David West il malcapitato), ma non ha potuto fermare la marea montante dei Warriors. Troppa differenza di talento tra le due squadre, una piena zeppa di seconde scelte e di reietti NBA, un'altra con quattro All-Star in quintetto. "Abbiamo perso contemporaneamente la nostra point guard titolare - dice Manu al termine della partita - e il nostro miglior realizzatore, per non parlare della sconfitta in gara-1. Tutte avversità difficili da superare. Ce l'abbiamo messa tutto, ci abbiamo provato, ma è stato semplicemente troppo per noi. La prossima partita può essere ultima, quindi non ci interessa riposare, non abbiamo bisogno di riposo. Non ci sono energie da salvaguardare, c'è solo da dare il massimo. Per vincere, noi dobbiamo essere da dieci, mentre a loro basta essere anche da sette. Ma abbiamo il dovere di provare a far giocare loro da sette, mentre noi dobbiamo essere al massimo livello. Siamo consapevoli che sarà molto difficile. Non so cosa accadrà con Kawhi, quindi non ci resta che andare là fuori, competere, dare tutto e sentirsi in pace con se stessi. Se basterà, bene. Se non basterà, bene lo stesso".

Dopo lo sfogo successivo a gara-2, Gregg Popovich stavolta ha poco da rimproverare ai suoi: "Dal punto di vista dell'atteggiamento e della voglia di competere, non avrei potuto chiedere di più - dice Pop in conferenza stampa - purtroppo Kevin Durant è stato a lungo intrattabile in transizione. Ripeto, la voglia di competere è stata eccezionale, ma abbiamo giocato contro una squadra composta da quattro All-Star. Abbiamo perso troppi palloni, ma loro sono una gran bella squadra". E se Ginobili ha mostrato come si può rimanere leader di un team di alto livello anche a quarant'anni, LaMarcus Aldridge ha confermato tutti i suoi limiti tecnici e caratteriali. E' vero, è stato più aggressivo rispetto a gara-2, dopo la quale aveva subito i pubblici strali del suo allenatore, ma non è mai apparso quel trascinatore (tecnico ed emotivo) di cui gli Spurs avevano bisogno. Ecco perchè l'ex Portland sarà sul mercato quest'estate, offerto al resto dell'NBA per una trade che possa rinfrescare il roster neroargento. Il diretto interessato prova a difendersi dalle accuse di chi lo ritiene soft e poco incisivo: "Ho fatto del mio meglio - le sue parole, riportate da Michael C. Wright di Espn -i Warriors mi hanno raddoppiato e ostruito la visuale dal gomito. Mi sono preso comunque i miei tiri, anche se erano tiri difficili, cercando la zona del campo che preferisco. Loro sono una grande squadra difensiva, solo chi gioca a basket può capire quanto ti soffochino. E' vero, ho giocato meno uno contro uno di quanto avrei dovuto fare, ma ho comunque cercato di generare tiri per i miei compagni. Ma ripeto, non è così facile come sembra dall'esterno".