La légende du siècle. L'Equipe celebra così l'ennesimo trionfo di Roger Federer, dodici mesi dopo il ritorno vincente proprio a Melbourne. Cinque set con Nadal, cinque set con Cilic, analogie evidenti, diverso il fascino della sfida. Federer mette in archivio lo slam n.20, stacca ulteriormente Rafa e dà un'ulteriore pennellata alla sua leggenda. Difficile porre dei limiti allo svizzero, vicino a ritrovare anche la prima posizione mondiale. Nadal deve ascoltare i richiami di un fisico provato, Federer sembra galleggiare, leggero. Dopo l'assalto dello scorso anno - la scelta di partecipare a Montreal, con conseguente forfait a Cincinnati per problemi alla schiena - ora l'affondo sembra veramente a un passo. Una manciata di punti divide gli eterni rivali.  

Federer è il punto fermo di un circuito in divenire, piegato da promesse non mantenute - la generazione di mezzo, quella tra i fab four e i next gen - e ancorato all'ascesa di una nuova fazione, comandata dall'occhialuto Chung, ridicolizzato per un set e oltre da un Federer versione maestro proprio in Australia. Il nuovo-Djokovic, etichetta ovviamente peregrina stante momento e sviluppo del giocatore in questione, alla mercè del bagaglio tecnico di Federer, in grado con intelligenza di esporre Chung a un massacro. Soluzioni, improvvisazioni per acuire le naturali lacune di un tennista in fase di rodaggio, costretto a migliorare in più campi per assestarsi al vertice. 

Federer è così passato, presente e futuro, è un'onda travolgente in grado di catalizzare l'attenzione, di coinvolgere e stupire. L'epilogo di Melbourne è cartolina per i posteri. Le lacrime di Federer sono uno spot non solo per il tennis. Nell'umana reazione, in quegl'occhi vivi, gonfi, è racchiusa la grandezza. Il Federer dell'atto ultimo - in Australia - è più cose all'interno di un'unica cosa. Straripante, quando nel primo set confina Cilic all'angolo, gioca d'anticipo, toglie tempo e spazio a un rivale temibile, messo a nudo di fronte a palle senza peso, impossibili da rigiocare. Incerto, quando il corpo sembra accusare di colpo la lunga carriera, quando il passo per arrivare sulle bordate altrui è lungo, in antitesi rispetto alla consueta eleganza. Rabbioso, quando la partita trova la sua svolta, quando all'alba del quinto il piatto reclama storia e attenzione. Si scioglie Cilic, sale Federer. La testa oscura una condizione non ottimale, Roger da ragioniere avvicina il trofeo, mentre Cilic si eclissa al cospetto di un'altra occasione, sfumata. Da Wimbledon all'Australian Open, sempre con Federer. 

Non è solo un disavanzo tecnico quello che separa Federer e il resto del gruppo. In questa fase avanzata del suo percorso, lo svizzero sembra giocare senza alcuna preoccupazione, il suo tennis d'offesa è espressione di puro divertimento, di una passione smisurata. C'è poi la competizione, necessaria, ma è variabile che va ad incastonarsi in un contesto più ampio. Lucido, chirurgico, letale. Il Federer 2.0, quello in grado di eliminare dalla scacchiera anche i pochi limiti presenti in passato - il rovescio da arma d'attesa a letale colpo per aprire il campo o chiudere il punto - è un frullato di mente e corpo, programmazione e tranquillità. 

Un quadro perfetto, alla costante ricerca di nuovi orizzonti. Stuzzica Parigi - in molti auspicano una sfida sul Chatrier con Nadal, sul terreno dello spagnolo, in un torneo spesso foriero di delusioni per Roger - incombe Wimbledon. Federer si prende per ora qualche giorno di recupero, traccia la via, mentre gli altri, in affanno, inseguono.