A trentasei anni, Damiano Cunego è pronto a dire basta. Al termine di una carriera iniziata con le stigmate del predestinato e con risultati da fenomeno, proseguita poi in sordina e infine in calando, lo scalatore di Cerro Veronese saluterà il ciclismo nel 2018, come spiegato a Ciro Scognamiglio in un'intervista pubblicata da La Gazzetta dello Sport in edicola oggi. Un Giro d'Italia (nel 2004), tre Giri di Lombardia (2004, 2007, 2008), un argento iridato ai Mondiali di Varese (sempre nel 2008), un Amstel Gold Race (2008), i successi più luccicanti di Cunego, o del Piccolo Principe, per i suoi tifosi.

Rivelatosi agli appassionati al Giro del 2004, vinto da padrone nonostante la concorrenza interna alla Saeco di Gilberto Simoni, Cunego è stato tra i protagonisti del ciclismo italiano per oltre un quinquennio, aggiudicandosi anche una maglia bianca di miglior giovane al Tour de France del 2006. Dopo un inizio di carriera sfolgorante, il veronese non ha però ottenuto più podi nelle grandi corse a tappe, trovando in parte una sua dimensione nelle gare di un giorno, come dimostrato dai successi al Lombardia e all'Amstel, e al secondo posto mondiale di Varese, alle spalle del compagno di squadra azzurro Alessandro Ballan. Una vita trascorsa alla Lampre-Merida di Beppe Saronni, prima degli ultimi anni fuori dalle squadre del World Tour, alla Nippo-Vini Fantini. E una carriera da chiudere al Giro d'Italia: "Sì, vorrei chiudere al Giro - le sue parole alla Gazzetta dello Sport - la corsa che mi ha fatto conoscere, la corsa che ho vinto nel 2004. La corsa che più mi ha reso felice. Vorrei partecipare a quello del prossimo anno. Concluderlo. E dire basta con il ciclismo pedalato. Perchè, con il passare del tempo, noto che il ciclismo si corre a un livello sempre più alto. E io non mi sento più così competitivo. Sta arrivando insomma il momento di smettere e vorrei farlo al Giro, dove in un certo senso tutto è cominciato"

Se la sua squadra non venisse invitata, come accaduto lo scorso anno, Cunego potrebbe scegliere un'altra corsa per il suo addio: "Non ci ho pensato, magari potrebbe essere in Giappone. Ma ora voglio concentrarmi solo su questa prospettiva del Giro, spero si realizzi". Dopo quattro anni senza vittorie, Cunego è tornato al successo in una corsa minore in Cina, lo scorso luglio: "Non era una grande corsa, ma per vincere bisogna comunque andar forte. Ho dimostrato che potevo ancora farcela. E ho ricambiato la fiducia dei compagni e del team". Che Cunego attendersi in futuro?: "Ho tanti progetti. Corro con la Nippo dal 2015 e contano su di me nel mio post-agonismo. Questo mi inorgoglisce. Sarò una guida per i giovani, un testimonial e non solo. Continuerà gli studi di Scienze Motorie, il campo della preparazione atletica mi interessa molto". Chiusura con i ricordi della tappa di Falzes al Giro 2004, una frazione che gli appassionati non dimenticheranno mai, con Cunego in fuga per la vittoria, in un ciclismo italiano che aveva bisogno di trovare un nuovo Marco Pantani: "Il ricordo più bello di quel Giro è la vittoria di tappa di Falzes. Vinsi con una fuga da lontano e ripresi la maglia rosa che avevo perso qualche giorno prima. La portai fino a Milano. Un'impresa". Unico Giro d'Italia vinto dal veronese, che però rimane scolpito nella memoria dei tifosi. Giusto concedergli la passerella finale sullo stesso palcoscenico, prima di un'uscita di scena da campione, sicuramente da grande talento, forse da incompiuto.