Cordiale, simpatico, competente, paziente ma non fesso, umile. Cresciuto sotto due guide ciclistiche in particolare: la banda Ferretti ai tempi dell’Ariostea prima e dell’Mg poi, mentre in Nazionale era uno dei ‘portavoce’ preferiti di Martini durante le corse iridate. Ha la voglia d’imparare ancora viva, data dal fatto che mentre molti s’ingozzavano di panettone, lui a dicembre se ne stava in Inghilterra per alcune settimane di inglese full-immersion e partecipava ad incontri organizzati da squadre ciclistiche dove si approfondiva la tematica legata alla preparazione fisica in ambito ciclistico. Cose che a Bettini avrebbero fatto spuntare l’orticaria. Segue, perché roba sua, due scuole di ciclismo, cura da diversi anni l’Almanacco del Ciclismo. Ha corso negli anni forse più falsi del ciclismo e questa è l’unica cosa che non entusiasma, ma pensando a chi poteva essere al suo posto alziamo i calici senza remore. Ha carisma. Buono e caro, ma fino a dove lo decide lui, è stato l’unico nel luglio del 2009 a usare la parola “radiazione” alla notizia della positività di Danilo Di Luca al Giro del centenario. Ottimo amico d’un’enormità di ciclisti, commentatori, giornalisti, gode di molta stima da parte di questi ultimi sul fronte competenza ciclistica, tant’è che quando apriva bocca durante i dopo-tappa televisivi RAI, in sala stampa del Giro potevi d’improvviso sentir volare le mosche. Porta con sé conoscenze personali maturate da molti anni di lavoro a livello di dirigenti, direttori sportivi, sponsor e tutto quello che fa ciclismo. Insomma, è il dannatamente perfetto uomo-immagine per la Federciclo italiana che da questo lato è da un pezzo in prognosi riservata. Il Presidente della Federciclismo, Renato Di Rocco, ha detto che per la stessa Federazione sarebbe importante avere un Commissario Tecnico in voce e video. Parole che state certi non sono messe lì tanto per parlare.
Tutto bello se non fosse per il fatto che lui, Davide Cassani, non sarà soltanto questo, ma probabilmente anche la persona da cui ripartire per un progetto di rinnovamento a 360°, e che dovrà coinvolgere quasi ogni categoria e ruolo in ambito azzurro. Davide Cassani, 53 anni, è stato ciclista professionista dal 1982 (GS Termolan) fino al 1996 (GS Saeco). Ha corso come fedele gregario per i più grandi ciclisti italiani, dalla seconda metà degli anni ’80 alla metà degli anni ’90. Poco tempo dopo aver appesa la bicicletta al chiodo trova un ruolo alla Mercatone Uno di Pezzi e Gimondi. Non passa però molto che già lascia la stessa per la RAI. Forse perché aveva capito che quel ciclismo era cambiato, trasformato, forse troppo, dai tempi del suo ciclismo. Seguono tanti anni come apprezzato commentatore tivù, e adesso la sua terza vita ciclistica come CT della Nazionale. Fin da subito ha parlato di voler conoscere e all’occorrenza anche copiare chi in questi due decenni è rimasto zitto a osservare, capire, lavorare, crescere e vincere (Britannici e Australiani in primis) mentre noi italiani facevamo ancora festa dopo i due decenni targati dalla premiata coppia Conconi/Ferrari. Stando alle attese verso di lui, ed alla volontà espressa dallo stesso neo-CT, lo attende un lavoro enorme.
Non siamo più la scuola ciclistica che era esempio di organizzazione e risultati come negli anni ’90. Abbiamo vissuto di rendita, ma poi il credito è finito. Di questo si deve tener conto, soprattutto sul tavolo dei Capi (Federazione), ed ecco l’occasione per ripartire e riprogettare tutto o quasi. Dagli Under agli elite. Come fai? La base dev’essere costruita sugli uomini, le persone, i tecnici che abbiano competenza e la pazienza. Tornare a rivalutare la pista non soltanto quando manca un’anno a un’Olimpiade, seguire i giovani a cronometro – specialità che abbiamo preso a pesci in faccia negli ultimi 15 anni – e cerchiamo competenza per quanto riguarda la guida delle ammiraglie dei vari Gruppi Sportivi. Nel settore rosa Salvoldi (a proposito, lui il suo diploma in Scienze Motorie ce l’ha) è più avanti di tanti altri, con tremila euro al mese e meno chiacchiere. Ma dietro a questi due CT ci dev’essere un pensiero unico, dove la competenza dev’essere base per riempire le crepe formatesi dell’aver sottovalutato specialità importanti come pista e cronometro. Già nel decennio scorso Max Sciandri (forte candidato all’ammiraglia azzurra nella primavera scorsa) diceva ai tecnici italiani di passare in Inghilterra per dare un’occhiata al lavoro che i britannici stavano mettendo in piedi coi giovani. Ma i nostri competenti tecnici, boriosamente strapieni della loro grande autorevolezza ed esperienza, non ci pensavano nemmeno di andare a perder tempo per vedere come lavorava una Nazione che di lì a pochi anni avrebbe iniziato a bastonare gli avversari.
Oggi, quando il miglior velocista del mondo degli ultimi cinque anni è britannico, quando gli ultimi due vincitori del Tour sono britannici (anche se Froome è keniota di origine), quando Team Sky viene considerata una pietra di paragone per l’organizzazione ciclistica di alto livello, quando in quest’ultimo lustro forse ci siamo dimenticati che Wiggins arriva dalla pista, che anche Cavendish arriva dalla pista, che l’ultima iridata su strada italiana (2 volte) Giorgia Bronzini corre anche in pista, e su pista ha vinto una Coppa del Mondo, che nel ciclismo di prima fascia è rimasta una sola squadra italiana, che Vincenzo Nibali da solo porta più della metà dei punti UCI dell’Italia nelle classifiche 2013, facendoci capire che al momento dietro al siciliano c’è solo un bel nebbione. Chissà che restando zitti, osservando, ragionando e avendo voglia m’imparare, forse usciremo dal limbo da cui adesso Cassani deve provare a tirarci fuori. Il nuovo CT ha poco da perdere, ma solo perché un sacco di cose le abbiamo già perse per strada.