Se la vittoria del quinto titolo Nba da parte dei San Antonio Spurs contro i Miami Heat del 2014 avrebbe potuto avere come titolo di copertina il celeberrimo "L'Impero colpisce ancora", tratto direttamente da Star Wars, per i Warriors campioni Nba 2015 non si può non parlare di "Golden Age", una vera e propria età dell'oro per la franchigia di Oakland, finalmente tornata ai fasti del passato.

Stephen Curry, leader ben riconoscibile dei suoi Warriors, ha ammesso in conferenza stampa che "è stato difficile abituarsi ai metodi di lavoro e alle idee del coach (Steve Kerr, ndr), ma alla fine quest'anno siamo cresciuti tantissimo. Questo titolo è il frutto di un lavoro che dura da tre anni". Steph dimostra così grande lealtà e riconoscenza verso il suo ex allenatore Mark Jackson, ma soprattutto chiarisce a tutto il mondo Nba che Golden State non è spuntata dal nulla in questa stagione, ma ha seguito un percorso di crescita graduale che ha condotto la squadra a fare l'ultimo step di un processo di maturazione tanto atteso da società e tifosi. All'inizio della stagione, al di là delle remore che si potevano legittimamente avere nei confronti di un coach al debutto come Kerr - ancorchè noto come grande conoscitore del gioco - i Warriors non erano infatti dati per favoriti ad Ovest, avendo davanti a sè nella griglia di partenza stagionale i San Antonio Spurs e gli Oklahoma City Thunder.

Reduci dall'eliminazione al primo turno dei playoff 2014 in una serie tiratissima contro i Los Angeles Clippers, il front office di Golden State, diretto dal giovane general manager Bob Myers, ha compreso perfettamente che la stagione 2015 avrebbe costituito un bivio per la franchigia. Due le alternative: continuare ad arrivare ai playoff con continuità ma rimanendo in una sorta di limbo cestistico in cui sono confinate le squadre di talento cui manca sempre qualcosa per esplodere, o cambiare rotta e provare a vincere anche attraverso un gioco non propriamente convenzionale. Proprio Steve Kerr, cui va l'enorme merito di aver costituito uno staff tecnico unito e di grande esperienza (tra tutti Alvin Gentry e Ron Adams, senza dimenticare Luke Walton), si è soffermato su quest'aspetto nella conferenza stampa post gara-6: "Abbiamo portato molti cambiamenti quest'anno. In tanti dicevano che una squadra che tira troppo da tre punti non è da titolo. Ma abbiamo dimostrato che il nostro gioco è molto più variegato di così e che la nostra difesa è stata, numeri alla mano, la migliore per tutto l'arco della stagione".

I Golden State Warriors di quest'annata memorabile non sono riconducibili ai soliti clichè che abitano il mondo Nba. Nei loro schemi ci sono principi di gioco dei Phoenix Suns di Mike D'Antoni, degli Spurs di Gregg Popovich ed è possibile intravedere anche qualche traccia della personalità e della tranquillità di Phil Jackson (anch'egli allenatore di Kerr ai Chicago Bulls) nel modo di gestire i momenti di difficoltà. Un melting pot di culture cestistiche diverse che rende i Warriors di oggi un unicum nel panorama del basket a stelle e strisce, tanto che gli addetti ai lavori cominciano a chiedersi se con la vittoria in gara-6 si sia formata una nuova Dinastia, pronta a dominare la Lega per i prossimi cinque-sei anni.

Sempre difficile fare previsioni di questo tipo, se sol si considera quante variabili possono incidere sull'esito di una stagione Nba (ogni riferimento ai Thunder e ai Cavs è puramente voluto). Di certo l'età media dei componenti del roster è tutta a vantaggio di Golden State, con Curry, Thompson, Barnes e Green al di sotto dei 27 anni. La spina dorsale della squadra e la profondità della panchina, al netto dei cambiamenti che potrebbero esserci quest'estate, rendono i Warriors realmente futuribili e con ancora buoni margini di miglioramento, individuali e collettivi, che consentiranno loro di affrontare le superpotenze dell'Ovest con i galloni di favoriti (ora anche in qualità di campioni in carica). L'alba di una nuova Dinastia Nba potrebbe essersi dunque appena palesata, con il sol dell'avvenire pronto a far capolino sul Golden Gate e su tutta la Baia, da Oakland a San Francisco.