E’ stato bello finché è durato. Ora riparleranno male di lui. Sarà sempre additato come un’eterna promessa incompiuta. Si sono dimenticati le imprese su Berdych di giovedì, su Gasquet di ieri. Si sono dimenticati il bel gioco e le accelerazioni di dritto. Si sono dimenticati che a Montecarlo, in semifinale, mancavamo dal 1995. Sono bastati 51 minuti per ritornare sulla terra. Una notte per sognare l’impossibile, l’irrealizzabile.

Djokovic è stato perfetto. Fabio non ci ha neanche provato. Djokovic è stato solido, in palla. Quell’olimpica calma di rendere le cose difficile semplici. Quell’olimpica calma di far diventare una semifinale di un Master 1000 una partita d’allenamento. Fabio è stato troppo falloso, troppo poco determinato a cambiare un finale già scritto. Se gioca come ha giocato questa settimana le occasioni arriveranno. Basta crederci e il primo a crederci deve essere lui.

La partita è durata poco, pochissimo per essere anche solo accennata: Djokovic indossa il vestito migliore. Macina accelerazioni manco si stesse giocando la finale del Roland Garros, con Fabio che è troppo teso per poter anche solo muovere la racchetta e man a mano si scioglie come se fosse neve al sole. Tre games li ha raccolti anche Volandri in semifinale a Roma nel 2007 dopo aver battuto Federer; come si suol dire, gli strani casi del destino.

Ora ci aspetta una grande finale dall’esito affatto scontato: da una parte Nadal (anche oggi non al 100% ha domato Tsonga) imbattuto da 47 partite a Montecarlo. Dall’altra parte Djokovic, che dopo i dubbi legati alla caviglia ha dimostrato partita dopo partita una condizione e una solidità di gioco invidiabili.

Che il gioco abbia inizio…