Se qualcuno cercasse delucidazioni su come provare a ricostruire una franchigia, forse suonare al citofono di Rob Hennigan potrebbe essere una buona idea, perchè i nuovi Orlando Magic stanno ripartendo alla grande dopo la cessione di Howard. Nessun reduce dalla finale del 2009, persa contro i Lakers, bensì una marea di giovani interessantissimi, guidati da un coach con le idee chiare: questa la banda dei ragazzi della Florida, senza veri fenomeni, ma con un ottimo gruppo, condito da qualche veterano. Per sperare di rivivere i fasti del passato.
LA STORIA: I DUE SUPERMAN - La franchigia entra nella NBA nel 1989, ma ovviamente, com'è normale che sia, le prime stagioni sono difficili. A cambiare la situazione sarà un colosso uscito da UNLV, tale Shaquille O'Neal, ma non al primo anno, nonostante il premio di Rookie of The Year vada proprio al centrone, prima scelta assoluta al draft 1992. L'anno dopo la dea bendata sorriderà ancora ai Magic: un'altra prima scelta assoluta. Stavolta il selezionato è Chris Webber, scambiato immediatamente con la terza scelta, Penny Hardaway. L'asse che si andrà a comporre con Shaq è letale, e immediatamente Orlando si impone come una tra le franchigie più forti della lega, e, complice anche il periodo di flessione dei Bulls, nel 1995 arriva la prima partecipazione alle Finals, dove trovano i Rockets di Olajuwon: non c'è storia, 4-0 per i texani e tutto da rifare. Il ritorno al top di Jordan però chiude il discorso per il dominio della Eastern Conference, e la partenza di Shaq nel 1996 complica ulteriormente le cose. Il calo non è drastico, la squadra lotta sempre per conquistare i Play-off, e arrivano anche giocatori come Tracy McGrady e Grant Hill, ma la squadra non va mai oltre il primo turno, fino al crollo totale del 2004, con 21 vittorie su 82. Arriva la prima scelta assoluta, per la terza volta: viene scelto un altro lungo dominante come Dwight Howard, che sarà grande protagonista nella seconda metà dello scorso decennio. Il ritorno ai Play-off arriva nella stagione 2006/07, ma i Magic vengono asfaltati da Detroit al primo turno. Le cose cambiano nell'estate 2007, quando le redini della squadra passano tra le mani di coach Stan Van Gundy: al primo anno arriva la sconfitta ancora contro i Pistons al secondo turno, mentre l'anno dopo i Magic dominano e conquistano per la seconda volta un posto alle Finals (non senza sofferenze nei turni precedenti) dove vengono però sconfitti dai Lakers di Kobe e Gasol. Nel 2010 sono i Celtics a smorzare i sogni di Howard e compagni, e la cessione del numero 12 nell'estate 2012 mette definitivamente fine all'ottimo periodo di Orlando.
LA SCORSA STAGIONE: SEMI-TANKING - 23 vittorie su 82 partite sono un bottino molto povero, ma bisogna analizzare la scorsa stagione dei Magic sotto un punto di vista diverso da quello del mero record, soprattutto perche coach Vaughn ha dato un'identità alla squadra e ha fatto emergere elementi di spicco, tra tutti Oladipo e Vucevic, oltre a degli ottimi comprimari, come Tobias Harris. Insomma non tutti i mali vengono per nuocere, e non parliamo solo delle alte posizioni al draft. I frutti del lavoro dell'ex playmaker degli Spurs si vedranno sicuramente nei prossimi anni, se non addirittura dal prossimo.
I NUOVI INNESTI: IL GIUSTO MIX - L'unica perdita estiva degna di nota è stata sicuramente pesante, perchè è stato ceduto il miglior marcatore della passata stagione, ovvero Arron Afflalo, tornato a Denver, in cambio del giovane Fournier e di una prima scelta futura. I due innesti più importanti sono stati quelli derivanti dal draft, e sono stati sorprendenti in un certo senso, soprattutto Aaron Gordon, scelto alla numero 4 davanti a giocatori forse più quotati come Randle, Smart o Exum. La scelta è ricaduta invece su un giocatore diverso, probabilmente più adatto al sistema e alle idee di Vaughn. Tutto da scoprire (o quasi) Elfrid Payton, playmaker fantasioso e vivace che potrebbe infiammare l'Amway Center. Non potevano mancare ovvviamente tre giocatori d'esperienza come Ridnour, Ben Gordon e Channing Frye, utilissimi per la crescita dei giovani. Il primo garantisce ordine in campo ed è un non indifferente uomo-spogliatoio, il secondo cerca riscatto dopo le ultime stagioni negative, mentre il terzo è una certezza e permette a Vaughn di variare il tipo di gioco a seconda della sua posizione.
IL QUINTETTO BASE - Difficile dire come sarà composto lo starting-five dei nuovi Magic, viste le tante alternative. Nel ruolo di point guard ad esempio ci sarà da scegliere tra l'ordine che da Ridnour e l'imprevedibilità di Payton, ma può giocare in quella posizione anche Oladipo, lasciando Ben Gordon da guardia. In ala piccola doppia soluzione: la solidità di Tobias Harris o il dinamismo di Harkless, con il primo più quotato, viste anche le scelte dello scorso anno. Può divertirsi invece Vaughn a variare i propri lunghi: posto che Aaron Gordon è una power forward pura e Vucevic allo stesso modo difficilmente non giocherà centro, la variabile è costituita da Channing Frye, capace di coprire entrambi i ruoli, garantendo però poca copertura a rimbalzo, ma in un sistema di run-and-gun come a Phoenix rende alla perfezione, visto l'ottimo tiro dalla lunga distanza di cui è dotato. Le risposte le avremo vedendo come si integreranno i due rookie al piano di sopra.
LA QUASI STAR: VICTOR OLADIPO - Il duello con Vucevic per aggiudicarsi questo spazio nel nostro articolo è stato combattuto e non poco, però il grande potenziale della guardia di origini africane ci ha fatto optare per lui. Figlio del Maryland, Victor Oladipo nasce nel 1992 da madre nigeriana e padre della Sierra Leone. Prima di dichiararsi eleggibile per il Draft 2013 ha passato tre anni a Indiana University, scelta perchè "c'è ovunque una grande atmosfera di basket, è perfetto". Nei primi due anni parte sempre in quintetto, ma non si mette troppo in luce fino al terzo anno, in cui esplode guadagnandosi il premio di miglior difensore della Big Ten. Scelto alla numero due dai Magic (mentre a Cleveland hanno preferito l'oggetto misterioso Anthony Bennett), ha chiuso la sua prima stagione a Orlando con 13,1 punti, 4,1 rimbalzi e 4,1 assist a partita, giocando spesso sia da playmaker che da shooting guard, a seconda delle esigenze. Ha messo a segno la sua prima tripla doppia dopo poco più di un mese dal suo esordio nella lega, sfiorandola nuovamente anche il 21 febbraio, quando fece registrare 30 punti e 14 assist, entrambi career high. Atletico, veloce ed esplosivo, Oladipo è un attaccante completo (anche se qualche lacuna sul tiro l'ha fatta registrare), ma un ancor più migliore difensore, capace di marcare sia i pari ruolo che giocatori più alti o fisici, senza mai creare quindi particolari mismatch. Il grande potenziale di cui è dotato lo rende uno dei giocatori più interessanti di questi giovani Magic.
IL COACH: JACQUE VAUGHN - In pochi si ricorderanno del Jacque Vaughn giocatore. Playmaker d'ordine, non ha mai raggiunto altissimi livelli, se non nei primi anni dello scorso decennio, quando con la divida degli Hawks ha toccato i 6,6 punti e i 4,3 assist a partita, quasi sempre uscendo dalla panchina. Ha però avuto una grande fortuna, quella di essere entrato a far parte dei San Antonio Spurs, ammaliati dall'ordine che sapeva dare in campo e dalla sua leadership in spogliatoio. In Texas si laurea anche campione NBA nel 2007, e al suo ritiro entra direttamente nello staff di Gregg Popovich, fino al 2012, ovvero con la firma per gli Orlando Magic. Potremmo dire che il destino fosse già scritto, vista la grande leadership e l'intelligenza tattica che Vaughn metteva sul parquet e in spogliatoio già da giocatore: la sua grande occasione è arrivata, ora è tutto nelle sue mani, la sua banda di giovani spavaldi vuol salire alla ribalta. Sarà la guida giusta?
LE TANTE ALTERNATIVE - Come abbiamo già detto, il roster a disposizione di Vaughn è ampio e di qualità sempre crescente, l'unica cosa importante è riuscire a tenere unito lo spogliatoio. Ci sentiamo di riporre fiducia nel coach e nelle sue idee tattiche elastiche, anche se molto probabilmente sarà Vucevic il pilastro, almeno per quanto riguarda il reparto lunghi, perchè Aaron Gordon è sì un ottimo difensore e ha buona potenza fisica, ma è impensabile campare solamente con lui sotto canestro, e visto che il run-and-gun non sarà troppo utilizzato, anche lo stesso Frye da 5 sarà utilizzato raramente. Insomma, per proseguire la tradizione dei Magic, che nella loro storia hanno sempre giocato con un lungo dominante a centro area, si insisterà sul montenegrino, giocatore completo e capace di esser decisivo su entrambi i lati del campo. Nel back-court invece un tiratore sarà sempre presente (Ridnour o Gordon), per sfruttare gli scarichi proprio del centro europeo. Insomma, più calma e gioco a metà campo, anche se vedere Aaron Gordon lanciato qualche volta in contropiede, magari con Oladipo, non ci dispiacerebbe vederlo...
PLAY-OFF PER RIPARTIRE - Ovviamente, come abbiamo detto, le chiavi della prossima stagione di Orlando sono due: la prima è l'inserimento dei Rookie e la seconda è la compattezza del gruppo. Nel caso Gordon e Payton andassero bene e Vaughn riuscisse a far giocare la squadra come vuole, vedere i Magic ai Play-off è tutt'altro che improbabile. Chiedere di andare oltre al primo turno sarebbe veramente troppo, soprattutto visto che gli elementi chiave della squadra son tutti giovani. Ma il futuro per i ragazzi della Florida è roseo, e i tifosi possono presto sognare i fasti del passato.