Due titoli Mondiali, quattro Europei e un ciclo leggendario che dura da 10 anni e che, per chiudersi, necessita solo di un'ultima pennellata: l'oro a Cinque Cerchi. E l'appuntamento con la storia, per Pierluigi Formiconi ha una data e un luogo ben precisi: 26 agosto 2004, Atene.
Il Setterosa è fra le favorite per la conquista del torneo olimpico di pallanuoto. L'avventura di Atene, però, parte con una sconfitta: è l'Australia a batterci 6-5. Ma da lì in poi, le azzurre ingranano: contro le padrone di casa è un facile 7-2, quindi l'8-6 al Kazakistan che porta le azzurre ad affrontare i quarti di finale. In palio, un posto fra le prime quattro, dove ad attenderle trovano le statunitensi. Che verranno battute 6-5, aperitivo dell'atto finale, dopo aver liquidato 8-5 le ungheresi ai quarti.
Fra le azzurre e l'oro, resta solo un ultimo ostacolo. Sono ancora le padrone di casa della Grecia. Certo, la partita nelle fase eliminatoria era stata poco più di una formalità e, nei precedenti sin lì disputati soltanto in due occasioni le greche erano riuscite a battere le azzurre. Ma quel giorno era chiaro fin da subito che la storia sarebbe stata diversa. Innanzitutto a spingere le padrone di casa c'erano più di 8mila tifosi indiavolati, che in poco tempo han trasformato la piscina teatro della finale in una vera e propria bolgia dantesca: tamburi, cori, fumogeni, fischi a ogni azione delle italiane. Un clima che galvanizza le greche e che sembra mettere in soggezione le azzurre, che subiscono il ritmo indiavolato delle avversarie.
Eppure sono proprio le ragazze di Formiconi - che nel frattempo si sbraccia a bordo vasca cercando di guidare le sue atlete verso l'uscita da quella tempesta - che trovano il vantaggio grazie a Martina Miceli con un bel tiro dalla distanza su cui Georgia Ellinaki non può fare nulla. Ma la Grecia non ci sta e reagisce rabbiosamente: Evangelia Moiritidou impatta con una palombella beffarda e precisa, quindi l'allungo sul 3-1 che sembra poter dare una prima, seppur timida, svolta al match. A tenere in scia l'Italia ci pensa Melania Grego, per il 3-2 Grecia su cui si chiude la prima parte delle ostilità. Il resto della partita è battaglia dura e sofferenza allo stato puro: le greche scappano ancora sul 4-2, ma la reazione italiana produce in pochi minuti un incredibile sorpasso sul 5-4. Tutto finito? Nemmeno a dirlo per scherzo: stavolta sono le greche a trovare un controbreak positivo. Pareggio e poi vantaggio 6-5. Nel terzo tempo succede poco o nulla, ma il tracciante di Giusi Malato è manna per le azzurre, perchè vale il 6-6, mentre altri due gol nel quarto e ultimo tempo, fissano il punteggio sul 7-7 e mandano la risoluzione della contesa ai tempi supplementari.
Dove il copione non cambia: le greche sono indiavolate, mentre le azzurre, che hanno passato tutta la partita a inseguire con grande cuore e con grande dispendio di energie, non sembrano in grado di reggere all'ennesimo arrembaggio delle avversarie. Che arrivano prima di tutte su ogni pallone ma che, soprattutto, piazzano due pugnalate dritte al cuore delle pallanuotiste italiane: la prima la recapita Kyrioki Liosi, che firma la rete personale numero 5 in quella partita, la seconda Aiketerini Oikonomoupolou la cui conclusione si stampa sul palo prima di finire beffardamente sospinta in porta da un rimpallo sulla spalla di Francesca Conti. L'ambiente si scalda ancora di più, dappertutto ci sono greci che saltano, cantano e ballano, mentre sul setterosa sembra scesa la notte più buia. Poi, il tiro dell'Ave Maria di Melania Grego trova la provvidenziale mano di una greca che trasforma in imparabile un tiro scagliato più con la forza della disperazione che non con la convizione di fare effettivamente del male alla Ellinaki. Alla quale non resta altro che imprecare e raccogliere la palla in fondo al sacco.
Con le ragazze di entrambe le parti stance e le energie fische e psichiche ridotte al lumicino, la partita diventa battaglia pura: le azzurre tutte avanti, con la bava alla bocca alla caccia del pareggio, le greche, sostenute da un pubblico caldissimo, impegnate a difendere con il coltello fra i denti un vantaggio tanto risicato quanto di inestimabile valore. E quando alla fine del primo supplementare mancano solo 5 secondi, Tania Di Mario trova il 9-9. Adesso a cantare sono gli azzurri, mentre i greci, che ormai vedevano avvicinarsi la medaglia d'oro, tacciono. Tremano e temono, perchè quel gol di Tania ha molto probabilmente messo la pietra tombale sul sogno olimpico della squadra di casa.
Si decide tutto in tre, drammatici, minuti. L'ultimo atto di una maratona logorante, di una partita che - vada come vada- è destinata a passare alla storia. E sulla Storia decide di metterci la sua personale firma Melania Grego. La trentunenne casertana, che sino a quel momento aveva lottato più con un infortunio alla spalla che non con le avversarie in piscina, trova la sua giornata perfetta. Così come è perfetta la traiettoria che si infila docile alle spalle della Ellinaki: è 10-9 è apoteosi Italia. Che dopo tanto tempo passato a inseguire, mette fuori il naso nel momento più importante, fino a quando lo scorrere inesorabile del cronometro non dice che è finita, che il Setterosa è Campione Olimpico.
Nell'inferno della piscina greca, le azzurre avevano toccato il paradiso, scrivendo una pagina leggendaria di sport. Che resterà per sempre impressa nell'istantanea di Giusi Malato che brandisce all'aria il pallone della partita appena dopo lo scadere del tempo e nelle parole di Formiconi: "Queste ragazze per arrivare a questa medaglia hanno rinunciato a fare figli, sacrificato la loro vita, passato ore in piscina". E quel 27 agosto di dodici anni fa tutti i loro sacrifici vennero ripagati in moneta sonante.