Finché la barca va, lasciala andare, verrebbe da pensare sulle rive del mare di Boston, dove Brad Stevens e i suoi Celtics continuano a macinare vittorie su vittorie, con prestazioni che, di squadra ed individualmente, stanno migliorando in maniera inattesa. L'effetto del mago, perché tale va considerato l'uomo che siede sulla panchina del TD Garnde da qualche stagione a questa parte, è oramai noto e l'apporto che ha dato alla franchigia del Massachussets è stato a dir poco clamoroso: in poco più di tre stagioni il quarantenne di Indianapolis ha riportato i Celtics dove li compete, ovverosia in vetta alla Eastern Conference.
La stagione in corso, iniziata con qualche passo falso, ha preso la piega giusta, quella che tutti si auguravano, soprattutto negli ultimi due mesi, culminati con una striscia che recentemente ha portato Boston immediatamente alle spalle dei Cleveland Cavaliers grazie a undici successi nelle ultime tredici gare. La pausa dell'Al- Star Game ha, come da tradizione, fatto da spartiacque tra la prima parte di stagione e la seconda, ma ha avvicinato le squadre alla trade deadline che, come una spada di Damocle, pende sulle teste di dirigenti, giocatori e tifosi, sempre più esaltati dalla possibilità di tornare a lottare, definitivamente, per un successo nella Eastern Conference e, perché no, tornare anche a giocarsi il Larry O'Brien Trophy.
La trade deadline porta tuttavia con sé svariati problemi e numerose questioni da risolvere prima ancora di poter valutare le offerte sui tavoli dei giocatori ai quali si è interessati: è giusto rompere un equilibrio oramai trovato, con Thomas leader indiscusso di una squadra che si conosce e gioca a meraviglia assieme? E' il caso di rompere questo assetto provando ad inserire giocatori, per quanto di sistema, ma superiori individualmente ai presenti? Domande alla quali dirigenza e staff tecnico dei Celtics stanno provando a rispondere in queste ore, a fare il quadro della situazione (fatto già in estate quando l'occasione Durant sembrava aver catalizzato tutte le attenzioni di Danny Ainge e dello stesso Stevens).
Lasciare andare la barca o provare l'all-in in ottica titolo? Il GM di Boston si è visto scappare, forse volutamente, sia Ibaka che Cousins, per i quali i Celtics avevano abbozzato un ammiccamento, senza però mai affondare il colpo. La sensazione è quella che i biancoverdi abbiano ben chiara la situazione, avendo incentrato i loro sforzi sull'arrivo di un esterno, un elemento capace di giocare nello spot di ala piccola, che sia sì duttile sul parquet, nelle due metà campo, ma anche capace di attirare le attenzioni delle difese avversarie per togliere pressione dalle spalle di Thomas, per il momento coadiuvato soprattutto dai soli Bradley (attualmente infortunato) e Horford. L'intenzione, ovviamente, è quella di competere davvero con tutti: provare ad arrivare a giocatori del calibro di Jimmy Butler o Paul George sembra un'idea in grado di accontentare sia le esigenze tecniche di Stevens che quelle economiche della proprietà.
Più facile arrivare a Jimmy Butler, che i Bulls sono intenzionati a cedere a fronte, ovviamente, di un'offerta degna di tal nome: voci vorrebbero che per la guardia di Houston, i Celtics debbano sacrificare una scelta (quella dei Nets del Draft del 2017) o due, oltre ad un pacchetto di giocatori che potrebbe includere Jaylen Brown e Marcus Smart. Se dunque i Bulls rifonderebbero puntando sulla linea verde, i Celtics si avvicinerebbero decisamente ai Cleveland Cavaliers nella lotta alle posizioni di vertice della Eastern Conference, anche se Butler non è esattamente l'innesto ideale, tecnicamente e tatticamente, per il tipo di gioco che Stevens ha in mente: un giocatore con maggiori possibilità sugli scarichi rappresenterebbe l'El-Dorado cestistico per l'ex coach di Butler University (uno come Gordon Hayward, per dire, o lo stesso George) mentre la guardia dei Bulls è un tipo di attaccante che ama avere spesso la palla tra le mani. Tuttavia, le capacità balistiche di Jimmy, unite alla sua personalità ed alle sue qualità difensive, potrebbero compensare i contro e fargli sposare la causa con buone possibilità di successo.
Molto più difficile arrivare invece a Paul George, il cui futuro sembra ogni giorno più in bilico ma, al contempo, sempre più vicino al rinnovo in maglia Pacers. Indiana continua a rispondere picche alle telefonate, continue, del general manager degli Oklahoma City Thunder Sam Presti. Il tempo ovviamente stringe e, anche se le idee non mancano affatto alla dirigenza dei Celtics, la strada ormai segnata sembra quella che porta alla conferma del roster attuale, anche se il nome di Jimmy Butler continua a ronzare costantemente nelle menti di Ainge e Stevens.