Meno di due giorni al fischio d'inizio: Milano si avvicina ad assistere nuovamente al derby, con una città che da lunedì non pensa ad altro, in un clima di frenesia che si comincia a rallentare e lascia spazio a ansie e tensioni.
I giorni che non passano mai
Avete presente quella solita frenesia milanese, quella corsa forsennata tipica della grande città? Beh, dimenticatevela. Il cielo su Milano sembra trattenere il respiro da giorni. Una tensione sottile ma inesorabile avvolge la città, insinuandosi nelle case, nei bar, negli uffici. Non serve guardare il calendario, si sa già che c'è una data segnata in rosso: lo si legge negli sguardi della gente, nei discorsi sussurrati, nel modo in cui, per una settimana intera, l'argomento 'calcio' fa quasi paura. C'è il derby. La partita è domenica, ma la città si agita da almeno una settimana prima.
Il lunedì mattina ha sempre un sapore strano, non c'è la solita routine tranquilla: il primo pensiero è sempre rivolto a cosa può succedere domenica. A lavoro o a scuola, si inizia a fantasticare sui rientri degli infortunati, su chi non verrà convocato. Nei bar il caffè è accompagnato da nervosismo, mentre sui telefoni le uniche notifiche importanti sono quelle che arrivano dalle applicazioni calcistiche. Siamo all'inizio di una settimana lunghissima, col cuore che va troppo veloce e il tempo che sembra rallentato.
A metà settimana la tensione diventa quasi un rituale, una sorta di scaramanzia: tra chi finge indifferenza, cambiando rapidamente discorso, e quelli che vivono ogni istante come se il derby fosse già iniziato, la città inizia ad animarsi. Partono i gesti 'fortunati', come l'indossare una maglia precisa o il non sentirsi con determinati amici perché "ogni volta che ci parlo perdiamo". Si tratta di una sorta di liturgia collettiva, un insieme di gesti che funzionano per fede, non per logica.
Il venerdì e il sabato, invece, non si dorme. Il cuore è già in fibrillazione, il respiro è talmente pesante da poterlo tagliare. Si immaginano scenari, si fanno pronostici, si rivedono vecchie partite. Il derby entra nella mente come un ospite che non bussa, ma si accomoda nell’angolo più rumoroso dei pensieri e comincia a parlare. Lo senti mentre guidi, mentre cucini, mentre lavori. È sempre lì. E allora capisci che non serve più scappare: l’unica cosa da fare è aspettarlo.
La domenica, tra rituali e paure
E poi arriva il giorno. La mattina del derby non appartiene alla normalità: l'aria è densa, quasi come se la città avesse passato una notte intera a trattenere il fiato. Ci si sveglia con un misto di paura, trepidazione e con un nodo allo stomaco, di quelli che sai già che non ti faranno toccare cibo fino a sera. E poi ci si divide in due.
Chi va allo stadio vive tutto il viaggio quasi come fosse un pellegrinaggio. La metro si riempie di sciarpe, bambini emozionati che stringono la mano ai padri, gruppi di amici che scherzano per non pensare troppo. C'è la solita birra pre-partita, vestiti con la sciarpa di sempre, con gli amici di una vita, pronti ad entrare nello stadio e a riempire i seggiolini.
Chi resta a casa ha i propri rituali scaramantici. Si passa dalla posizione sul divano fino alle sciarpe disposte in un determinato ordine, la maglietta è la solita dei derby, non si cambia mai. In fondo, tutti sono tesi, anche se nessuno lo ammetterà mai. Ma è il derby.
L'inizio del derby
Poi si inizia. Le luci di San Siro si abbassano, il volume si eleva all'infinito e i giocatori entrano in campo in un clima surreale. I cori si alzano come delle onde, da una parte all'altra dello stadio, e fuori la città sembra paralizzata, come se qualcuno avesse congelato il tempo. Quel respiro profondo che accompagna il calcio d'inizio è la fine della tensione settimanale e l'inizio delle emozioni che solo un derby sa portare con sé.
Quei 90 minuti resteranno ancora, almeno fino al girone di ritorno, come la corona momentanea di Milano, in grado di far cantare all'una o all'altra squadra che la città ha solo due colori. E, per sapere quali saranno i colori predominanti in questa prima parte di stagione, dobbiamo ancora aspettare due giorni.
Dobbiamo ancora aspettare il derby, accompagnato dalle sue mille sfaccettature ed emozioni.
Buon derby a tutti.