"Dimenticate il vintage Rose. E' andato, non esiste più". No, non sono parole di un qualsiasi analista di basket Nba, ma dello stesso Derrick Rose, pronunciate stanotte dopo la vittoria dei suoi New York Knicks al Madison Square Garden contro i Portland Trail Blazers. E' con candore che l'MVP della regular season 2011 ammette di non essere più il giocatore esplosivo, che accendeva in un lampo lo United Center di Chicago con i Bulls di Tom Thibodeau. 

"Non dovreste più chiedermi - dice ai giornalisti presenti - se sono tornato quello di un tempo, ma se sono ancora capace di fare canestro. Non conta cosa ho fatto quando ero più giovane, ma ciò che posso fare ora. Questo è un momento diverso della mia carriera, prima non avevo limiti, ora si tratta solo di ritrovarmi come giocatore di pallacanestro. Quando il tuo ginocchio si rompe una volta, poi un'altra, poi un'altra ancora, ovviamente ci sono tante cose che cambiano. Cambia il tuo modo di saltare, il tuo modo di tirare in sospensione. Ecco perchè ora sono un giocatore diverso". E le statistiche confermano quanto spiegato da Rose: solo 14.5 tentativi dal campo a partita, il dato più basso della sua intera carriera, e un'attenzione particolare agli assist, dispensati soprattutto ai compagni Kristaps Porzingis e Carmelo Anthony. Il nuovo Rose è un playmaker solido, quasi vecchio stampo, che conosce i suoi limiti e li asseconda, che sa quando accelerare e quando rallentare. Segue i segnali che gli arrivano dal suo corpo e prova ad eseguire il più possibile i giochi offensivi. Niente più sgasate brucianti e schiacciate spettacolari, non più possibili, ma una lettura più razionale del gioco. Un giocatore con meno armi a disposizione, ma paradossalmente più completo sul piano della comprensione della partita.

E la svolta è avvenuta quando ha capito di non poter tornare a fare ciò che faceva prima: ha cambiato obiettivo, ha lavorato sulla parte bassa del corpo, non per cercare un'esplosività che con l'età sarebbe comunque andata scemando, ma allenandosi sul fondo e sulla rapidità. Il Rose del 2016 continua ad attaccare il ferro (il suo tiro in sospensione è sempre stato ballerino, anche ai bei tempi), ma lo fa con minor veemenza e continuità. Niente a che vedere con il giocatore che solo cinque anni fa era l'unica opzione offensiva dei Chicago Bulls di Tom Thibodeau, che si arresero in finale di Conference ai Miami Heat di LeBron James. Quel Rose riuscì - praticamente da solo - a spaventare una corazzata come quella costruita da Pat Riley con l'esplosività e i canestri off the dribble. Ora è a disposizione di Porzingis e Anthony, molto più realizzatori di lui. "Penso che non vedremo più quel Derrick Rose - aveva detto quest'estate proprio Carmelo - quello che volava e andava a schiacciare sopra i lunghi avversari. Ma potrà fare comunque la differenza mostrando di essere un altro tipo di giocatore". Il Rose 2.0 dei New York Knicks non ha tutti i giochi offensivi disegnati per lui, anzi. Ci sono pick and roll qua e là che lo agevolano a puntare il ferro (mai troppo graditi da Phil Jackson), ma anche situazioni che lo rendono il facilitatore della pallacanestro dei Knicks, una squadra che in qualche modo si rispecchia nel suo playmaker. Più solida e meno attenta a cercare le giocate ad effetto. Un po' come il fenomenale lettone Kristaps Porzingis, che riesce ad essere devastante senza aver bisogno di giochi di prestigio.