Dici New Orleans, pensi alla città della musica, quella raccontata da Bob Dylan, quella distrutta dall'uragano Katrina nel 2005. "La città che conosci ancora prima di visitare", la denomina Renzo Arbore, cittadino onorario della città della Louisiana. Oggi, ancora distrutta dal tornado abbattutosi sulla costa sud americana, New Orleans è una città in ricostruzione. E lo è stata anche dal punto di vista cestistico fino a pochi mesi fa, visto che i locali Pelicans, i vecchi Hornets, erano una bistrattata franchigia destinata a crollare dopo la cessione di Chris Paul, ma un altro uragano è arrivato in città, stavolta portando però sorrisi: Anthony Davis e il suo monociglio sono pronti a far sognare di nuovo New Orleans. E sarà tutta un'altra musica.
LA STORIA, TRA CAMBIAMENTI E RILOCAZIONI - I Pelicans come li conosciamo oggi sono nati di fatto nel 2002, con il trasferimento dei vecchi Charlotte Hornets a New Orleans, prima di cambiare nome appunto in Pelicans lo scorso anno. Con la (ri)nascita però nel North Carolina proprio degli Charlotte Hornets quest'anno dalle ceneri dei "vecchi" Bobcats, i risultati storici della franchigia vanno conteggiati dalla data di rilocazione. Quindi, in conclusione
LA SCORSA STAGIONE - 34-48 è un record certamente negativo, ma nemmeno così tanto, pensando che a Est l'ottava qualificata agli scorsi PlayOffs aveva vinto solamente 4 partite un più. Il problema è che, stando ad Ovest, bisogna vincerne circa 50 per poter pensare di giocarsi una seed nella postseason. L'infortunio di Jrue Holiday, arrivato in estate in cambio di Nerlens Noel, ha complicato i piani, e lo stesso ha fatto il collo di Ryan Anderson, operato a inizio 2014. La fortuna non assiste il ragazzo Californiano, che nell'estate 2013 aveva perso la fidanzata. In tutto ciò, grazie a un buon Brian Roberts e alla super stagione di Anthony Davis, si è raggiunto un record tutto sommato dignitoso, con un 41,5% di vittorie sicuramente migliorabile, ma che è allo stesso tempo una buona base di partenza per una franchigia giovane e vogliosa di fare bene.
I POCHI MOVIMENTI ESTIVI - L'estate dei Pelicans non è stata troppo impegnativa sul fronte costless agency per due motivi: il primo è che lo spazio salariale era quel che era, il secondo è che la franchigia è in crescita e disfarla sarebbe stato poco sensato. Quindi si è puntato più agli aggiustamenti, anche se un big man è arrivato: lo scontento Omer Asik, scaricato di fatto dai Rockets dopo l'arrivo in
IL QUINTETTO BASE - Abbastanza facile da prevedere quale sarà lo starting five dei Pelicans nella prossima stagione, viste le gerarchie piuttosto chiare. In cabina di regia Jrue Holiday, voglioso di riscatto dopo l'infortunio che l'ha tenuto fuori per la seconda parte della scorsa stagione. Coppia di esterni composta da due talenti sbocciati nei loro primi anni ma poi persi un po' per strada: Eric Gordon e Tyreke Evans, attaccanti con molti punti nelle mani che devono però imparare a forzare di meno ed entrare di più nei meccanismi di squadra. Area blindata invece con la coppia di lunghi formata da Anthony Davis e Omer Asik, rimbalzi assicurati e tanta fisicità. In alternativa al turco c'è Ryan Anderson, 4 puro dotato di un ottimo tiro dalla lunga distanza, che permette a coach Williams di abbassare il quintetto e correre di più.
LA STELLA - Quando al Draft vieni scelto con la numero 1, hai sempre tanta pressione addosso, e quando bisogna essere da subito la stella, non è facile gestirsi. Ad Anthony Davis è bastato solo un anno di transizione/ambientamento a New Orleans prima di esplodere definitivamente al secondo anno: circa 21 punti e 11 rimbalzi di media, e anche 2,8 stoppate a partita (nessuno nella lega meglio di lui), contro il 13,5 + 8,2 del primo anno. Insomma, un miglioramento non indifferente per l'ala-centro uscita da Kentucky, che si è fermata un solo anno nella squadra guidata da John Calipari. Normale che un talento del genere vada subito al piano di sopra. Nel frattempo, all'età di 21 anni, ha già conquistato un oro olimpico e un Mondiale, il primo da comprimario, che entrava giusto nel finale, mentre il secondo è stato da assoluto protagonista, soprattutto nella prima parte della competizione iridata. A questo punto, raggiunti tutti questi traguardi con Team USA, si chiede al monociglio di ripetersi anche con la divisa dei Pelicans, perchè è inutile dire che gran parte del futuro di questa franchigia dipende solo ed esclusivamente da lui.
L'ALLENATORE - A New Orleans dal 2010, Monty Williams sta sempre più accrescendo la sua credibilità di allenatore con il passare degli anni. Le difficoltà delle prime stagioni da head coach, coincise anche con il periodo più difficile della storia recente degli allora Hornets, sembrano ormai superate brillantemente, tant'è che Mike Krzyzewski l'ha voluto nel suo staff per Team USA, insieme a gente del calibro di Jim Boeheim e Tom Thibodeau. Nato nel 1971, Williams è stato anche giocatore, e ha frequentato il college a Notre Dame, tenendo nella stagione da Senior medie di 22,4 punti e 8,4 rimbalzi a partita. Nonostante dei problemi cardiaci, è entrato in NBA nel 1994 e ha girato un po' per la lega (Knicks, Spurs, Nuggets, Magic e Sixers) tenendo una media in carriera di 6,3 punti a partita, per poi ritirarsi nel 2003. Nel 2005, dopo aver vinto il titolo con gli Spurs nel Coaching staff di Popovich, fu chiamato da Nate McMillan per fargli da assistente a Portland. Rimase nell'Oregon fino al 2010, quando arrivò l'occasione a New Orleans. Non se l'è lasciata sfuggire, e adesso ha un contratto fino al 2016, con la speranza di migliorare ancora le prestazioni della sua squadra.
UN GIOCO D'ATTACCO - Difficile pensare che i Pelicans possano costruire un sistema difensivo con gli elementi che ci sono a roster, Gordon e Evans su tutti. Fortunatamente mr. Eyebrow e Asik sotto canestro sono un bel muro, ma tutto da soli non possono fare, anche se il loro lavoro aiuterà parecchio l'equilibrio tra attacco e difesa di New Orleans. Insomma, si gioca forte nella metà campo avversaria: tanti giocatori con parecchi punti nelle mani, che sono solamente da innescare per farli esplodere. Holiday avrà in mano le chiavi del gioco e sarà una pedina fondamentale per il sistema dei Pelicans: sarà lui a dover innescare gli esterni, per non parlare del pick&roll con Anthony Davis. Se dovessero trovare l'intesa giusta, sarebbero distruttivi a dir poco. Nel dubbio, palla al Monociglio in area che poi ci pensa lui.
LE ASPETTATIVE - Essere inseriti nella Western Conference non è mai troppo piacevole per le squadre di medio livello come New Orleans: rischia che si imbrocchi una grande stagione senza però arrivare a disputare i Playoffs. Si vedano i Suns dello scorso anno: il record di 48-34 sarebbe valso il terzo/quarto posto a Est, invece sono rimasti fuori dalla postseason. Insomma, per non finir la stagione a metà aprile bisogna giocare al massimo delle proprie potenzialità. Ce la potrebbero fare i Pelicans? Se tutto girasse per il meglio (ovvero tutti restano sani) non ci sentiamo di escludere questa opportunità. Non hanno nulla da invidiare al roster di altre franchigie che saranno in lotta per una seed, anche se ci sono le solite due incognite, i bistrattatissimi Eric Gordon e Tyreke Evans. Se giocheranno ai loro reali livelli che abbiam visto 3-4 anni fa, allora prepariamoci ad assistere a una grande stagione di New Orleans. Una piccola fiammella per una città che sta ancora cercando di alzare la testa.