Gli ultimi cinque minuti e dieci secondi di gara 5 alla Oracle Arena potrebbero aver dato la sentenza definitiva alle NBA Finals 2015, dando una chiave di lettura che alla vigilia della serie sembrava quasi scontata, ma che i primi tre capitoli e parte del quarto stavano riuscendo a smentire. I Cleveland Cavaliers non possono essere una squadra meritevole del titolo, o almeno non possono esserlo questi Cleveland Cavaliers. LeBron James ha concluso la sua quarta partita su cinque episodi della serie finale con almeno 40 punti a referto, e la terza con una tripla doppia. Questa gara 5 ha mostrato probabilmente il meglio che il giocatore di Akron potesse offrire, nonostante la presenza asfissiante su di lui di un gigantesco Andre Iguodala: pensate a cosa avrebbe potuto fare LBJ se al posto dell'ex Nuggets ci fosse stato qualunque altro giocatore, o se l'uomo di origini nigeriane non avesse applicato una difesa così forte e assidua in ogni centimetro quadrato della metà campo difensiva dei Golden State Warriors.
Il fatto che LeBron James abbia contribuito, attraverso conclusioni messe a segno e assist forniti, alla realizzazione di 70 dei 91 punti di squadra in gara 5, è forse il principale indicatore dell'imprescindibilità di questo fenomeno per la squadra, quest'anno più di quanto non si sia visto nelle quattro stagioni a Miami, in cui era certamente lui l'uomo-franchigia ma al suo fianco c'erano giocatori del calibro di Wade e Bosh, per non parlare di preziosi gregari come Allen. Scarsa qualità dai compagni di squadra, e una rotazione già accorciata pesantemente dagli infortuni di Love e Irving, ma che ha subito un ulteriore taglio per la piega che ha preso la serie dopo il ritorno a Oakland. Sia Blatt che Kerr, infatti, hanno deciso di non puntare sui propri lunghi: ma se quest'ultimo può contare su un roster molto lungo, pur rinunciando ai vari Ezeli, Bogut e Speights, il caso di Cleveland è decisamente più grave, visto che utilizzare Mozgov per appena dieci minuti, com'è accaduto in gara 5, rende ancor più ampio il minutaggio di giocatori come Shumpert, Thompson e dello stesso James, apparso decisamente provato nei minuti finali.
Eppure, alla fatidica soglia degli ultimi cinque minuti e dieci secondi i Cavs ci erano arrivati con un solo punto di ritardo, con l'appoggio di Thompson su assist (l'undicesimo) di James. Ma da allora sono iniziati i problemi su entrambi i lati del campo. Cleveland ha letteralmente smesso di segnare, se non con una tripla stratosferica del Re, mentre Golden State ha trovato punti importanti da Iguodala, Thompson e soprattutto uno Steph Curry stratosferico, forse per la prima volta dall'inizio delle Finals.
Alla fatidica gara 6 mancano ormai poche ore, i Cavaliers devono cambiare assolutameente qualcosa se vogliono riportare la serie sulla baia. Blatt potrebbe pensare di inserire nuovamente Mozgov in quintetto, sia per tornare ad allargare parzialmente le rotazioni sia per puntare sulla maggiore forza fisica dei suoi giocatori, a dispetto del maggior talento e della maggiore concentrazione dei Warriors. Saranno 48 minuti intensissimi, i più importanti della stagione di Cleveland, ma perdere non sarebbe comunque un fallimento. E poi c'è "the best player in the world", come lo stesso LeBron si è descritto dopo gara 5, pronto ad infiammare la Quicken Loans Arena.