Dopo l'ottima stagione 2012/2013, chiusa con la sconfitta per 4-2 al secondo turno dei playoff contro gli Indiana Pacers, i New York Knicks hanno vissuto anni difficili, con tanti allenatori assunti e poi esonerati e l'arrivo di Phil Jackson come presidente per tentare una rifondazione che non ha mai portato buoni risultati. Le prime gare di quest'anno non lasciavano presagire nulla di diverso: poca difesa, tanto nervosismo e divergenza di opinioni sotto il profilo tattico tra Hornacek - arrivato in estate - e Phil Jackson.

Tuttavia, in poco tempo, le cose sembrano essere cambiate. Dopo aver chiarito di non voler inserire nel suo book offensivo l'attacco a triangolo per privilegiare situazioni di pick and roll, l'ex allenatore di Phoenix ha iniziato a trovare la giusta alchimia tra i suoi giocatori, anche grazie allo scambio di idee che c'è stato tra gli stessi e l'ex coach dei grandi Bulls e Lakers, il quale peraltro ha anche accusato Anthony di tenere troppo la palla. La franchigia della Big Apple ha così iniziato a giocare come una vera squadra, mettendo da parte gli egoismi e riuscendo a far risaltare in primo luogo le grandi qualità di Porzingis, talento cristallino che sta maturando sia dal punto di vista fisico che mentale (fin qui 20.6 punti di media col 45.9% dal campo). Per fare questo, però, Melo ha dovuto limitare i suoi isolamenti dal gomito (nonostante tenti ancora questa soluzione 2.4 volte ad allacciata di scarpe e NYC rimanga il team che segna più punti in quella situazione di gioco con 7 di media), riuscendo invece ad attirare su di sé un raddoppio della difesa avversaria per trovare un compagno libero sul lato debole. Come è naturale che sia per un campione al suo 14esimo anno nella Lega, la tendenza dell'ex Denver a prendersi troppi tiri senza ritmo non è svanita, ma il suo lavoro dentro e fuori dal campo sta andando proprio in questa direzione, pur rimanendo una superstar da 22 punti a serata.

Colui che è stato fondamentale per i nuovi schemi di gioco di Hornacek è anche, se non soprattutto, Derrick Rose, il quale è riuscito a risolvere i suoi guai giudiziari e a tornare sul parquet con una voglia incredibile di riprendersi l'Association che aveva conquistato solamente cinque anni fa. Come ha precisato lui stesso, non rivedremo mai più il fenomeno che ai tempi di Chicago arrivava al ferro con irrisoria facilità e che conduceva i Bulls al primo posto nella Eastern Conference. Eppure, al netto dei problemi alla schiena che lo stanno tormentando da diversi giorni e che non sembrano ancora volersene andare, il prodotto di Memphis State sta riuscendo a trovare una nuova dimensione, che lo vede entrare spesso nel pitturato, cercando però di concludere dai 3-4 metri o dal mid-range senza rischiare troppo la schiacciata o il tiro dalla distanza (che peraltro non è mai stata la sua specialità, come dimostra il 30,2% in carriera dai 7.25 m). Il più giovane Mvp della storia sta riuscendo a fare ciò soprattutto grazie ai pick and roll di cui sopra, che gioca molto bene soprattutto con i lunghi. Proprio il rendimento della front-line è un'altra delle chiavi dei buoni risultati di New York, che ottiene un grande contributo sotto canestro specialmente da Noah e O'Quinn, i quali mettono la loro energia a disposizione dei compagni, come dimostra il fatto che il team newyorchese sia quarto nella Association per rimbalzi catturati a partita con 45.8 a partita.

Il tutto senza contare l'ottimo apporto della second unit, con Jennings e Holiday in prima linea, oltre a quello di Courtney Lee, il quale invece fa parte della line-up titolare. Questi sfrutta molto bene gli scarichi dei suoi compagni, approfittando anche dei raddoppi sugli altri per tirare con molto spazio a disposizione e con percentuali eccellenti (48.6% da tre punti).

Nonostante il gioco più veloce - 99.2 di pace - e l'ottima varietà di schemi, quello che ancora manca a New York è soprattutto la difesa, che concede 107.7 punti ogni 100 possessi (solo quattro squadre fanno peggio in tal senso). Cercando di correre molto, infatti, i Knicks concedono molto in transizione, oltre a proteggere la propria area in maniera insufficiente e con scarsa attenzione. Le esperienze passate di Hornacek come capo allenatore non lasciano ben sperare in tal senso, anche se talvolta i suoi ragazzi hanno mostrato una buona attitudine nella loro metà campo. Questo però è durato sempre per troppo poco tempo, nonostante ci siano difensori di ottimo livello come i già citati Noah e Lee, ma l'impressione è che sia principalmente una questione di approccio e di organizzazione.

A ben vedere, la striscia di vittorie che ha portato New York al terzo posto a Est - 14 vittorie e 11 sconfitte - è dovuta anche ad un calendario particolarmente favorevole, che l'ha vista sconfiggere Charlotte come rivale più accreditata, mentre le altre W sono arrivate per lo più contro franchigie con scarse ambizioni (leggasi, ad esempio, Minnesota, Sacramento e Lakers). Difficile capire fin dove può arrivare questo gruppo. La sensazione è che servano almeno altri due mesi per comprenderlo, in particolare quando arriverà un periodo di black out e di stanchezza inevitabile nell'arco delle 82 partite di regular season. La buona notizia per i tifosi del team con più appeal della NBA è che, almeno stavolta, la strada sembra essere meno tortuosa del solito.

[Articolo di Gabriele Ferrara]