I Golden State Warriors sono rimasti a gara-7 delle Nba Finals 2016. Normale - forse - per una squadra che deve ancora radunarsi per il training camp e che non ha avuto occasione di riscattarsi dopo quella decisiva sfida alla Oracle Arena. Eppure, l'impressione diffusa è che gli uomini di Steve Kerr dovranno convivere a lungo con il ricordo, un incubo sportivo, della rimonta subita contro i Cleveland Cavaliers di LeBron James.
A confermarlo è Stephen Curry, uomo più rappresentativo e superstar della franchigia californiana. Intervistato in occasione di un evento pubblicitario a Walnut Creek da Sam Amick di USA Today, il due volte MVP della regular season Nba ha confessato di "non aver ancora dimenticato gara-7: è qualcosa che rimarrà con me per tutta la vita. Ho provato sensazioni orribili dopo quella sconfitta, che ora cerco di utilizzare come motivazioni per tornare in campo più forte di prima. Non voglio più rivivere momenti del genere, e per farlo non mi resta che utilizzare quel terribile incubo e tutti quei pensieri intorno a gara-7 come propellente per prepararmi alla prossima stagione. Quell'ultima partita in casa è stata qualcosa di surreale: ancora ci chiediamo cosa sia successo, perchè eravamo davvero fiduciosi di potercela fare. Durante l'estate ho trascorso brutti momenti, come era naturale che fosse, ma sono in qualche modo riuscito a isolarmi, andando in vacanza con la mia famiglia alle Hawaii e incontrando tanti ragazzi giovani in un paio di camp in giro per il mondo. Ho cercato di non deprimermi troppo, di rimanere comunque vicino alla pallacanestro, insomma mi sono sforzato di capire che noi giochiamo per arrivare alle Finals e vincerle, sperando di avere un'altra occasione il prossimo anno. Durante la scorsa stagione siamo stati considerati come i più grandi di tutti, la squadra intoccabile, che non poteva perdere. Ma non era quella la nostra percezione. Sapevamo che avremmo potuto vincere ogni partita contro qualsiasi avversario, ma di certo non ci ritenevamo imbattibili: nessuno di noi ha mai pensato che bastasse entrare in campo per vincere".
"Perdere ci ha fatto ricordare che per vincere un titolo Nba è necessario riuscire sempre a reagire. E' qualcosa che richiede davvero grande concentrazione e un'enorme resistenza fisica e mentale. Non c'è niente di scontato, ecco un altro insegnamento importante. La sconfitta mi ha fatto apprezzare ancor di più quanto fatto durante l'anno del titolo e che speriamo di ripetere nella nostra prossima avventura". Durante le decisive gare delle ultime Nba Finals, si è a lungo discusso delle reali condizioni fisiche di Curry, limitato dai postumi di un brutto infortunio al ginocchio - lesione al legamento mediale collaterale del ginocchio sinistro subita in gara-4 del primo turno di playoffs della Western Conference contro gli Houston Rockets - e da ricorrenti fastidi alla spalla destra. Tutti problemi di cui l'MVP non ha mai voluto parlare, nè prima nè dopo le Finals, ma che vengono invece presi in considerazione dal suo trainer personale, quel Brandon Payne che lo segue come un'ombra dall'estate del 2011: "Durante le Finals non era lui - svela Payne - non ci piace cercare scuse e non stiamo cercando di trovarle adesso, perchè tutto ciò che conta è quanto avviene sul campo nei quarantotto minuti di gioco. Ma avrei voluto vedere un'altra versione di Steph, quella che tutti avevamo ammirato in regular season. Il primo giorno in cui ci siamo visti dopo gara-7, abbiamo pensato entrambi per un attimo: "Ok, tutto questo fa schifo", ma subito dopo non abbiamo più parlato di quella partita. Dovevamo solo guardare avanti. D'altronde era una di quelle cose che potevano capitare, giusto? Non c'era bisogno di rivedere video della partita. Sapevamo cosa era accaduto, e ci erano anche abbastanza chiari i motivi. Ecco perchè non mi è rimasto altro da fare che concentrarmi su prepararlo al meglio per un'altra stagione".