1 - La danza d'oro di Daniele Garozzo
La forza della spensieratezza di sentirsi, in una giornata campale, il più forte di tutti. Daniele Garozzo era il meno atteso fra gli azzurri, ma ha strappato la medaglia d'oro con una gara spettacolare. Da festeggiare con un'esultanza che è entrata di diritto nella storia di questi Giochi Olimpici.
2 - Elisa, leonessa d'argento
Alla fine si è dovuta arrendere solo a Inna Deriglazova e non senza far vedere i fantasmi alla russa, arrivando a pochissimo dal coronare la rimonta e rimettere tutto in discussione. Ma ancora una volta Elisa Di Francisca si è dimostrata una certezza per il fioretto azzurro. Un'atleta che nei grandi appuntamente raramente tradisce le aspettative: in due partecipazioni Olimpiche ha raccolto due finali individuali, che han fruttato un oro e un argento. Serve aggiungere altro? Si, perché nel dopo gara Elisa si prende ancora la scena lanciando in mondivisione l'appello a un'Europa unita contro tutti i terrorismi.
3 - Rossella, programmata per i grandi eventi
Si è presentata Rio a fari spenti, dopo una stagione in Coppa del Mondo con più ombre che luci. Eppure, quando il gioco si fa duro, Rossella Fiamingo diventa una certezza assoluta: in tre anni ha vinto due ori Mondiali e centrato una finale olimpica, sfiorando un'impresa che sarebbe stata da annali. In pedana ha emozionato e dato spettacolo, spesso con rimonte da vera campionessa. Che del resto, è il suo status
4- La forza della squadra
Tutti per uno, uno per tutti. Il celebre motto Dumasiano è stato fatto proprio in maniera esemplare dagli spadisti azzurri, versione moderna (e italiana) dei Moschettieri al servizio di sua Maestà Luigi XIII. Dopo Montreux (giugno 2015), la loro Olimpiade era appesa a un filo; da Rio tornano con una prestazione maiuscola e un argento che è oro puro. In mezzo, un lungo e paziente lavoro di ricostruzione partito da una nuova concezione di gruppo. Di Squadra, con la s maiuscola e pure in grassetto. Mischiare il tutto al talento di Marco Fichera, Enrico Garozzo, Paolo Pizzo e Andrea Santarelli, e tutto il resto vien da sè.
5 - Ines, un bronzo per la storia
Nel 2014 a Kazan è stata la prima donna africana a conquistare una medaglia iridata nella scherma. Due anni dopo, Ines Boubakri entra di nuovo nella storia, firmando la prima medaglia olimpica per la Tunisia e dedicandola a tutte le donne del suo paese e arabe che lottano per avere un loro posto nella società. Per lei una bella medaglia di bronzo nella gara di fioretto femminile, nella serata che ha incoronato la russa Deriglazova sulla nostra Elisa Di Francisca.
6 - Il doppio capolavoro di Aron Szilagy
Vincere un titolo Olimpico non è da tutti, farlo per due volte di fila è da fenomeni veri. E a questa categoria appartiene l'ungherese Aron Szilagy, che, dopo Londra, domina anche a Rio la prova di sciabola maschile sbaragliando l'intera concorrenza.
7 - Le lacrime amare di Olga Kharlan
Tornare a casa da Rio con un bronzo ed essere delusa. Strano il destino per l'ucraina Olga Kharlan. Aveva puntato tutto su questa gara, per poter finalmente mettere in bacheca l'unico alloro individuale che ancora manca alla sua collezione. E invece sulla sua strada ha trovato una Yana Egorian in stato di grazia, la donna che sciabolata dopo sciabolata ha sbriciolato le certezze della bionda Kharlan in semifinale e con esse, i suoi sogni dorati. Quella che doveva essere la sua gara, si chiude in lacrime, a piangere per quell'oro che ancora una volta prende altre strade.
8 - La caduta delle giganti
L'Olimpiade, si sa, è una gara strana, dove il confine fra gloria e fallimento è un filo sottile su cui si cammina in equilibrio precario. Un filo, purtroppo, spezzatosi sotto il peso delle aspettative per Arianna Errigo: la monese era una delle favorite assolute per l'oro nel fioretto femminlle, e invece è crollata già agli ottavi di finale, sgambettata dai suoi stessi fantasmi prima ancora che dalla canadese Harvey, peraltro bravissima e cinica ad approfittare della crisi della campionessa azzurra.
9- Il trionfo di Stefano Cerioni
Dopo aver vinto tutto con l'Italia, la decisione di prendere armi e bagagli e portare la sua esperienza in Russia. Obiettivo: rilanciare il fioretto, che da troppo tempo era lontano dai vertici. E in tre anni di lavoro, i frutti della cura Stefano Cerioni (coadiuvato da uno staff tutto italiano, composto dal Maestro Bortolaso e dal preparatore atletico Zomparelli) si sono visti: l'oro individuale di Inna Deriglazova e quello della squadra maschile - a cui va aggiunto il bronzo individuale di Safin - infatti sono solo la punta dell'iceberg di un ciclo che ha portato, fra le altre cose, ai titoli iridati di Cheremisinov (2014) e della stessa Deriglazova (2015), ma anche al ribaltamento delle gerarchie nelle gare a squadre al femminile.
10 - La vecchia guardia non molla
Se nella sciabola femminile (Yana Egorian, 22 anni) e nel fioretto maschile (70 anni il computo totale dell'età dei tre medagliati) si è imposta la nouvelle vague della scherma Mondiale, c'è anche una vecchia guardia che non intende arrendersi al tempo che passa. E allora Emese Szasz corona a 34 anni una carriera di altissimo livello, Geza Imre si prende un argento a 42 e un bronzo a squadre con i suoi compagni Gabor Boczko, Peter Somfai e Andras Redli tutti over 30. E, ancora, Jean Michel Luceneay che a 38 anni si prende da protagonista l'oro a squadre con la Francia, senza dimenticare Aldo Montano: niente medaglia per lui, ma a 37 anni e fresco di operazione alla spalla ha lottato come un leone sulle pedane di Rio e ha rilanciato la sfida anche in ottica Tokyo.