Il viaggio di Vavel alla scoperta delle franchigie NBA continua. Conclusa la Eastern Conference, è il momento di passare ad Ovest e di analizzare tre squadre in condizioni assai diverse tra loro: New Orleans Pelicans, Oklahoma City Thunder e Memphis Grizzlies.
New Orleans Pelicans: l'anno della verità
Partaimo dalla franchigia della Lousiana. Attorno a questa squadra ci sono enormi aspettative. In primis perché l'anno scorso, contro verosimilmente tutti i pronostici, sono riusciti a raggiungere un ottavo posto decisamente insperato ad inizio anno. I Pelicans hanno avuto la meglio su OKC, priva di Durant, e hanno avuto così modo di affacciarsi alla post season. Malgrado poi la sconfitta netta contro i Warriors, Anthony Davis e compagni hanno avuto modo di dare continuità alla propria crescita, lasciando così intravedere le proprie potenzialità. Quest'anno, a questo punto, è lecito aspettarsi la presenza di nuovo ai PO. Con un anno in più sulle spalle, i ragazzi di coach Gentry hanno sicuramente più possibilità di farcela.
Andando poi ad analizzare il roster, New Orleans ha tutte le carte in regola per migliorarsi; partendo dalla sua super star, “Antonio” Davis dice di aver passato l'estate ad allenare il tiro da 3. Se il ciglione dovesse aggiungere anche quest'arma al suo repertorio, diventerebbe davvero illegale. Tralasciando tutti i movimenti spalle e fronte a canestro, a questo ragazzo di soli 22 (!!!) anni rappresenta già il presente ed il futuro della Lega e della squadra e, tutte le speranza della Louisiana, passano dalle grandi mani del 23.
All'ex giocatore di Kentucky, si va poi ad aggiungere un bel supporting cast. Jrue Holiday, a 26 anni, dovrebbe finalmente compiere quel salto in avanti che, a causa dei tanti infortuni, non è mai riuscito a fare. L'ex Phila potrebbe risultare un ottimo playmaker se, e soltanto se, riuscisse a trovare continuità e a dare, di conseguenza, quel supporto alla squadra che tanto ha bisogno. Comunque vadano le cose, c'è da dire che la “dirigenza” si è comunque trovata un buon sostituto (già dall'anno scorso). Norris Cole infatti rappresenta un buon play in uscita dalla panchina o, in alternativa, titolare se Holiday non dovesse dare certezze. Anche perché, il reparto di SG sarebbe poi composto da Tyreke Evans e Ben Gordon che possono assicurare, altre a carrellate di triple, anche un playmaking più che discreto.
Infine, ci sono altri 3-4 giocatori che possono fare la differenza: primo tra tutti, sicuramente Ryan Anderson. Anche lui vale più o meno lo stesso discorso di Holiday: dovesse stare bene per tutta la stagione, potrebbe fare definitivamente il salto di qualità ed essere un'arma, letalissima, in più per questi Pelicans. Asik, Gee e Pondexter formano poi un trio di giocatori affidabili, non di primissimo ordine ma affidabili. Asik, se utilizzato in maniera appropriata, è un centro che da' buone garanzie. Gee e Pondexter sono poi altri due sul quale poter fare affidamento anche in difesa, soprattutto il secondo.
Insomma, di carne al fuoco ce n'è parecchia. Ed è per questo che Alvin Gentry dovrà essere bravo, dopo l'annata Golden State come assistente di Kerr, a gestire una squadra che è già buona ma che vuole diventare ottima.
Memphisi Grizzlies: ora o mai più?
Una situazione assai complicata è quella dei Memphis Grizzlies. Gli “orsetti” si ritrovano a quel punto della propria vita cestistica in cui non possono più sbagliare. Da due anni a questa parte, Memphis è sempre arrivati alle semifinali di Conference, andando a sbattere prima su OKC e poi sui Warriors. Entrambe le volte ha dimostrato di poter essere una squadra difficile da affrontare e da battere, ma mai qualcosa in più. Quest'anno, qualcosa deve cambiare. Quest'anno è l'anno in cui o si vince con questo gruppo, o forse è segno che questo stesso gruppo, insieme da un po' di tempo, non può farcela.
A dare adito a queste sensazioni, c'è, tra le altre cose, l'atteggiamento di Marc Gasol. Il fratellino di Pau, come ben ricorderete, ha deciso di non prendere parte alla spedizione spagnola (poi vittoriosa) per l'europeo, dicendo di doversi preparare e preservare per Memphis. È chiaro che il nuovo contratto ha influito parecchio, ma l'idea di Marc è che questa, a 30 anni, debba essere la SUA stagione. Non quella da All Star, che è da un paio d'anni, ma quella da Campione. Lui e Zach Randolph soprattutto, sono arrivati a quel punto della carriera, in cui o si vince o si è incompiuti. Anche perché, purtroppo per loro, non sono più giovanissimi (Randolph ha 34 anni) e non vincere adesso significherebbe rinunciare, verosimilmente, al sogno “anello”.
D'altra parte, anche Mike Conley è nell'anno della maturità. A 28 anni deve finalmente dimostrare quello che tutti si aspettano da lui, di essere un play da titolo. Conley, che l'anno scorso ha avuto un problema all'occhio e ha giocato i PO in condizioni piuttosto difficili, può e deve essere l'arma decisiva per questa squadra.
Il resto della combriccola, infine, è sicuramente di alto livello: Tony Allen è la solita garanzia difensiva, Jeff Green è un giocatore con tanti punti nelle mani; dalla panchina, Vince Carter e Matt Barnes possono dare esperienza e talento a sufficienza per non far sentire troppo la mancanza dei titolari. Idem dicasi per Courtney Lee. Il tutto, guidato nuovamente da David Joerger, allenatore che già nella passata stagione ha fatto vedere quanto di buono sa fare.
Insomma, per Memphis deve arrivare la svolta. Non dovesse essere così, in vista vi sarebbero solo ed esclusivamente grossi cambiamenti.
Oklahoma City Thunder: sarà l'anno di KD?
Dopo un anno passato in infermeria per la “maledizione” dell'MVP, Kevin Durant è chiamato finalmente al passo decisivo: vincere. KD, ad 27 anni e all'ultimo anno del suo contratto ad OKC, è deciso a vincere quel titolo a cui soltanto nel 2012 è andato vicino. Sì perché Durant, da quelle Finals contro LeBron ancora a Miami e con Harden ancora in squadra, non è più riuscito a tornare all'atto finale della NBA. Quest'anno, qualcosa deve cambiare. I Thunder sono obbligati ad una stagione super dopo l'anno scorso quando, con assente Durant e con Westbrook per metà anno a mezzo servizio, non sono riusciti a raggiungere nemmeno i PO.
Il roster non è sicuramente un problema: di talento, in Oklahoma, ce n'è tantissimo: oltre a KD e Russel, di cui è francamente inutile parlare, la squadra di Sam Presti ha tanti giovani sotto contratto, tutti di enorme prospettiva già per l'immediato futuro. Sorvolando per un attimo sul 26enne Serge Ibaka, ormai anche lui quasi un veterano, OKC ha Waiter, Kanter e Adams, tre giocatori la cui età media non arriva ai 23 anni ma già pronti per grandi palcoscenici. L'ex Cavs, seppur non si è inserito perfettamente l'anno scorso, potrebbe risultare determinante se entrasse bene nei meccanismi di squadra e riuscisse a stabilire un buon rapporto con le stelle della stessa; Kanter, che ha già mostrato parte del suo talento, dovrebbe continuare il suo processo di crescita, così come Adams, chiamato al riscatto dopo una stagione 2014-2015 non proprio esaltante.
Il resto, è un contorno di buonissimo livello: DJ Augustin è un cambio più che decente per Westbrook, Morrow e Novak sono specialisti che possono risultare utilissimi in uscita dalla panchina e Nick Collison rappresenta la colla che tiene, in qualche modo, unito il gruppo. A questo punto, tralasciando l'amalgama che manca e l'incompatibilità di più giocatori, se questa squadra riuscisse a fare il salto di qualità, mettendo anche da parte l'incognita allenatore, sarebbe da titolo, senza se e senza ma.
Ma, ed ecco che un ma c'è: se a inizio giugno, Durant, Westbrook, Ibaka e compagnia bella non dovessero essere ancora in campo, allora, l'estate del 2016, potrebbe diventare la più rovente di sempre.