Kevin Durant torna a parlare del suo trasferimento ai Golden State Warriors. Lo fa da Chicago, dove si trova attualmente insieme agli altri componenti della spedizione olimpica di Team USA, lo fa soprattutto per replicare a quanti negli ultimi giorni avevano scritto di una sua presunta rassicurazione al compagno di squadra Russell Westbrook circa la sua permanenza agli Oklahoma City Thunder. 

Intervistato da Shams Charania di The Vertical (il sito di basket Nba del giornalista-guru Adrian Wojnarowski), KD ci tiene a fare chiarezza sulla vicenda: "Tutto ciò che ho letto a riguardo è falso - le parole di Durant - non ho mai detto a Russell (Westbrook, ndr) e a Nick (Collison, ndr) che sarei rimasto o che sarei andato via. Nessuna di queste parole è mai uscita dalla mia bocca. Ci siamo incontrati come compagni di squadra, ma non è mai stata fatta alcuna promessa. Con tutti i mezzi di comunicazione che ci sono oggi, non posso controllare tutto ciò che la gente dice o scrive. Ormai chiunque può svegliarsi la mattina e dire qualcosa a caso: la gente gli crederà. Ripeto: non ho mai detto a Russell o a Nick che era tutto ok e che avrei rinnovato con i Thunder prima di decidere di andar via una settimana dopo. Non è il mio modo di fare. Anch'io ho ascoltato questa storia, ma non è la verità. Non c'è mai stata una promessa fatta a qualcuno dei miei compagni di squadra prima dei vari incontri di luglio". Durant passa poi ad analizzare il suo trasferimento ai Golden State Warriors: "Non sto andando in una squadra in cui c'è già un giocatore che occupa il mio ruolo e in cui bisogna trovare un modo per far giocare insieme due ragazzi che coprono una stessa posizione. Non andrò lì per giocare da point guard, nè per giocare da shooting guard. Io sono una small forward (ala piccola), e la squadra non aveva una small forward quando io ho firmato per Golden State. Steph, Klay, Draymond e i lunghi giocano tutti in posizioni diverse dalla mia". 

"In ogni squadra ci sono giocatori che si devono sacrificare, che sia una questione di minuti, di tiri o di opportunità. E' la natura del gioco. Quando entro in campo non penso che dovrò prendermi diciotto tiri e andare in lunetta dodici volte. Lascio che la partita scorra naturalmente". C'è spazio anche per qualche riflessione sull'avventura con Team USA alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro: "So cosa significa poter rappresentare gli Stati Uniti in giro per il mondo. Ci sono molte persone che lo fanno in modi diversi. Per noi giocatori è un modo per dimostrare quanto siamo legati alla nostra nazione e cosa significa crescere sul suolo americano. Siamo solo una parte di tutti coloro che rappresentano gli Stati Uniti a livello globale. Tutti i ragazzi sono molto ansiosi di andare a Rio. Ogni giorno si chiedono come sarà Rio e come sarà l'esperienza olimpica. Io non sono mai stato a Rio ma so che l'esperienza delle Olimpiadi è di un altro livello. E' divertente sapere di essere uno degli atleti che competono per la tua nazione, una volta ogni quattro anni". L'intervista rilasciata da Durant allo United Center di Chicago dimostra quanto abbia fatto - e continui ancora a fare - scalpore il suo addio agli Oklahoma City Thunder con conseguente firma per Golden State Warriors. Si tratta di un passaggio cruciale della carriera di KD, che in molti, tra appassionati e addetti ai lavori saranno disposti a rinfacciargli al primo passo falso, come accaduto in queste ore con la voce secondo cui il giocatore avrebbe rinnegato una promessa fassa a Westbrook e alla sua ex squadra. I giorni della free agency sono stati molto frenetici, e il primo incontro di Durant con i Thunder fu ritenuto positivo dalla franchigia del general manager Sam Presti (anche i Clippers credevano di avere buone possibilità), ma in quest'ultimo mese nessuno da Oklahoma City si è lamentato ufficialmente del comportamento di KD. Staremo a vedere quale sarà la versione di Westbrook, che in questi giorni sta discutendo del rinnovo del suo contratto con OKC.