Una mattanza. Voluta, da una parte sicuramente. Dall'altra, forse, pure. Nella notte della rivincita di Natale, che tale non è stata per manifesta assenza di una delle due parti, i Golden State Warriors provano a scrollarsi dalle spalle qualche fantasma del passato, travolgendo con un netto, sonoro e perentorio, quarantello, i campioni in carica dei Cleveland Cavaliers. Clamoroso, verrebbe da dire. Mica tanto, se si scende nelle pieghe di una gara che non è mai iniziata per chiara volontà degli ospiti di non attaccare dall'inizio la spina della concentrazione e dell'applicazione, in primis fisica e poi mentale.
Ne è scaturita una non-partita, decisa da un prevedibile atteggiamento oltremodo aggressivo dei ragazzi della baia, che qualche schiaffo dalla faccia dovevano pure toglierselo dopo la rimonta beffarda delle Finals prima e di Natale successivamente. La valanga di canestri sotto la quale i Cavs sono stati sepolti era preventivabile, soprattutto perché, alla vigilia dell'incontro, gli indizi su uno stato di forma precario ed un equilibrio nell'assetto tattico ancora da ritrovare e rifinire degli ospiti, erano piuttosto chiari e decifrabili. La trasferta ad Ovest dei possessori dell'anello ha messo a nudo qualche crepa di troppo, anche se è chiaramente prematuro per parlare di fratture: solo il tempo fornirà indizi ulteriori sullo stato di salute di Cleveland. Chiaro, perdere così, in questo modo, non fa mai bene, soprattutto per una squadra che deve ritrovare fiducia, entusiasmo ed alchimie.
Di contro, invece, Curry e soci hanno banchettato a piacimento - pure fin troppo - approfittando della scelleratezza del mood con il quale i Cavs sono scesi sul parquet della Oracle Arena. La partenza incendiaria dei Warriors nel primo quarto ha fatto scappare dalla stalla i buoi di Cleveland, andandosi a fare un giro bello largo salvo rientrare a notte inoltrata. Da una parte gli Splash Brothers non perdevano una singola palla, veleggiavano attorno ai venticinque assist nel primo tempo (!!) e segnavano triple a raffica, dall'altra Irving litigava con quel ferro tanto amato qualche mese fa, James si sfilava di rado le ciabatte ed il supporting cast osservava inerme il tracollo. Scarso, quasi nullo, l'apporto della panchina, che ha sottolieato e rimarcato le difficoltà dei titolari di Cleveland in questo periodo. Complicato, in questi termini e dopo una sconfitta di queste proporzioni, parlare di tattica, percentuali e altro, semplicemente perché risulterebbe fine a se stesso.
In definitiva, l'esito e la prestazione vanno decisamente prese con una marea di pinze - come insegna lo scorso anno - quando oltre alla cacciata dell'allora capo allenatore, i Cavs ritrovarono da una sconfitta del genere solidità e compattezza di gruppo, partendo da una base decisamente meno solida di certezze. Una vittoria, quella di stanotte, che può invece far soltanto bene ai Golden State Warriors di Durant e soci, che in vista dell'altrettanto prevedibile atto finale di inizio estate, alleviano un minimo la pressione dalle loro fragili spalle.