Nel pugilato, la spugna lanciata al centro del ring è un segno di resa. Un riconoscimento della superiorità dell'avversario, una salvaguardia della propria incolumità. Milos Raonic, uno dei migliori prospetti del tennis mondiale, ha probabilmente pensato, per un attimo, di riconoscere l'intoccabilità di Roger Federer. Non esistono nel tennis leggi in tal senso e allora la lezione, perché di questo si è trattato, è durata per due set interi, seppur di durata non eccessiva.
6-2 6-3, ma soprattutto una sensazione di leggerezza senza eguali. La grandezza di Federer risiede nel rendere semplice ogni cosa. Arriva prima, della pallina, del suo avversario, di qualunque cosa. Gioca con grazia, quasi fosse un semplice palleggio, uno scambio amichevole. Raonic si danna cercando una chiave, un grimaldello. Vede la sua migliore arma, il servizio, neutralizzata, con apparente facilità.
In risposta non scalfisce le certezze di Roger, che concede al canadese una sola palla break. 88% di punti con la prima per Federer, per Milos solo il 68%, nulla considerando le percentuali abituali del nativo di Podgorica.
Non la prima batosta che Raonic subisce da Federer, probabilmente non l'ultima. Esiste un divario tecnico che la differente età non può colmare. L'ardore giovanile non può spingersi a chiudere un vortice aperto da braccio e mente tennistica. La varietà del re, l'arsenale illimitato di soluzioni e sfizi dello svizzero gioca un ruolo chiave contro un tennista fortissimo ma ancora oggi ancorato ad un solo schema.
Ora, per Federer, la finale, da favorito, contro David Ferrer.