In questo scintillante inizio di stagione dei Warriors, con tanto di record ancora aperto (19 vittorie su 19 partite), non lo abbiamo ancora visto in panchina a causa delle operazioni alla schiena alle quali si è sottoposto, ma anche da fuori (ed egregiamente sostituito da Luke Walton) coach Steve Kerr è l'artefice di questa fantastica macchina che sono i Golden State Warriors.

Questa è la prima esperienza da coach per Kerr; dopo aver smesso nel 2003, ha studiato tantissimo il basket sfruttando il suo ruolo di commentatore tecnico, prima di diventare il general manager dei Phoenix Suns dell'era D'Antoni. Dall'anno scorso la chance di allenare i Warriors, un roster dal grandissimo potenziale, in crescita, ma che non riusciva a trovare continuità soprattutto nel momento chiave della stagione e con individualismi che non sempre erano messi al servizio del gruppo. L'arrivo di Kerr ha cambiato questo trend: innazitutto ha portato il concetto di gruppo a un livello superiore, intendendolo come appartenenza a una famiglia per la quale tutti devono lottare e tutti ricoprono un ruolo importante, anche chi esce dalla panchina, e alle cui leggi tutti devono sottostare. Con Kerr Curry è esploso definitivamente, così come Thompson; senza dimenticare Green e Barnes, forse sottovalutati al draft, la cui energia e apporto in difesa e attacco è imprescindibile; senza dimenticare Bogut, Iguodala e anche Barbosa, giocatori dati per finiti e non più in grado di essere importanti, e che invece dall'anno scorso sono rifioriti o quantomeno sono stati capaci di essere importanti nei momenti decisivi della stagione.

In tutti questi elementi c'è molto della storia personale di Kerr: dalla morte del padre quando lui era al college (e qui si potrebbe spiegare la volontà di ricercare e costruire una famiglia in ogni ambinete del basket dove è stato), al fatto che lui da giocatore è stato poco considerato all'inizio, capace infine di risultare decisivo con i Bulls, oltre che dato per finito e ancora tornato vincente con gli Spurs di Duncan e Popovich. Un'altra caratteristica di Kerr è la sua personalità, che si lega indissolubilmente alla competitività: negli annali la sua "storia tesa" in allenamento con Jordan a seguito di un trash talking piuttosto acceso di quest'ultimo; ciò gli fece acquistare credibilità e fiducia da parte di Sua Maestà Air Jordan, tanto che nelle Finals del 1997 contro Dallas il tiro decisivo lo mise proprio Steve, su assist di Jordan, che non esitò a fidarsi di lui sapendo di essere raddoppiato. Questa storia in parte si è riprodotta nelle Finals di quest'anno con Curry e anche Thompson non al meglio e quasi bloccati nel loro gioco in gara 3 e 4; il protagonista per i Warriors diventa Iguodala. Come Kerr nel 1997, anche Iguodala non era certo atteso come protagonista, e invece si è rivelato decisivo per la conquista dell'anello, anche perchè aveva la completa fiducia dei compagni che non hanno avuto paure ad affidargli tiri anche impossibili o improbabili.

La gestione e la costruzione del gruppo da parte di Kerr è formidabile, ed in questo sicuramente ha il suo peso il fatto di essere stato allenato da Phil Jackson e Greg Popovich. Curry è la stella, logicamente cerca e prende molti più tiri dei suoi compagni, ma è al servizio della squadra; tutti sanno di avere un ruolo importante, tutti sanno di poter essere utili ed decisivi: l'anno scorso verso il finale di stagione ed in alcune partite Kerr ha tenuto in campo molto più tempo la panchina che i titolari, e questo, oltre a far risparmiare energie a questi ultimi, ha tenuto coinvolto e sul pezzo tutto il roster. Il gioco dei Warriors è veloce, di grande energia e con movimenti per creare le giuste spaziature per Curry ma non solo per lui, visto ciò che possono dare Thompson, ma anche Green e Bogut. Naturalmente non in tutte le partite il gioco può svilupparsi nella maniera appena descritta, ma le idee base sono sempre presenti.

Kerr è una persona estremamente equilibrata e lucida, ma anche estremamente competitiva: cerca sempre il miglioramento e la perfezione. I risultati si vedono proprio per la crescita dei giocatori sotto la sua gestione, e nonostante una competitività esasperata possa portare a un logorio dei rapporti tra un allenatore molto esigente e i giocatori, non c'è pericolo per i Warriors, grazie al carattere di Kerr. Tutti i componenti del roster considerano Kerr come un padre ed hanno un grande rapporto con lui; proprio come in una vera famiglia, l'ambiente ideale per costruire qualcosa di vincente e l'ambiente che Kerr ha cercato e ricostruito in ogni franchigia nella quale è stato protagonista.