Solo un incidente di percorso. Il k.o. inatteso e impronosticabile di Novak Djokovic contro il ceco Jiry Vesely a Monte-Carlo è stato ampiamente e immediatamente riscattato dal numero uno al mondo due settimane dopo, con il trionfo di ieri al Master 1000 di Madrid, avvenuto al termine di una finale combattuta e palpitante. Andy Murray, detentore del titolo del torneo della capitale spagnola, ha combattuto fino all'ultima palla, salvo cedere per la ventitreesima occasione su trentadue sfide alla consistenza del serbo, che torna così a vincere a Madrid a cinque anni di distanza dall'ultima volta (correva l'anno 2011, prima stagione d'oro nella carriera di Nole). 

Si è rivisto un tennis fatto di prolungati scambi da fondo campo, una sorta di braccio di ferro continuo, in cui a prevalere è stato il fuoriclasse di Belgrado, apparso molto determinato a tornare alla vittoria dopo lo scivolone del Principato. Eppure, non tutto il match ha riproposto il solito contrasto tra maratoneti, in quanto solo nel terzo set c'è stata battaglia dal primo all'ultimo punto. In precedenza i due finalisti si erano spartiti la posta, con Nole a dominare il primo parziale e Andy a replicare nel secondo. Per un attimo si è avuta anche la sensazione che il serbo potesse crollare in mezzo a qualche doppio fallo di troppo, causa o occasione di momenti di grande nervosismo, con palline scaravantate contro i teloni e conseguente richiamo dell'arbitro. Djokovic, sopra di un break all'inizio del terzo set, è stato ben presto rimontato dallo scozzese, mai così continuo nella spinta con i colpi di rimbalzo (soprattutto con il rovescio, letale in diverse circostanze), salvo rimettere la testa avanti nel punteggio e portarsi poi sul 5-3. Qui Murray si è salvato una prima volta sul suo turno di servizio, annullando un match point al numero uno al mondo, poi si è giocato il tutto per tutto dopo il cambio campo, ottenendo sette palle break per livellare di nuovo la partita.

Djokovic le ha salvate tutte con grande concentrazione, infilando un paio di dritti imprendibili dopo la prima di servizio, mentre in altre occasioni è stato lo scozzese a non riuscire a trovare l'accelerazione giusta. Sotto pressione e dopo oltre due ore di gioco, il serbo - che intanto aveva avuto a disposizione un altro match point - ha vinto quasi per sfinimento, con il britannico che ha sotterrato in rete due degli ultimi tre punti. Ancora una volta è dunque il numero uno al mondo a vincere nei confronti diretti con il rivale che in questo 2016 aveva già affrontato nella finale degli Australian Open, e che sta diventando il suo più credibile antagonista in assenza di Roger Federer e con Rafa Nadal non ancora tornato ai suoi standard migliori (quantomeno non con continuità). E Djokovic riparte da Madrid con la consapevolezza che quando riesce a rimanere concentrato su ogni punto è praticamente imbattibile, nella speranza di poter completare tra poche settimane il career Grand Slam sulla terra battuta del Roland Garros. Per ora si gode il secondo trionfo sul campo intitolato a Manolo Santana, aggiornando la contabilità dei suoi record: ventinove tornei Masters 1000 portati a casa, di cui sei degli ultimi sette (Shanghai, Parigi-Bercy, Indian Wells, Miami e Madrid), quinto sigillo stagionale (k.o. solo a Dubai e Monte-Carlo) e decima finale consecutiva vinta (non perde in un atto conclusivo di un torneo da Cincinnati 2015, per mano di Federer), per un totale di 64 titoli Atp in carriera.