Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in una nota scena e lo sono ancora di più quando servono per descrivere ed affrontare situazioni delicate. Per questo, la conferenza stampa della vigilia di Rino Gattuso prima della sfida tra il suo Milan, in un momento a dir poco difficile, ed il Bologna, assume connotati particolari.
È un Ringhio contrito quello che approccia i microfoni, ma dalle opinioni ben salde e precise, a partire dalla risposta a chi gli chiede dei due giorni di riposo dopo la gara col Benevento, previsti ma poi revocati dopo la figuraccia: “Non c’è stato nessun confronto, abbiamo toccato il fondo e ora dobbiamo assumerci le nostre responsabilità, io in primis. Non mi sembrava il caso di lasciare due giorni liberi. Anche io avevo i biglietti per andare in Spagna, ma sono rimasto qui a lavorare".
In generale, il Milan è in un momento nero, con la vittoria che manca da oltre un mese ed una serie di prestazioni decisamente sottotono. A riguardo, l'allenatore calabrese ha evidenziato come secondo lui segnali negativi di carattere psicologico fossero presenti già dalle sue prime partite: “Ho detto che avevo visto una squadra senz’anima e si è visto. Qualcuno mi ha preso per scemo, ma io non lo sono e quando dico che questa squadra deve sempre continuare a stare compatta e corta non dico cose sbagliate. E’ vero che abbiamo 57 partite sulle gambe e siamo stanchi, ma quando inizi a sentire che qualcosa non funziona devi cambiare qualcosa e fare le cose con organizzazione e umiltà. La cosa che mi fa arrabbiare, però, è che questi segnali negativi in allenamento non ci sono, ma solo in partita. Non servono rivoluzioni, quello da cui dobbiamo partire è la testa, è questa che manca”.
Calo di prestazioni e risultati che ha portato il Milan fuori dalla corsa alla Champions, ed anzi, ha costretto i rossoneri a guardarsi le spalle per la bagarre dei posti che valgono la prossima Europa League. Ovviamente, aver iniziato la preparazione atletica in netto anticipo la scorsa estate influisce sulla stanchezza a questo punto della stagione, ma come suo solito Gattuso rifiuta gli alibi e prova a tenere i suoi sulla corda, sottolineando come non si possa staccare la spina prima del rush finale, decisivo per le sorti della stagione. “E’ fisiologico avere un calo, il problema è che in questo momento non abbiamo tempo per pensare, fare gli esperimenti o far riposare chi è stanco. Noi ci stiamo giocando ancora tanto e per questo non posso ancora staccare la spinta. Se vi faccio vedere gli allenamenti di un mese fa e di oggi sono completamente diversi, oggi i giocatori riescono a mantenere picchi di fatica molto maggiori, ma non basta. Non basta allenarsi bene, bisogna capire il momento dei compagni, bisogna avere l’occhio della tigre in campo, bisogna capire che bisogna fare una corsa preventiva se c’è un pericolo e non pensare che lo può fare un compagno. Dobbiamo crescere tanto".
Emblematica anche la risposta alla domanda sul suo morale, in pieno stile Gattuso, per svegliare e caricare l'ambiente: “Sono incazzoso, non vinco da 40 giorni, non posso venire qui a raccontare barzellette, venire qui a sorridere sarebbe una mancanza di rispetto. Qualcuno ha scritto che i ragazzi sono arrabbiati perché non ho dato i due giorni liberi? E’ il minimo, sbagliate voi a scriverlo. Sono deluso e arrabbiato, ma mancano ancora 4 partite e una finale e ci stiamo giocando ancora qualcosa di importante”.
Dopo aver rimandato velocemente al mittente la domanda che parlava di troppa pressione sulla panchina rossonera, il mister si è finalmente concentrato sulla gara contro il Bologna: "Sarà una partita simile a quella fatta col Torino. Sono una squadra meno tignosa, ma con grande qualità davanti. Verdi ancora non si capisce che piede usa meglio e Palacio e Di Francesco sono tecnici e veloci in più potranno giocare senza pensieri: la cosa che mi preoccupa di più è la loro spensieratezza. Senza stress il pallone pesa di meno e le gambe vanno più forti”.
Dopo aver analizzato gli avversari, si è passati anche alla componente prettamente tattica, ed ai cambiamenti degli ultimi mesi del Milan: "Col Benevento abbiamo difeso 20 metri più alto rispetto al solito, abbiamo fatto 42 cross, ma non abbiamo preso una palla di testa, non abbiamo mai attaccato il primo palo. E’ vero che le nostre migliori partite sono arrivate recuperando palla e ripartendo. Da due mesi a questa parte abbiamo cambiato, partiamo dal basso e lavoriamo le catene, il problema è che poi arriviamo in area e facciamo il solletico agli avversari. Dobbiamo essere più velenosi: le conclusioni non sono perfette, i tagli delle mezz’ali sono diminuiti, i movimenti delle punte non sono incisivi”.
Diversi punti della conferenza hanno riguardato anche i pareri sui singoli, da Calhanoglu ("Ha caratteristiche che nessun’altro in rosa ha. Io non ho bisogno di ritrovare Hakan, ha me serve ritrovare la squadra") agli attaccanti, ed in particolare al meccanismo con il quale vengono scelti. Non tanto le reti o le prestazioni in campo, per il campione del mondo 2006 la discriminante nel continuo ballottaggio al centro dell'attacco è l'allenamento: "Per me vale come si allenano i giocatori durante la settimane, avrete visto anche con Andrè Silva, ha fatto due gol consecutivi e poi è rimasto fuori, per me l’allenamento conta. Non posso pensare che uno fa il pirla in settimana e poi gioca, guardo agli allenamenti anche perchè il valore è simile". Qualche battuta ha riguardato anche le condizioni fisiche di Romagnoli ("lo valuteremo la settimana prossima, ha ricominciato a correre") e Biglia: "Ha un infortunio serio, lui ha grande entusiasmo, voglia e senso di appartenenza, ma dobbiamo frenarlo perché è ancora presto".