Una finale anticipata, secondo un classico luogo comune, quanto mai azzeccato. Djokovic e Nadal, sulla terra rossa quanto di meglio si possa anelare. Il numero uno, il cannibale, Novak Djokovic e il più forte giocatore sul rosso della storia, Rafael Nadal. Vince il serbo, con un 63 periodico che rafforza la convinzione di una leadership oggi assoluta, ma dalla semifinale di Monte-Carlo esce rinfrancato lo spagnolo, perché i segnali sono inequivocabili, Nadal sta lentamente risalendo la china e, a tratti, è evidente l'affiorare dell'antico Nadal.
A decidere la partita sono alcuni momenti chiave in cui Djokovic emerge quasi sempre vincitore. Un settimo gioco eterno, griffato da alcuni colpi bellissimi, segna la svolta del primo set, così il settimo gioco del secondo lancia Djokovic alla vittoria. Sono momenti in cui a Nadal manca il colpo di chiusura, la capacità di spingersi oltre il limite, eppure non mancano altrettante occasioni in cui Rafa si rivolge al pubblico e a se stesso, per incitarsi, caricarsi, sentirsi vivo. Alza il ginocchio, stringe il pugno, corre a perdifiato, con umiltà. Un tennis di sacrificio, spesso lontano dalla riga di fondo, un tennis che sfianca a tratti anche il miglior Djokovic.
Nadal ha un inizio promettente, favorito da un passaggio a vuoto di Djokovic, che cede la battuta in apertura e si ritrova a fronteggiare palla break sotto 2-0. Qui Djokovic appare nervoso, deraglia due volte di rovescio e il rischio è di veder scappare Nadal. L'attenzione sale sulla palla game, dritto puntuale e recupero di Nadal in corridoio. Scampato il pericolo, Djokovic entra in partita e il livello sale esponenzialmente. Palla corta, seguita da un lob perfetto, palla break Djoko e 2-2 a seguire. Inizia un'altra partita.
Il settimo gioco entra di diritto nel museo di Monte-Carlo. Djokovic compie uno straordinario recupero e neutralizza a rete la palla corta di Nadal, lo spagnolo inventa un dritto fulmineo in contropiede e sale a palla break, il serbo si affida nuovamente allo schema smorzata-lob e chiude con lo smash, Nadal è un leone, ma Djokovic a rete è semplicemente perfetto. 4-3 e scossa al parziale, con Nadal, stremato dal game precente, che cala al servizio e si offre, non riuscendo a giocare il colpo sull'opportunità di rottura. Gli errori, sul fronte iberico, aumentano, Djokovic vola, mette a segno un parziale di 14 punti a 7 e conquista per 6 giochi a 3 il primo set.
Nel secondo, il divario tra i due è più evidente. Djokovic mantiene senza patemi la battuta, per Nadal è invece un'eterna via crucis, ma il punteggio resta incollato ai turni di servizio, perché orgoglio e carattere contano nel tennis come in qualsiasi sport. Rafa, di rincorsa, sbatte la porta in faccia al numero uno nel primo gioco del secondo set, cancella due palle break e tiene viva la speranza. Sul 3-3, però, il colpo definitivo, il montante che manda al tappeto Nadal. Lo spagnolo si porta sul 40-0, ma la rimonta di Djokovic è repentina, favorita sì da un doppio fallo di Nadal, ma anche da un gioco in risposta ai limiti dell'umano. Profondità, ritmo, pressione, Djokovic è ingiocabile, eppure Nadal, con due recuperi stroardinari, elimina la palla break, strappando l'assenso anche del rivale. Dopo oltre undici minuti, il dritto tradisce Rafa e il 4-3 è realtà. Djokovic non si volta indietro, non mostra pietà alcuna, troppo rischioso concedere a Nadal il rientro, arriva il 5-3 e a ruota un altro game di incontro super. Rovescio incrociato, braccia al cielo, Nadal piegato dalla parte opposta. Al centro la stretta di mano, Djokovic è il più forte, Nadal pensa a Parigi.
In finale, il serbo, da stra-favorito, attende il ceco Berdych. 6-1 6-4, una partita dominata da Berdych e non giocata da Monfils. Consistente il ceco, soprattutto al servizio. Scambi brevi, vincenti in serie, oltre l'80% di punti con la prima. Monfils chiude mestamente un torneo illuminato dai successi con Dolgopolov, Federer e Dimitrov. Troppo scarico il francese, forse, semplicemente, Monfils.