Aveva qualcosa da dimostrare Lorenzo Insigne. La rabbia, la frustrazione e la delusione per dieci giorni vissuti in sordina, seduti in panchina a guardare i compagni di Nazionale soffrire prima a Stoccolma, poi a San Siro. Rabbia repressa, immagazzinata tra le polemiche di una mancata partecipazione alle sfide più importanti in vista del Mondiale di Russia 2018. Tempo di archiviare tutto, però, di provare a buttarsi il rammarico e l'insoddisfazione alle spalle, tramutando il tutto in una scarica di adrenalina, di energia, da mettere al servizio del suo Napoli. Detto, fatto. Lorenzo 'il Magnifico' si carica la squadra sulle spalle, da leader emotivo, tecnico, carismatico, trascinandola nella notte del San Paolo contro un buon Milan all'undicesimo successo stagionale.
Vittoria doveva essere. Vittoria è stata per la squadra di Maurizio Sarri, la quale aveva da recuperare terreno dopo il pareggio di Verona contro il Chievo e consolidare, con forza e personalità, quel primato che anche al termine di questa tornata, la tredicesima, resterà saldamente tra le mani dei partenopei. Non è stata tuttavia una delle versioni più scintillanti dei napoletani da inizio stagione a questa parte, perché alla buona applicazione tattica del Milan di Vincenzo Montella, si è unita una scarsa precisione ed efficacia dei padroni di casa in fase di rifinitura e di conclusione. Nonostante il netto predominio territoriale - il Milan nel primo tempo non ha mai toccato palla nell'area del Napoli - Hamsik e compagni hanno faticato nei primi venticinque minuti a scardinare la folta rappresentanza rossonera nella fascia centrale del campo. Ne ha approfittato un ottimo Mario Rui per mettersi in mostra e scacciare tutte le critiche sul suo conto, sebbene i pericoli creati dal portoghese siano risultati tutti effimeri.
Tutt'altro che effimeri gli ultimi venti minuti di primo tempo di Insigne, il quale con la collaborazione di Jorginho hanno impresso l'accelerata decisiva alla gara, mettendo in ginocchio gli ospiti a cavallo tra la mezz'ora e l'intervallo. Il Napoli si è lasciato trascinare dalla verve del talento di Frattamaggiore, fromboliere che sull'assistenza del regista italo-brasiliano ha collezionato il gol del vantaggio, quello che ha contribuito ad aprire la scatola difensiva rossonera. Altre due occasioni, nitidissime, per il ventiquattro nel giro di pochissimi minuti, sciupate o disinnescate dal compagno di Nazionale Donnarumma. Quando i partenopei hanno alzato il ritmo e la velocità della manovra, per il Diavolo non c'è stata partita, con il labiale di Bonucci impietoso verso la panchina "e che dobbiamo fare?".
Di diversa fattura la ripresa. Il Napoli, forse condizionato da un calo fisico, ha abbassato fin troppo il raggio d'azione, il baricentro, concedendosi al palleggio milanese, costante ma poco propositivo e soprattutto pericoloso. Di contro la squadra partenopea si è mostrata - confermandosi - solida e compatta difensivamente, con Koulibaly ancora una volta statua d'ebano a protezione della porta difesa da Pepe Reina, il quale ha sbrogliato soltanto l'ordinaria amministrazione e poco più. Sontuosa, marmorea, la prestazione del centrale senegalese, impressionante per capacità e tempismo d'intervento su Kalinic e Silva, così come in copertura sull'esterno su Borini. Il Napoli non ha lasciato nulla al Milan, soltanto sterili conclusioni dalla distanza, riuscendo in contropiede con Zielinski - finalmente positivo il suo approccio dalla panchina - a chiudere la sfida.
Il gol nel finale di Romagnoli è un jolly personale che macchia soltanto le statistiche di squadra dei padroni di casa, ma non ha mutato la sostanza delle cose e soprattutto non ha rovinato in alcun modo la fotografia che inquadra alla perfezione la differenza strutturale tra le due squadre al momento. Il Napoli porta a casa una preziosissima vittoria, l'undicesima, che consente ai partenopei di mettere pressione sia sulla Juventus - impegnata a Marassi contro la Sampdoria - che sull'Inter. Vincere, si sa, aiuta a vincere. Il Napoli lo sta capendo.