Vincenzo Nibali stacca le mani dal manubrio, alza al cielo il braccio destro e esulta. Splende, sul petto, il tricolore. A Varese, lo Squalo divora gli avversari, impegnati poco più indietro a lottare per un piazzamento. L'istantanea che chiude la 95° edizione della Tre Valli Varesine è splendida. La quiete del campione che si gode il successo va a cozzare con il turbinio di ruote che sbiadito appare all'orizzonte. Firsanov anticipa Nizzolo, Ponzi si ferma ai piedi del podio, uno sparuto gruppetto taglia il traguardo a 8 secondi dal siciliano.

Quasi 200 km, infernali, corsi a folle velocità, spezzati da continui colpi di pedale, accelerazioni, strappi, fughe. Le maglie azzurre dell'Astana allungano la mano sulla corsa, si inseriscono nell'azione iniziale, controllano il disavanzo, chiamano i cavalli di maggior pregio per l'affondo finale.

La corsa si decide a 23 km dall'arrivo, quando Diego Rosa, con un'azione poderosa, frantuma il plotone e porge nelle mani di poche unità il destino della battaglia. Davanti, resta da riassorbire chi prima ha stretto un patto con la sorte, tocca allora ad Aru, nella veste di gregario, forzare l'andatura, di fatto aprendo allo sparo di Nibali.

Vincenzo si accende ai meno 3, la reazione è tardiva, per mancanza di gambe e forse di coraggio. Il volo del fuoriclasse azzurro trova il suo epilogo sul traguardo, al tramonto di una corsa che oscura, almeno in parte, il fallimento americano. Il Mondiale, chiuso pochi giorni fa, apre a diversi interrogativi sul futuro del ciclismo italiano, Varese restituisce al bel paese una certezza. Abbiamo Nibali, un campione.

Oggi va in scena, invece, la Milano - Torino. Si scala il Superga - 4,9 km, pendenze sopra il 9% - due volte, non c'è Nibali, a vestire i panni del capitano, in casa Astana, è Fabio Aru. La concorrenza è di livello assoluto: attenzione a Pozzovivo, Majka, Porte, Martin. Senza dimenticare Landa, ombra del vincitore della recente Vuelta.