Continua l'avvicinamento di Vavel Italia al Masters di fine anno. Dopo aver presentato Kei Nishikori, è ora il momento di concentrarsi su Tomas Berdych, numero sei della classifica Atp e alla sesta partecipazione consecutiva alle Atp Finals.
Il trentenne ceco è ormai sulla breccia da oltre un decennio - gli appassionati di tennis lo ricorderanno batter Roger Federer nelle ormai lontane Olimpiadi di Atene 2004 - mantenendosi sempre su standard elevati, ma mai capace di compiere quel passo successivo, necessario per la definitiva consacrazione e il mutamento di status da ottimo giocatore a campione affermato. La stagione 2015 di Berdych non ha fatto eccezione rispetto alle precedenti disputate da questo gigante dai fondamentali potenti e consolidati, cui però è mancato l'acuto che avrebbe reso la sua annata ancor più prestigiosa. Due i titoli Atp conquistati, entrambi nell'ultimo mese, quelli di Shenzhen e di Stoccolma, tre le finali perse: a Doha contro David Ferrer, a Rotterdam contro Stan Wawrinka e a Montecarlo contro Novak Djokovic. Il 2015 di Berdych si è aperto con la vittoria a sorpresa nei quarti di finale degli Australian Open su Rafa Nadal, tre set a zero per regalarsi un posto tra i primi quattro a Melbourne, prima di essere sconfitto in semi da Andy Murray. I primissimi mesi sono stati tutto sommato positivi per Berdych, arrivato sempre lontano anche a Dubai e a Rotterdam, tanto da far pensare a un cambio di passo nel rendimento del ceco anche nel prosieguo della stagione.
Il primo appuntamento con il cemento americano lo ha visto cedere nettamente a Federer nei quarti di Indian Wells e ancora a Murray in semifinale a Miami. Il miglior torneo di Berdych resta probabilmente quello monegasco, in cui ha sfruttato un tabellone non impossibile per issarsi sino all'atto conclusivo, arresosi davanti all'inarrestabile Djokovic. Per Berdych, giocatore polivalente su tutte le superfici, anche la stagione sulla terra rossa ha confermato la sua costanza ad alti livelli: detto della finale nel Principato, il nostro ha ceduto solo ai fuoriclasse Nadal e Federer negli altri due Master 1000 di Madrid e Roma, per poi essere eliminato negli ottavi del Roland Garros dal beniamino di casa Tsonga. L'erba non gli ha invece regalato troppe soddisfazioni, fuori ad Halle contro Karlovic e k.o. ancora in ottavi a Wimbledon (torneo in cui è stato finalista nel 2010) contro Gilles Simon. Malissimo a Montreal e Cincinnati, sorpreso rispettivamente da Donald Young e Alexander Dolgopolov, Berdych ha fallito anche l'appuntamento con gli Us Open, stoppato per la terza volta di fila tra i migliori sedici di uno Slam da un francese, questa volta Richard Gasquet. Ecco che l'annata del ceco ha cominciato a prendere la piega consueta, buona e costante fino a un certo livello, deludente quando si è trattato di provare a competere con i migliori giocatori del circuito.
Gli ultimi mesi del 2015 sono stati altalenanti: battuto da Bolelli a San Pietroburgo, Berdych ha poi vinto a Shenzhen, per essere ancora sorpreso da Cuevas a Pechino e maltrattato da Murray a Shanghai. Tornato in Europa, si è rifugiato nel torneo di Stoccolma, vinto per la seconda volta in carriera, prima di sprecare una buona occasione contro Djokovic a Bercy, in un match perso con doppio 7-6 in cui ha avuto le sue chances per trovare il colpaccio. Si presenta ora al Masters con un bilancio di 59 vittorie e 17 sconfitte, suo score consueto alla fine di ogni stagione. Obiettivo minimo superare il round robin, ostacolo insormontabile nella sua ultima apparizione alla O2 Arena di Londra.
La superficie - il veloce indoor - delle Atp Finals dovrebbe favorirlo, anche se va sottolineato come il ceco abbia in carriera preferito più i campi in cemento outdoor che il rapidissimo sintetico dei tappeti al coperto o i rimbalzi irregolari dell'erba. In una stagione in cui è parso muoversi meglio sul campo, anche grazie alla perdita di peso e di parte di massa muscolare, Berdych non è riuscito a trovare quel colpo che potesse aiutarlo a venir fuori da partite equilibrate, poi perse anche per una certa timidezza caratteriale negli scontri importanti. Consistente al servizio e con i fondamentali da fondo, il ceco fa tutto bene ma nulla benissimo, non è un regolarista (nè lo sarà mai per caratteristiche atletiche) e nemmeno un giocatore che riesce a chiudere lo scambio sull'uno-due, venendo a prendersi il punto a rete. La sua speranza ora è di non incappare in un girone impossibile, ma di trovare magari avversari stanchi, che possano lasciargli strada verso una semifinale che al momento costituisce l'obiettivo minimo - e forse anche il massimo - di un giocatore ancora incompiuto.