Alla vigilia della stagione Nba i Cleveland Cavs erano considerati unanimemente i favoriti numero uno della Eastern Conference.
La finale raggiunta l'anno scorso, unita all'enorme talento a disposizione di coach Blatt, non lasciava alcun dubbio sull'esito della regular season e probabilmente anche su quello dei playoff, con LeBron e compagni seduti davanti alla Tv ad attendere con curiosità la vincitrice della Western Conference.
Risultava difficile individuare una rivale credibile per i Cavs, anche e soprattutto osservando il loro cammino nella post-season 2015, quando privi di Love e con un Irving spesso e volentieri a mezzo servizio, hanno spazzato via tutti i propri avversari, compresi quegli Hawks che avevano incantato durante la stagione regolare.
La off-season ha visto le principali rivali di Cleveland non effettuare movimenti di rilievo. Atlanta ha addirittura perso un role player del calibro di DeMarre Carroll (finito a Toronto), aggiungendo i soli Splitter e Hardway Jr.
Chicago dipendeva ancora una volta dall'incognita Rose e da un reparto lunghi logoro per età ed infortuni, Miami dalla salute precaria di Wade e Bosh e tra le altre, nessuna sembrava in grado di contrastare la squadra di coach Blatt.
Cosa è cambiato dopo 70 partite di regular season?
A guardare la classifica della Eastern Conference sembrerebbe poco o nulla. Cleveland detiene il miglior record a Est e, salvo clamorosi ribaltamenti nelle ultime partite, dovrebbe presentarsi nella offseason con la testa di serie numero uno.
La domanda che molti si pongono a questo punto della stagione è la seguente: quale squadra può impedire a LeBron James di disputare la sua sesta finale Nba consecutiva?
Il quesito è dei più complessi e, al di là del record, non è così scontato che i Cavs riescano ad arrivare a giocarsi il titolo con i campioni della Western Conference.
La squadra dell'Ohio è stata protagonista di un clamoroso cambio in panchina, con Tyronn Lue a prendere il posto di David Blatt.
La situazione dello spogliatoio di Cleveland non sembra essere delle più facili. L'esonero di Blatt è solo una delle tante questioni spinose emerse negli ultimi mesi.
Recentemente, dopo una partita vinta contro Dallas, i media locali hanno riportato delle voci sulla frustrazione dei giocatori dei Cavs per lo scarso numero di assist messo a referto da Kyrie Irving (una sola assistenza nel match contro i Mavs). Il prodotto di Duke sarebbe colpevole di non coinvolgere abbastanza i compagni, rendendo l'attacco troppo dipendente dalle situazioni di isolamento.
L'ultima nube sotto il cielo di Cleveland si è addensata, poi, dopo le parole di LeBron James, che ha dichiarato di volere giocare, prima della fine della sua carriera, con i suoi amici Dwyane Wade, Chris Paul e Carmelo Anthony (e c'è chi ha provato a capire come potrebbe realizzarsi effettivamente questa reunion).
Nel mezzo è arrivata un'altra notizia che ha visto come protagonista sempre James. Il Prescelto ha improvvisamente smesso di seguire gli account Twitter ed Instagram dei Cavs, dando il via alle più disparate speculazioni circa un possibile addio a fine stagione.
In realtà, come ha spiegato Joe Vardon di Cleveland.com, trattasi di semplice routine per LeBron, che in prossimità dei playoff è solito "azzerare" i suoi contatti che hanno a che fare il basket sui social media per concentrarsi al meglio sul campo.
Per la cronaca, nella partita successiva al "social network gate", dopo aver saltato per la prima volta in due anni la solita sessione mattutina con i giornalisti, James ha sfoderato la seconda tripla doppia stagionale e la quarantunesima in carriera.
Un bel modo di rispondere alle critiche.
Giovedì, invece, a chiudere una settimana sui generis, i Cavs sono incappati in una sconfitta a dir poco inaspettata contro i derelitti Brooklyn Nets, una battuta d'arresto che non aiuta certamente a rasserenare la situazione dello spogliatoio.
Aldilà delle tensioni interne e di un idillio tecnico mai pienamente sbocciato tra James, Love ed Irving, i Cavs si presenteranno ai playoff da chiari favoriti e sarà difficile vederli perdere una serie al meglio delle sette partite contro un team della Eastern Conference.
Proviamo, però, a fare chiarezza tra le contender a Est, dove stanno emergendo delle realtà non facili da affrontare per la squadra di Tyronn Lue.
Toronto Raptors
Al momento i Toronto Raptors sono la seconda forza della Eastern Conference. Lo dice innanzitutto il record, che li vede con 49 vinte e 23 perse a sole tre partite di distanza da Cleveland.
E se non fosse stato per gli ultimi due incontri persi a Boston e a Houston in contumacia Kyle Lowry, i canadesi sarebbero ancora più vicini alla squadra dell'Ohio.
Nel corso della stagione Toronto si è dimostrata la squadra più costante ad alti livelli, capace di costruire i propri successi sull'abilità nell'attaccare il ferro delle sue due guardie titolari (Lowry e DeRozan) e sull'ottimo rendimento di una panchina tra le migliori della lega.
L'attacco dei Raptors funziona a meraviglia. Nonostante non ci sia nessuna stella assoluta ed il sistema offensivo non sia armonioso come quello degli Warriors - lo dimostra il fatto che solamente il 50,6% dei loro canestri sia assistito (ultimi nella lega) - Toronto segna comunque 107.1 punti per cento possessi, collocandosi tra le prime cinque squadre della nba; merito soprattutto di un'ottima precisione da dietro l'arco, dove tirano con il 36,9% di squadra (terzi dietro solo agli Warriors e agli Spurs), e di una straordinaria capacità di andare in lunetta (27.2 tiri liberi tentati a partita, secondi dietro ai Rockets).
L'aspetto da migliorare nella passata stagione era, però, la difesa.
Dopo la scottante uscita al primo turno negli scorsi playoff (4-0 contro Washington), i Raptors hanno arricchito il proprio roster di specialisti difensivi come Carroll, Joseph e Biyombo, cambiando l'identità difensiva di una squadra che l'anno scorso con 104.8 punti subiti per cento possessi era tra le peggiori dieci della nba.
Quest'anno sono mutati alcuni interpreti ed è migliorato lo spartito. Con 102.6 di Def. Rating, Toronto è l'undicesima squadra della lega, con un piccolo slump nelle ultime partite che le ha impedito di essere nella top 10 per efficienza difensiva.
La squadra di coach Casey ha dimostrato, inoltre, una certa capacità di competere contro le contender. Toronto è, infatti, una delle poche a vantare un record positivo (2-1) proprio contro i Cavs, oltre ad avere vinto due volte contro i Clippers ed una contro Thunder e Spurs.
Il fatto di presentarsi ai playoff con la seed numero due sarà un altro fattore positivo, per una franchigia che nella sua storia non è mai andata oltre il secondo turno: la spinta del pubblico dell'Air Canada Centre e di tutta la nazione canadese potrà avere, infatti, un ruolo chiave nella corsa al titolo di campioni della Eastern Conference.
L'ultimo Raptors-Cavs, vinto da Toronto, è finito con 43 punti (career high) di Kyle Lowry e questo tiro qui...
Atlanta Hawks
Sapete qual è la squadra con la migliore efficienza difensiva nel post All Star Game? Sono gli Atlanta Hawks, che con 96 punti subiti per cento possessi sono nettamente la migliore squadra difensiva della Nba, facendo meglio persino dei San Antonio Spurs.
L'anno scorso gli Hawks si sono resi protagonisti di una grandissima stagione, che li ha portati a chiudere con il miglior record a Est.
Da aprile in poi, però, il loro rendimento è progressivamente calato, soffrendo dal primo all'ultimo turno di playoff, dove hanno subito uno sweep per certi aspetti clamoroso ad opera dei Cavs.
Quest'anno la squadra di coach Budenholzer ha iniziato la stagione un po' a rilento, salvo poi crescere di colpi da febbraio in poi.
In un articolo della settimana scorsa, Zach Lowe ha spiegato ottimamente i segreti del successo recente di Atlanta, che vanno ascritti prevalentemente alla metacampo difensiva.
Budenholzer ha lavorato duramente su questo aspetto, mettendo su una difesa sul pick and roll tra le migliori della lega.
La straordinaria mobilità di Millsap e Horford consente all'ex assistente allenatore di Popovich di impostare la propria difesa sull'uscita forte dei propri lunghi sul portatore di palla nel pick and roll (le cosiddette trap).
Una situazione che costringe il più delle volte la guardia avversaria a forzare un ribaltamento sul lato debole, provocando anche numerose palle perse.
Le braccia lunghe dei giocatori degli Hawks, unita alla rapidità delle rotazioni difensive, consente ad Atlanta di recuperare molti palloni e di segnare diversi punti in transizione.
In questo modo Atlanta è riuscita a trovare un'identità solidissima in entrambe le metacampo ed è reduce da 8 partite vinte nelle ultime dieci, che le valgono il terzo posto a Est.
A febbraio sembrava destinata a rivoluzionare il proprio roster per dare inizio ad un processo di ricostruzione che potrebbe comunque prendere il via in off-season, quando Al Horford sarà free agent e non è escluso possa decidere di salutare tutti.
La dirigenza alla fine ha optato per mantenere questo core e giocarsi un'altra volta le proprie carte ai playoff. Nell'ultimo mese è cresciuto in maniera esponenziale il rendimento di giocatori come Thabo Sefolosha e Tim Hardway Jr, dando agli Hawks quella profondità sugli esterni che sembrava mancare ad inizio di stagione dopo la partenza di Carroll.
L'ex giocatore dei Knicks è stato scambiato la notte del draft per una prima scelta. Una decisione che ancora oggi pare ingiustificabile, anche se le sue prestazioni recenti hanno visto una netta impennata.
Dopo aver visto pochissimo il campo per gran parte della stagione, nelle ultime dieci Hardway viaggia ad oltre dieci punti di media, tirando con il 42,9% da tre.
Oggi Atlanta può vantare una squadra molto equilibrata, capace di giocare sia con quintetti piccoli che con il doppio lungo.
La coppia Horford-Millsap ha pochi eguali nella Eastern Conference: la loro versatilità offensiva e difensiva potrà rappresentare un'arma tattica potenzialmente devastante ai playoff; e questa volta gli Hawks arrivano all'appuntamento con la post-season con tutt'altro spirito rispetto alla passata stagione, quando hanno giocato con la pressione di avere la seed numero uno e con addosso la fatica di una stagione logorante dal punto di vista fisico e mentale.
Boston Celtics
Brad Stevens sarà uno dei candidati al premio di Coach of the year. Probabilmente non lo vincerà, ma è impossibile non inserire il suo nome nella lista dei pretendenti.
Da qualche anno a questa parte, il giovanissimo allenatore dei Boston Celtics sta compiendo un capolavoro, dimostrando di essere uno dei migliori della lega.
Ci ha visto lungo Danny Ainge, quando ha deciso di portare in nba quel giovanissimo coach dei Butler Bulldogs, capace di trascinare per due volte consecutive in finale del torneo Ncaa una squadra poco accreditata.
Oggi Stevens è il principale architetto dei Celtics quarti ad Est, con una delle migliori difese della Nba ed un gioco corale nella meta campo offensiva che esalta le qualità Isaiah Thomas.
Boston non possiede una vera e propria star e anzi si augura di riuscire a firmare nei prossimi due anni una stella assoluta che le consenta di fare il salto di qualità definitivo.
Non le mancano di certo gli asset, lo spazio salariale, la storia e la tradizione di una franchigia che è la più vincente della Nba ed è pronta a rivivere i fasti dell'epoca di Doc Rivers.
Il presente ci parla di una squadra costruita attorno alle sue guardie. Il backcourt di Stevens è ricco di soluzioni, con due giocatori come Thomas e Turner in grado di creare dal palleggio con discreta facilità e dei buoni spot-up shooters come Bradley e Crowder (rispettivamente 80.7 e 77.5 percentile in questa situazione di gioco).
L'attaco di Boston è estremamente fluido; la circolazione di palla è di ottima qualità, con tutti i giocatori coinvolti negli schemi offensivi.
Lo dimostra il fatto che il 61.5% dei canestri dai Celtics arrivi dopo un assist di un compagno (quinti nella lega).
Ma la vera chiave del record positivo di Boston sta nella metacampo difensiva, dove con 104.1 di Difensive Rating si trovano al quarto posto per efficienza difensiva.
Del resto, non potrebbe essere altrimenti per una squadra che possiede due guardie come Smart e Bradley, che sono senza dubbio tra i primissimi della lega in tema di difesa sull'uomo e sul perimetro.
C'è un dato in particolare che lo dimostra: la squadra di Stevens è prima nella lega per percentuale di tiro da tre punti concessa ai propri avversari (solamente 32.6%) e in una nba sempre più orientata verso il tiro da dietro l'arco, capiamo benissimo quanto sia importante avere dei giocatori abili nella difesa del tiro da tre.
Difficile immaginare Boston in grado di andare oltre la finale della Eastern Conference, traguardo che tra l'altro sarebbe una vera e propria impresa per i ragazzi di Stevens.
I Celtics, però, stanno costruendo un nucleo di giocatori estremamente interessante e la sensazione è che da qui ai prossimi anni possano compiere un ulteriore salto di qualità.
Miami Heat
Se cercate un portatore sano del concetto di cultura vincente, voltate il vostro sguardo verso South Beach e state certi che non vi sbaglierete.
Pat Riley è una certezza da questo punto di vista e anche quest'anno chi vorrà disputare la finale nba dovrà fare i conti con la sagacia di Riley, Spoelstra e tutta l'organizzazione degli Heat.
Lo ha spiegato benissimo Adrian Wojnarowski per The Vertical: la cultura vincente di Miami rappresenta ancora, con ogni probabilità, il più grande ostacolo tra LeBron James e la sua sesta apparizione consecutiva alle finali nba.
E non è un caso che contro i Cavs gli Heat abbiano un record positivo di 2 partite vinte ed una persa.
James dovrà stare attento agli ex compagni di squadra, perché le insidie maggiori potrebbero arrivare proprio da quella franchigia che gli ha regalato due anelli e altre due apparizioni in finale.
Il rendimento dell'ultimo mese di Miami è lì pronto a dimostrarlo.
Chi lo avrebbe mai detto che degli Heat privi di Bosh, con Stoudemire e Joe Johnson in quintetto, sarebbero stati in grado di salire di colpi e diventare una delle squadre più in forma della lega?
La metamorfosi di Miami ha quasi dell'incredibile. Nel mese di marzo l'attacco di Spoelstra ha cambiato i propri connotati, diventando il secondo migliore con 113.2 punti segnati per cento possessi.
Ed incredibilmente è proprio Joe Johnson il giocatore con il migliore rendimento offensivo della squadra. Nelle quattordici partite disputate con la maglia degli Heat, l'ex guardia dei Nets possiede il miglior Offensive Rating (115.9) ed il miglior Net Rating (9.5).
Un'aggiunta, dunque, che sembrava dovesse avere un peso relativo, si è rivelata, invece, estremamente proficua.
Quello che impressiona di più, però, di Miami è la capacità di creare dal nulla dei role player che spostano. É successo l'anno scorso con Whiteside, è capitato ad inizio stagione con Tyler Johnson, prima che terminasse prematuramente la sua annata ed è successo adesso con Josh Richardson.
Nel momento in cui scriviamo il prodotto di Tennessee, scelto alla 40 nel draft 2015, tira con il 48,8% tre e rappresenta un'ottima soluzione della panchina.
Il segreto di Miami è proprio la possibilità di utilizzare quintetti dalle caratteristiche diverse. Si passa da quello iniziale, incentrato sulle capacità di gioco in isolamento di Wade e Johnson e su un ritmo di gioco controllato, alla corsa quasi sfrenata del secondo quintetto, condotto da Dragic e con Winslow, Whiteside e Richardson a sfruttare le proprie abilità atletiche.
Ancora non ci sono notizie certe circa il possibile rientro di Bosh ai playoff, ma la certezza è che al di là delle condizioni del proprio lungo titolare, Miami sarà un'avversaria durissima per tutti e ha tutte le sembianze dell'avversaria principale per i Cleveland Cavs.
Charlotte Hornets
Se c'è una squadra che ha rivoluzionato totalmente il proprio gioco rispetto alla passata stagione, quella è Charlotte.
C'è un dato in particolare che evidenzia questo mutamento. L'anno scorso gli Hornets erano tra le ultime dieci squadre della lega per triple tentate (19.1).
Quest'anno lo spartito è cambiato totalmente: con 29.3 canestri da dietro l'arco scagliati a partita, Charlotte è addirittura la terza squadra della nba, dietro solo a Golden State e Houston.
Si tratta di una scelta rivoluzionaria che ha pagato, però, i suoi dividendi, soprattutto nella seconda parte di stagione.
La scorsa settimana Charlotte è balzata all'onore delle cronache per avere battuto San Antonio, dopo essere stata sotto di 23 punti nel secondo quarto (si tratta della seconda rimonta più grande della storia degli Hornets) e grazie ad una partita da "Linsanity" pura di un Jeremy Lin autore di 29 punti e di una serie di canestri decisivi nell'ultimo quarto.
Ecco come battere i San Antonio Spurs...Facile no?
Charlotte è al momento la sesta forza della Eastern Conference, ma è in piena lotta per la terza posizione, distante solo due partite.
Da quando è iniziato il 2016, gli Hornets sono diventati un vero e proprio rullo compressore. Da gennaio in avanti hanno vinto 19 partite a fronte di sole 5 sconfitte, una striscia che nel 2016 li colloca dietro solo a Warriors e Spurs, risultando, invece, i migliori in assoluto ad Est.
E non può essere un casualità, se questo rendimento dura ormai da tre mesi e la squadra sembra avere raggiunto un buon equilibrio.
Charlotte è infatti tra le prime dieci della lega sia per efficienza offensiva che offensiva. Kemba Walker è salito ulteriormente di livello, diventando un giocatore pericoloso anche da dietro l'arco, dove tira con il 38%.
Tirare bene da tre è fondamentale per il suo gioco incentrato quasi esclusivamente sulla sua abilità di giocare il pick and roll.
I difensori sono costretti a pensarci due volte prima di passare sotto i blocchi, il che gli consente di sfruttare al meglio la sua velocità nell'attaccare il ferro.
La presenza di Batum ha permesso, inoltre, a Charlotte di dividere equamente le responsabilità in attacco, con il francese che agisce come portatore di palla secondario.
A beneficiarne maggiormente è proprio Walker, che sta vivendo la migliore stagione della carriera con più di 20 punti di media ed il 43% dal campo.
Charlotte abbonda di role player dal rendimento costante. Uno degli esempi migliori da questo punto di vista è rappresentato da Marvin Williams, un veterano di lungo corso, capace di costruirsi una nuova carriera da stretch four.
Quest'anno Williams sta tirando con un ottimo 40,2% da tre, risultando un giocatore essenziale per le spaziature dell'attacco degli Hornets.
Il rimpianto maggiore riguarda l'assenza prolungata di Michael Kidd-Gilchrist, il giocatore con più upside della squadra, nonchè uno dei migliori difensori della lega.
Un infortunio alla spalla lo terrà ai box fino alla fine della stagione.
Il suo apporto sarebbe stato decisivo ai playoff contro ali del calibro di LeBron James.
Qualora Charlotte, però, dovesse mantenere questo rendimento non è escluso possa mettere a segno qualche sgambetto nella off-season, rappresentando una delle mine vaganti più pericolose nella corsa al titolo di campione della Eastern Conference.