Due squadre costruite in maniera diversa, entrambe qualificatesi per i playoffs NBA. Una, i Boston Celtics, ha chiuso davanti a tutti la regular season sul fronte orientale, l'altra, i Chicago Bulls, ha agguantato in extremis l'ottava moneta utile per la postseason. I biancoverdi hanno programmato, puntando da tre stagioni su un allenatore giovane, Brad Stevens (ex Butler University) e crescendo a piccoli passi, dando un senso al concetto di rebuilding. La franchigia della Windy City ha invece scelto di rimanere a metà del guado, provando a restare competitiva grazie a trades e arrivi dal mercato dei free agents. Dopo aver salutato Tom Thibodeau (2015), Chicago ha messo sulla panchina dello United Center Fred Hoiberg, altro rookie coach da Iowa State, liberandosi poi di Derrick Rose e Pau Gasol. Ma, piuttosto che ripartire da zero, i Bulls non hanno resistito alla tentazione di riportare a casa Dwyane Wade (in uscita dai Miami Heat) e di dare un'altra chance a un ex All-Star come Rajon Rondo, in un quintetto che in questa stagione ha perso per strada un altro veterano come Taj Gibson. I Boston Celtics giungono ai playoffs da prima testa di serie, dopo essere stati eliminati nel 2015 (dai Cleveland Cavaliers) e nel 2016 (dagli Atlanta Hawks), mentre i Chicago Bulls vi ritornano dopo un anno di assenza. 

Brad Stevens. Fonte:Brian Babineau/NBAE via Getty Images 

IL CAMMINO

Il cammino delle due squadre è stato opposto. Lineare e continuo quello dei biancoverdi, da montagne russe quello dei tori di Chicago. Al TD Garden Brad Stevens ha implementato un sistema di gioco ormai mandato a memoria dai suoi giocatori, allo United Center Fred Hoiberg si è dovuto districare tra i capricci delle sue star e le difficoltà di inserimento (e rendimento) di alcuni suoi giovani. Una serie dal risultato già scritto? Il pronostico dice Celtics, non foss'altro per il record della stagione regolare (53-39 contro 41-41), ma gli incroci diretti parlano di un 2-2, con le due squadre sempre vincenti davanti al pubblico amico. Rimane senza dubbio un'eliminatoria di grande fascino, tra due delle franchigie più seguite e tifate della NBA, che però attraversano momenti storici diversi: in crescendo i Celtics, sull'orlo della ricostruzione i Bulls. Uno dei tanti elementi di interesse della serie sarà rappresentato da Jimmy Butler, leader di Chicago, dato per vicino a Boston durante l'inverno, quando Danny Ainge e Brad Stevens cercavano un'ala piccola per completare il loro roster. Non se n'è fatto nulla, e ora Butler sarà il pericolo pubblico numero uno per i biancoverdi. 

Jimmy Butler contro Al Horford. Fonte: Jeff Haynes/NBAE via Getty Images

I SISTEMI DI GIOCO 

Dall'avvento di Brad Stevens, i Boston Celtics hanno adottato un sistema di continuità offensiva per certi versi ispirato alla pallacanestro NCAA. Pochi isolamenti, tanti pick and roll, post basso utilizzato soprattutto per riaprire sul perimetro, e tanto tiro da tre punti. L'arrivo estivo di Al Horford ha dato ai biancoverdi un'opzione in più sotto canestro: l'ex giocatore degli Atlanta Hawks può attaccare direttamente dal post o riaprire per i compagni di squadra, avendo dimostrato di essere uno dei migliori passatori nella posizione di power forward. Il centro nominale è Amir Johnson, che parte in quintetto per poi lasciar spazio ai vari Kelly Olynyk e Jonas Jerebko, in una unit che generalmente si abbassa con il trascorrere dei minuti. La difesa resta un punto di domanda: eccezion fatta per Avery Bradley e Marcus Smart, nessun giocatore del roster dei Celtics è realmente un buon difensore, soprattutto tra i lunghi. Spesso la copertura del ferro è un problema. Difficile identificare il sistema di gioco dei Bulls. Chicago ha iniziato la stagione con Rajon Rondo in quintetto, per poi passare a Jerian Grant, Michael Carter-Williams e ancora Rondo. La maggior parte dei giochi di Hoiberg sono chiamati per Jimmy Butler e Dwyane Wade, ovviamente quasi sempre in isolamento, mentre solo nelle ultime settimane ha trovato spazio e convinzione Nikola Mirotic, il montenegrino naturalizzato spagnolo pericolosissimo dall'arco. Il ritmo dei Bulls è generalmente più basso di quello dei Celtics, il che spiega anche perchè in termini assoluti la difesa di Hoiberg non sia tra le peggiori delle NBA. Chicago resta però esposta a clamorosi cali di tensione, in transizione e a difesa schierata, che spesso costa a Butler e compagni sconfitte inattese. 

Al Horford in azione contro i Bulls. Fonte: Jeff Haynes/NBAE via Getty Images

I ROSTER 

Ben amalgamato quello dei Celtics, che puntano moltissimo su Isaiah Thomas, divenuto uno dei migliori realizzatori dell'intera lega. Il numero quattro dei biancoverdi ha in mano le chiavi dell'attacco di Boston, decidendo quando accelerare (anche con triple in transizione) e puntare il ferro e quando lasciar giocare i compagni. I Celtics non si negano mai un buon tiro da tre, avendo trovato in Jae Crowder, Avery Bradley, Gerald Green, Kelly Olynyk degli elementi affidabili. Molto importante l'impatto dalla panchina di Marcus Smart, per fisicità e presenza difensiva, un po' come quello del rookie Jaylen Brown, in netta crescita rispetto ai primi passi NBA. Jonas Jerebko e Terry Rozier completano le rotazioni di Stevens, garantendo ulteriore pericolosità perimetrale. Il roster di Chicago è stato invece stravolto nell'ultimo giorno di trade: via Taj Gibson e Doug McDermott, dentro Cameron Payne, Anthony Morrow e Joffrey Lauvergne. Robin Lopez è il centro titolare, lungo old school, a cui danno il cambio lo stesso Lauvergne e Bobby Portis, giocatori simili per stazza e capacità balistiche. Tra gli esterni ecco Denzel Valentine, rookie dal buon talento, sinora utilizzato quasi esclusivamente come tiratore, il tedesco Paul Zipser, i già citati Grant e Carter-Williams, mentre il brasiliano Cristiano Felicio è l'unico lungo interno in grado di offrire fisicità al reparto.

Kelly Olynyk e Nikola Mirotic. Fonte: Zimbio.com

LE CHIAVI DELLA SERIE 

La percentuale dall'arco resta una delle chiavi del gioco dei Celtics, che però da quest'anno hanno trovato soluzione alternative al tiro da tre. Non solo Thomas, ma anche e soprattutto Horford, nel duplice ruolo di realizzatore e facilitatore. La capacità di muovere uomini e pallone è un marchio di fabbrica dei biancoverdi, che proveranno ad attaccare Rondo con Thomas, e Mirotic con Horford. Alzare i ritmi potrebbe essere un vantaggio per gli uomini di Stevens, soprattutto quando in campo saranno presenti contemporaneamente Butler e Wade, contro i cui isolamenti Boston opporrà la difesa di Smart e Bradley. Per i Bulls, oltre all'importanza di limitare le palle perse (ed evitare così dolorose transizioni), sarà fondamentale avere a disposizione il miglior Nikola Mirotic, non solo per doti balistiche, ma anche per tecnica pura, costringendo così Stevens a dover tenere sul parquet due lunghi di ruolo. Il resto sarà sulle spalle di Jimmy Butler, a volte fin troppo cercato dai suoi compagni, ma gran realizzatore e soprattutto uomo clutch nei finali punto a punto.