"Non so davvero come si possa fermare. L'ho anche allenato ma non sono stato ancora in grado di elaborare una strategia credibile contro di lui". Parole e musica di Ron Adams, assistant coach nonché guru della fase difensiva dei Golden State Warriors, al termine della gara di venerdì (vinta 116-108, per inciso) contro gli Oklahoma City Thunder. Dove il suddetto si è trovato più volte a scuotere la testa di fronte alla prestazione di Kevin Durant:
40 punti (frutto di un 12/25 dal campo e di un perfetto 13/13 dalla lunetta), 14 rimbalzi, 5 assist, 2 stoppare e un recupero in poco più di 40 minuti di gioco. In aggiunta alla statistica che lo vede come miglior marcatore all time contro i figli della Baia a 30.6 di media:
Come detto, però, al netto di una prestazione individuale stratosferica alla fine a prevalere è stato il collettivo dei campioni in carica (come testimonia il -3 di plus/minus dello stesso KD), premiati dalla scelta di difendere forte sugli altri 4 (anche se Westbrook ha scritto 27+12 assist e Kanter ha tirato con il 70% dal campo in 20 minuti), con OKC penalizzata dal 42% al tiro e dal 31.8% da tre.
Tuttavia Adams ha buoni motivi per essere preoccupato. Soprattutto in vista della post season. Perché appare chiaro come il 36/85 dell'altra sera rappresenta la classica eccezione alla regola che vuole un simile exploit del 35 avere il giusto impatto sull'esito delle sfide della sua squadra. Difficile da tenere nuovamente sotto il 45% di reazlizzazione, soprattutto nell'ambito di una serie delle 7 partite .
La domanda, quindi, è: come difendere (o, quanto meno, provare a farlo) su Durant? Venerdì ci hanno provato, nell'ordine, Barnes, Iguodala, Thompson, Green, qualche volta anche Stephen Curry: tutti sempre e costantemente in difficoltà nelle situazioni di pick and roll alto giocato alternativamente con Ibaka o Adams e lettarlmente scherzati quando si è tratto di fronteggiarlo in post o dal mid-range. Molto più efficace è stata la difesa sul perimetro, con l'ex Sonic limitato a 3/9 dall'arco: merito della migliore batteria di difensori perimetrali dopo quella di San Antonio. In ogni caso, ne è derivata una solo conclusione possibile: quando è in missione la 'Durantula' non si può marcare: si può solo sperare in una sua eccessiva forzatura che generi qualche palla persa di troppo (5 nella gara in questione, ndr) da convertire rapidamente in 2/3 punti. Circostanza comunque verificatasi nell'ultimo minuto della partita in questione.
I Warriors, quindi, hanno fatto la cosa che gli riesce meglio. Attaccare alla massima velocità, costringendo Durant agli straordinari difensivi contro Green (9, 14 rimbalzi e 6 assist) e impegnando Ibaka con Barnes (16 punti dei suoi 19 sono arrivati nei primi 24 minuti) in modo tale da togliergli lucidità nella metà campo offensiva. Dettagli che, uniti alla lenta ma inesorabile opera di demolizione dei backups avversari da parte di Iguodala, Livingston e Speights, hanno consentito alla truppa di Kerr di condurre in porto la W.
Ma non sempre Durant sbaglierà due jump-shot decisivi negli ultimi 30 secondi e non sempre sarà possibile arginare efficacemente tutte le altre opzioni offensive, Westbrook in primis. Da ciò derivano pensieri di Adams che, senza volerlo, potrebbe essersi cresciuto la più classica delle serpi in seno: "Abbiamo sempre avuto un grande rapporto - conferma il figlio prediletto di Washington - è sempre stato molto duro con me per spingermi a migliorare. Mi ha allenato in un modo che ho sempre apprezzato e che ha tirat fuori il meglio dalle mie capacità. Gli devo tanto".
Perché magari l'anno prossimo si ritroveranno all'ombra del Golden Gate. Ma al momento guardano lo stesso obiettivo da opposte direzioni. E trovarsi questo Durant come avversario non è certo ciò che si augura chi cura la fase difensiva della squadra che tutti vogliono battere. Anche se si è tra i migliori al mondo nel campo.