Un viaggio lungo un sogno. Un viaggio che ha portato gli azzurri al si sopra delle sfere celesti, nonostante abbiano toccato gli inferi con un dito. Soltanto sfiorati, però, per fortuna. Tre punti hanno separato l'Italia del volley di Chicco Blengini dalla finale per il terzo e quarto posto, che sarebbe apparsa come una beffa all'indomani di un'Olimpiade giocata da padroni. Cinque punti, quelli consecutivi a margine di un quarto set clamoroso, che hanno trascinato gli azzurri laddove meritavano - al di là di qualsiasi tipo di patriottismo - fin dall'inizio di questo superbo torneo Olimpico di Rio. Adesso l'atto finale, quello da sempre avverso al tricolore, da sempre un'ossessione. Tra inferno e paradiso, il solito Brasile di Bernardinho.
Così come contro gli Stati Uniti - superati nel girone eliminatorio prima di affrontarli in semifinale - gli azzurri dovranno essere bravi a cogliere e ricordare del successo di qualche giorno fa, molto più netto del 3-1 finale, soltanto gli aspetti tattici e tecnici, dimenticando quanto più in fretta possibile il punteggio finale. Conterà, più di ogni altra cosa, la voglia di portare a casa un risultato storico. Di provare ad essere lucidi in un ambiente indemoniato, che trascinerà i propri beniamini ben oltre le capacità tecniche di una squadra apparsa lontana dall'essere la dominatrice di tutto degli ultimi anni. L'Italia, in cuor suo, lo sa. E' ben conscia però delle difficoltà, enormi, del caso. Ma anche consapevole dei suoi clamorosi mezzi tecnici.
Tuttavia, in quella che fu la nostra generazione di fenomeni che vinse tutto tranne i Giochi Olimpici, uno dei teatri dei migliori successi fu proprio il Brasile. A Rio, in quello che oggi è il Maracanazinho, i fenomeni azzurri trascinati da Lucchetta superarono il Brasile sia in semifinale del mondiale del 1990 per 3-2 che in finale, cinque anni dopo, per 3-1 nella finalissima di World League. Due successi che possono indicare la strada, quella della sofferenza, agli azzurri d'oggi. "Che figata una finale olimpica Italia-Brasile al Maracanazinho. Non vedo cosa possa esserci di più bello" il commento di Blengini, prima della sua prima finale olimpica, alla sua prima Olimpiade.
Zaytsev, Juantorena e compagni sono consapevoli di poter scrivere una pagina indelebile della storia di questo sport del nostro paese. Conterà la testa, con la voglia già dimostrata di non mollare mai davanti alle avversità. La stessa testa che nel finale della semifinale di due giorni fa - unita ad un pizzico di buona sorte - ha permesso agli azzurri di potersi giocare questa enorme opportunità. Le righe del Maracanazinho si sono schierate palesemente a favore degli azzurri. Il Brasile cerca l'oro perduto da dodici anni, noi lo cerchiamo da sempre. Chissà che questa infinita ricerca non sia arrivata alla sua naturale conclusione, condotta per mano dall'uomo con il numero nove a caccia della definitiva redenzione nel teatro del misfatto di un anno fa. Questa è un'altra Italia. Questa Italia si gioca l'alloro olimpico!