Domenica mattina ero ancora in stato confusionale. Cercavo di riprendermi, di darmi delle risposte, di convincermi che quello che avevo visto era realmente accaduto su un parquet Nba nell'anno di grazia 2016. Ho guardato la replica di Warriors @ Thunder almeno un altro paio di volte per convincermi che, in prima battuta, quella roba lì non fosse stata una banale allucinazione dovuta al sonno arretrato. Poi, ancora, ho approfondito e mi sono imbattuto in un paio di dati:
- record stagionale di triple (288) stabilito con ancora 24 partite di regular season da disputare;
- record di triple mandate a barsaglio in una singola partita (12, come il Donyell Marshall del 2005 e il Kobe Bryant del 2003) eguagliato;
- 129 partite consecutive con almeno una tripla a referto;
- quinta volta con almeno 10 triple segnate. Prima nessuno era riuscito a farlo per più di tre volte: LUI lo ha fatto addirittura per due volte consecutive in trasferta (10 a Orlando, 12 a Okc);
- terza partita consecutiva (su 4 di una settimana che solo LUI poteva vivere) sopra i 40 punti;
- 139 punti nelle ultime tre partite, tirando 48/80 dal campo e mandando a bersaglio 28 tiri da tre;
- 50% tirando tra i 9 e i 10 metri.
Confesso che mi sono trovato in difficoltà. Dovevo scrivere di questa cosa e non riuscivo a trovare le parole giuste che rendessero realmente il senso di ciò che era accaduto. Del resto non è facile raccontare la storia mentre si fa. Almeno fino a quando non ho trovato in giro per la rete un commento che rispecchiava perfettamente il mio stato d'animo:
"Steph Curry si prende quei tiri che il coach mi ha sempre detto di non prendere e lo fa nel modo in cui il coach mi ha sempre detto di non fare, perché a prendere quei tiri lì in quel modo lì la palla non sarebbe entrata mai".
Ed allora, finalmente, ho trovato le parole. Anzi, la parola: RIVOLUZIONE. Perché, mettetevelo bene in testa: che siate o meno ammiratori del sistema di Golden State, ciò che sta facendo Stephen Curry in questa stagione è un qualcosa che non si è mai visto prima. E non si vedrà mai dopo. Il punto, adesso, è capire quanto noi siamo preparati ad affrontare tutto questo, a capire la portata del momento storico (cestisticamente parlando) che stiamo vivendo.
Nel corso della mia vita ho avuto modo di assistere, da tesimone privilegiato dell'epoca jordaniana, al 'nausea game' e ai '40 secondi che sconvolsero il mondo'. Ebbene, nella notte tra sabato e domenica, ho avuto la stessa sensazione di vent'anni fa. E cioè che Curry, come Jordan, abbia tracciato un'ideale linea di confine tra il 'prima' e il 'dopo' la sua prestazione contro i Thunder. In poco più di due ore il basket e lo sport in generale sono cambiati per sempre, quanto meno nel modo in cui noi comuni mortali riusciamo a percepirlo. Perché la sensazione è di aver assistito a qualcosa di cui si parlerà negli anni a venire. Proprio come MJ e le sue ultime leggendarie apparizioni alle Finals.
Il pericolo, ora, è quello di abituarsi, a credere che il 30 possa fare tutto ciò sempre, comunque e contro chiunque. Intendiamoci, potrebbe tranquillamente farlo, anche perché ogni volta che siam qui a stupirci di ciò che fa, ci ritroviamo la volta dopo a commentare qualcosa di ancor più sbalorditivo del precedente. Ma pur essendo un convinto sostenitore della teoria dei corsi e ricorsi storici di Vico, dubito fortemente che potrò assistere nuovamente a una cosa così. Perché siete, sono, siamo testimoni della classica eccezione che conferma l'ancor più classica regola, siamo di fronte a un giocatore che gioca tutto il contrario di quel che è scritto nei sacri testi del gioco e vince comunque, vediamo gente che è il doppio e il triplo di lui non riuscire a trovare un sistema per fermarlo, analizziamo come i migliori sistemi difensivi del mondo vengano continuamente buggerati da un banale (per lui) palleggio arresto e tiro dai nove metri e mezzo.
Sono arrivato a pensare che Steph non giochi nemmeno a pallacanestro ma a un gioco tutto suo in una realtà parallela sconosciuta ai più, una sorta di "Matrix dove lui è l'Eletto e noi dei poveri babbei" (altra citazione internettiana) inconsapevoli di ciò che sta accadendo. E il fatto che ancora oggi in molti, il sottoscritto in primis, fatichino ad accettare che ogni mattina in cui ci svegliamo saremo costretti a fare i conti con l'ennesimo record frantumato, stupendoci del nostro stupore, mi fa capire che no, non siamo ancora pronti per la rivoluzione, non siamo ancora pronti per Stephen Curry e il suo modo di interpretare il Gioco. Lo saremo tra qualche tempo, così come fu per Jordan e Magic e Bird prima di lui. Perché solo quando tutto questo sarà finito capiremo la portata di ciò che abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di vedere e commentare, magari fingendo anche di capirci qualcosa.
E forse la smetteremo anche di parlare di titoli, dati, statistiche, cifre, percentuali dal campo, record di vittorie e di tante altre cose che non c'entrano niente pur essendo state originate da questo misterioso e memorabile fenomeno di massa. Visto che sarà proprio questo il lascito più importante del figlio di Dell: l'aver cambiato tutto quando non sembrava più possibile che il tutto potesse cambiare. Anche se non si può imitare, anche se lui è lui e noi siamo noi, anche se da qui in avanti tutti gli allenatori del mondo si convertiranno allo small ball e al quinetto piccolo credendo che basti questo per riscrivere qualcosa che è già stato riscritto di più e meglio. Proprio come tutti quei ragazzini che, a metà anni '90, credeva bastasse tirar fuori la lingua per fluttuare a mezz'aria e lasciar andare il fade away della vittoria.
La soluzione è una sola. Mettersi comodi e ammirare la storia in movimento. Consapevoli che ci farà piangere e ridere e urlare e stare in silenzio allo stesso tempo. Poco importa se da tifosi, giornalisti, addetti ai lavori, esperti o presunti tali. Che ve ne siate accorti o no, che siate pronti o no, la rivoluzione è già iniziata. E voi ci siete dentro, vi piaccia o non vi piaccia.
Ma se non vi piace una cosa così abbiamo un problema serio. E il problema siete voi.