La scure della commisisone d'inchiesta antidoping del Senato francese si è abbattuta oggi sul Tour de France 1998. Le Tour du dopage, quello dell'affaire Festina, quello vinto da Marco Pantani davanti a Jan Ullrich e all'americano Bobby Julich. Tutti e tre finiti sulla lista nera, resa nota oggi dal quotidiano Le Monde. Tutti e tre sarebbero dopati. E purtroppo non sono questi gli unici nomi di spicco usciti dall'inchiesta: accanto a loro ci sono anche quelli Laurent Jalabert, Erik Zabel, Abraham Olano solo per citarne alcuni. Folta, e non è cosa di cui menar gran vanto,  la presenza italiana.

Il Pirata e Super Mario - Andrea Tafi e Mario Cipollini; ma anche Nicola Minali, Eddy Mazzoleni e Fabio Sacchi. E soprattuto Marco Pantani. Fa male leggere questi nomi sulla lista di quelli che nel Tour del 1998 hanno provato a fare i furbi. L'EPO ha trascinato nelle sue letali spire quelli che erano gli idoli assoluti del pedale azzurro: Mario Cipollini, il Re Leone, lo sprinter che dominava le volate nei grandi giri: quando c'era lui in zona, non ce n'era per nessuno. Nel 2002 la consacrazione Mondiale, qualche mese fa i primi sospetti di doping con il coinvolgimento nella lista del famigerato dottor Eufemiano Fuentes al quale si sarebbe rivolto dal 2001 al 2003; Andrea Tafi, l'eroe di due Parigi -Roubaix. 
Da idoli ad anti-eroi precipitati nella polvere, questa la triste parabola dei ciclisti finiti in questa black list.
La mente però corre subito a Marco Pantani, a quell'azione meravigliosa ed epica iniziata sotto il diluvio inerpicandosi sul Galibier e terminata a Les Deux Alpes, nell'apoteosi del ciclismo eroico di un tempo. Dietro, distante otto minuti, Ullirch arrancava sui pedali in preda a una crisi di fame, cercando di aggrapparsi con tutto quello che aveva a quella maglia gialla che lentamente ma inesorabilmente gli veniva sfilata dalle spalle. E poi Bobby l'americano, Bobby Julich che quel Tour lo concluse al terzo posto. 
Per il Pirata fu il canto del cigno, prima che in quel maledetto giugno 1999 l'ematocrito alto ponesse fine alla sua cavalcata in rosa e sancisse l'inizio del suo inferno personale che ebbe la sua triste conclusione il giorno di San Valentino di nove anni fa, in un residence di Rimini. E oggi questa mazzata, la conclamata realtà che il motore del Pirata, come quello di tanti suoi colleghi, qull'anno era truccato. Il Tour rimarrà al Pirata, così come non cambierà l'ordine d'arrivo finale. Ma resta, indelebile, la macchia dell'EPO.

Black list - Accanto ai nomi detti sopra, è lunga lista dei postivi illustri all'Eritropoietina: nella rete c'è cascato anche un altro re degli sprint, quell'Erik Zabel che proprio assieme a CIpollini rendeva elettrizanti gli ultimi 500 metri di ogni tappa pianeggiante. E con loro nel taccuino dei cattivi ci finiscono Laurent Jalabert, Bo Hamburger, Blijlevens, Olano (campione del Mondo 1995 e secondo al Giro d'Italia 1996); e ancora i francesi Desbiens e Jackie Durand. Quest'ultimo - che in quegli anni si era distinto per il coraggio e la costanza con cui si gettava all'attacco a ogni tappa, tanto di diventare il dominatore assoluto della classifica della combattività - sempre dalle colonne de Le Monde si è lanciato in una difesa del ciclismo attuale, secondo lui molto più pulito di quello dei suoi tempi: "Le nuove generazioni non devono pagare per le nostre fesserie [...] Il nostro sport è molto più pulito oggi, voglio che questo la gente lo comprenda". Per ciò che concerne una vera lotta al cancro del doping, ecco l'auspicio di Durand: "Io spero soltanto una cosa: che il Senato [...] faccia proposte serie per quel che concerne le leggi anti-doping. Altrimenti, tutte queste dichiarazioni non avranno altro effetto che non quello di screditare il nostro sport, che in materia di lotta antidoping è avanti rispetto alla maggior parte delle altre federazioni".