La leggerezza del vantaggio. La consapevolezza della superiorità.

I Cleveland Cavaliers spazzano via, con presunzione, per la seconda volta in altrettante serie di playoff fin qui disputate, gli avversari di turno. Dai Detroit Pistons agli Atlanta Hawks la musica non cambia affatto, anzi, diventa suono ancor più melodioso ed armonioso nell'orchestra di LeBron James e compagni. Che la franchigia dell'Ohio fosse la naturale dominatrice della Eastern Conference lo si sapeva ben prima dell'inizio della post-season, forse anche prima dell'inizio della regular season, ma ciò che forse non si poteva immaginare e prevedere era la strepitosa alchimia tra i protagonisti venutasi a creare ed ammirata in queste otto gare fin qui giocate e dominate, in lungo come in largo. 

A suon di triple e di uno strapotere tecnico, fisico e mentale, James, Love, Irving e compagni hanno asfaltato prima MoTown, poi gli appagati Atlanta Hawks, lontani parenti di quelli ammirati nella serie contro i Boston Celtics. I Cavaliers giocano a meraviglia, trascinati dal Re in transizione come in qualsivoglia situazione di gioco: imbarazzante la facilità con la quale i ragazzi di Lue archiviano le pratiche prima ancora di scendere in campo, agevolati da una naturalezza nelle letture delle situazioni di gioco e dello sviluppo della gara stessa. Disarmante, inoltre, la tranquillità di gestione della squadra, dei vantaggi e dei minuti finali delle sfide, figlia di quella del prescelto, che indica la strada da seguire al resto dei proseliti.

Atlanta non ha mai trovato le giuste contromisure da adottare al sistema offensivo dei Cavaliers, più efficace di giorno in giorno, gara dopo gara, straripante negli isolamenti e negli uno contro uno in transizione di LeBron ed Irving, che hanno portato successivamente a scarichi agevoli sul perimetro, dove le potenzialità balistiche dei vari Frye, Smith, Shumpert e Love hanno fatto il resto. La produzione offensiva di Cleveland è aumentata a dismisura, crescendo dai 104 di media della regular season ai 116 (!) ad allacciata di scarpe per ogni singola gara di playoff: ciò che sorprende, seppur relativamente, è l'incremento della percentuale nel tiro dalla distanza, salita dal modesto 36% ad un irreale 53%, servito anche grazie ad un numero sempre crescente di assist (da 22.7 a 26.7).

Non solo. Nei momenti decisivi delle gare fin qui tirate fino all'ultimo secondo, la differenza, come ha spesso sottolineato Lue nelle conferenze post partita, l'ha fatta la difesa, cresciuta notevolmente nell'uno contro uno e, circostanza non meno importante, in aiuto. Nove le palle recuperate a fronte delle sei in stagione regolare, un delta che testimonia la presenza di spirito e lo step in avanti effettuato da James e compagni. Sebbene i Cavaliers siano soltanto a metà del cammino prefissatosi, tutti i segnali sembrano portare verso un'agevole qualificazione anche alle Finals, con Miami e Toronto che sono ancora invischiate nella battaglia dopo tre estenuanti sfide. Il fattore 'riposo', inoltre, gioverà e non poco ai Cavaliers in futuro, qualora l'obiettivo minimo (essere campioni di Conference) venisse confermato: dall'altra parte dell'oceano Warriors, Spurs e Thunder sono alle prese con problemi di varia natura tra infortuni e serie estenuanti, fisicamente e mentalmente. 

Insomma, nel mezzo del cammin dei playoff NBA, i Cleveland Cavaliers sono, ad oggi, la squadra più in forma del lotto e, senza alcun dubbio, anche quella maggiormente accreditata dei favori del pronostico finale.