Usain Bolt ha già vinto 6 ori olimpici, grazie alle due triplette di Pechino e Londra. Ora il giamaicano punta alla terza tripletta consecutiva, per la definitiva consacrazione allo status di leggenda sportiva. Alla Gazzetta dello Sport racconta le sue aspettative, con qualche aneddoto sulla sua vita fuori dalle gare.
Usain è fiducioso di poter realizzare la terza tripletta d’oro.
“Sto bene e la stagione non ha proposto grandi prestazioni, l’ostacolo più duro, come sempre, saranno i 100. Di solito, nell’anno olimpico, fioccano tempi da 9”6-9”7: arriveranno a Rio, è garantito.Se dovessero andar quelli, non mi porrò limiti. Il sapore della prima volta non si scorda mai: resta la mia Olimpiade più bella."
La popolarità è un problema da gestire, ma Bolt sa come risolverlo:
“A volte è un problema sì, ma ho escogitato qualche trucco. Quando sono in un luogo pubblico e qualcuno mi riconosce, deve chiamarmi almeno tre volte perché reagisca. Se no fingo di non essere io e al limite rispondo “Guarda che sbagli, siamo solo molto somiglianti."
Cosa manca nella sua vita?
"Saper parlare una seconda lingua: io e NJ, l’amico che è sempre con me, per due anni abbiamo seguito un corso on-line di spagnolo. Ci sarebbe servito anche con le ragazze. Ma siamo un disastro".
Questa volta però non sarà portabandiera:
"Ho un enorme rispetto per Shelly-Ann Fraser: è modestissima. Quando ha vinto 100 e 200 ai Mondiali di Mosca 2013, facendo la stravolta è venuta da me e mi ha chiesto: “Come fai a reggere tutto questo stress?”.
Tra i tanti sport in programma a Rio, Bolt è attratto solo da alcuni:
"Basket, nuoto e calcio: vorrei incontrare Neymar. In passato, tramite i nostri staff, ci siamo scambiati qualche messaggio, ma nulla più.
Si cita sempre la sua doppia tripletta olimpica, pochi ricordano che il suo esordio a cinque cerchi risale ad Atene 2004…
"Avevo 17 anni, feci il primo turno dei 200: passavano in semifinale i primi 4. Fui quinto."
Nel consesso olimpico, dopo poco più e poco meno di un secolo, tornano golf e rugby: è favorevole?
"Quando ho saputo del golf sono rimasto perplesso. Le tante rinunce erano inevitabili: per quell’ambiente i Giochi rappresentano poco o nulla."