"¡Vamos Froome!", finalmente verrebbe da dire. Dopo svariati tentativi, il britannico è riuscito a mettere in bacheca la sua prima Vuelta in una delle edizioni più belle di sempre, andando a completare quella doppietta con il Tour de France che solo un anno prima era stata sfiorata e rimandata a causa di un Nairo Quintana più forte sulle strade spagnole. Ha lavorato duramente Chris Froome è finalmente l'ha ottenuto il "double" che lo consegna definitivamente (se ancora ce ne fosse bisogno) alla storia del ciclismo come primo corridore a potersene fregiare, da quando la corsa a tappe iberica è stata spostata da maggio a settembre nel 1995.

Un successo meritato, in Francia quanto in Spagna, dato che in entrambi i grandi giri nessuno ha mai avuto dubbi su quale fosse il corridore più forte in gara. Anche dopo le giornate storte (vedi Los Machucos), bastava poco a Froome per fugare ogni dubbio sulla propria condizione andando a ricomporre quell'immagine di inossidabile e inattaccabile uomo di ferro costruitasi nel tempo a suon di successi.
Una forza dovuta anche al suo modo di correre, poco spettacolare secondo alcuni, innovativo e vincente secondo tutti. La gestione millimetrica delle energie da spendere e la lucidità nell'accettare di non rincorrere subito gli avversari sono un marchio di fabbrica del 32enne britannico, come ha dimostrato addirittura nella cronometro di Logroño con una partenza al di sotto le aspettative che lo vedeva registrare un primo intertempo sulla falsariga dei suoi avversari, non specialisti come lui nelle corse contro il tempo. Quella tappa però l'ha vinta Chris Froome, andando a utilizzare le energie risparmiate per battere ogni record negli ultimi due settori con un esempio di programmazione di corsa a livello individuale che caratterizza gli ultimi anni della sua carriera.

© Unipublic/Photogomez Sport
© Unipublic/Photogomez Sport

C'è un altro importante fattore però dietro il fenomeno Froome. Se è assodato che il britannico è il più forte corridore al mondo nelle corse a tappe, è altrettanto innegabile che il Team Sky rappresenti l'eccellenza tra le squadre World Tour. Negli ultimi due successi infatti al servizio del capitano sono stati schierati corridori di assoluto livello come (solo per citarne alcuni) Kwiatkowski, Nieve, Thomas, Landa e Rosa i cui palmarès e piazzamenti parlano da soli. Wout Poels, per fare un esempio concreto, ha ottenuto uno sesto posto finale a questa Vuelta correndo però sempre da gregario, senza uscire dal suo ruolo anche quando sembrava averne di più come sull'Angliru; qualcosa di simile è accaduto anche a Mikel Landa al Tour.

D'altro canto però non si può neanche affermare che i successi di Froome dipendano esclusivamente dalla squadra. Se un corridore infatti domina da un lustro nel mondo delle corse a tappe sarebbe un delitto non mettergli a disposizione il miglior team possibile e in determinate circostanze (come nelle cronometro o nei finali di alcune grandi salite) si è costretti a correre da soli. Sicuramente il collettivo è alla base dei successi del kenyano bianco, ma è impossibile affermare, anche perché difficilmente avremo la controprova, che sia la condizione necessaria e sufficiente per ottenerli. Un Froome con gregari più deboli magari non dominerebbe le corse e lascerebbe più fiducia agli avversari, ma c'è da credere che la strategia utilizzata sarebbe differente e difficilmente non lo si vedrebbe ugualmente sui podi di Parigi e Madrid.

Proprio in relazione a questo viene spontaneo a tutti chiedersi quali possano essere gli obiettivi per la prossima stagione, una volta archiviata la tanto agognata doppietta. Viene difficile credere realmente alla tripletta Giro-Tour-Vuelta già nel 2018, come sta ipotizzando qualcuno in questi giorni, soprattutto per un discorso di priorità. Con quattro Grand Boucle in bacheca la precedenza assoluta non può che averla la corsa francese, dal momento che nel "Club della cinquina" sono presenti Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain che detengono il record di vittorie. Proprio per questo motivo è difficile immaginare Froome sulle strade del Giro, vista la posizione antecedente sul calendario, più facile invece un nuovo assalto alla Vuelta, una volta valutata la condizione post Tour. Correre la corsa nostrana rappresenterebbe infatti un rischio per i probabili piani del britannico soprattutto per quel che riguarda la condizione atletica dei mesi successivi. 

Va però detto che lo stesso Chris Froome non ha chiuso definitivamene le porte e ai margini della premiazione di Madrid ha dichiarato a Cyclingnews: "Non ho ancora stilato i piani per la prossima stagione, ma un giorno punterò al Giro d'Italia". Nessuna certezza, ma sicuramente un buon auspicio per i tifosi di questo meraviglioso corridore sparsi per la penisola.