E' un Napoli fiacco e opaco quello che torna dal Bentegodi di Verona con il primo pareggio stagionale lontano dal San Paolo. Uno 0-0, il secondo da inizio stagione che fa seguito a quello con l'Inter rimediato nel catino di Fuorigrotta, che tuttavia consente ai partenopei di approdare alla sosta di campionato da primi della classe nonostante la Juventus abbia accorciato di due lunghezze. Il Chievo di Rolando Maran è stato abile a sfruttare una versione degli azzurri scialba e senza particolare mordente, probabilmente fin troppo scarica dal punto di vista mentale dopo l'estenuante battaglia di mercoledì contro il Manchester City per impensierire l'ordine e l'equilibrio della squadra gialloblu.
Il Napoli visto in terra scaligera è lontanissimo parente di quello brillante ammirato fino a qualche giorno fa. Una squadra che paga chiaramente dazio in termini di lucidità e di ferocia soprattutto al termine di un ciclo, quello di ottobre, affrontato a mille all'ora e sempre con gli stessi interpreti. L'inefficacia e l'imprecisione dell'attacco azzurro sfociano inevitabilmente nell'atavico problema della coperta corta, della mancanza di sostituti che soprattutto nel tridente offensivo tende a limitarne la produzione quando ai vari Insigne, Mertens e Callejon manca l'ossigeno per essere risolutivi nei momenti che più contano. Nonostante il solito predominio territoriale, al Bentegodi il Napoli risulta sterile e soprattutto mai pericoloso dalle parti di Sorrentino, fatta eccezione per il destro incrociato di Callejon nel primo tempo e per la conclusione di Insigne, centrale, a cinque dal termine.
In mezzo tanta confusione e tanta stanchezza, con Jorginho annebbiato in cabina di regia che sbaglia più passaggi di quanti ne fallisce usualmente in tutto il campionato. Ne deriva una manovra lenta e macchinosa, che stenta a creare superiorità sia in mediana che sulle corsie laterali; chiaro il riferimento all'assenza di Ghoulam, ma non è di certo a Mario Rui che vanno imputati i mali dei partenopei, anzi. Il portoghese si rende protagonista di una gara comunque positiva. Chi viene a mancare clamorosamente sono le due mezzali, Zielinski - la cui involuzione sorprende sempre più - ma soprattutto Marek Hamsik, che record o non record appare costantemente ombra di se stesso, incapace nel rendersi pericoloso dalle parti di Sorrentino e soprattutto timoroso quando a porta spalancata rifiuta un paio di conclusioni dal limite che sarebbero nelle sue corde. Qualcosa non va, lo slovacco è intimorito, pauroso, irretito da qualcosa che gli offusca la mente piuttosto che il corpo.
La difesa regge l'urto delle poche, pochissime avanzate dei padroni di casa. Raramente Inglese e soci mettono la testa fuori dal guscio, con Sepe che funge da spettatore pagato in grado comunque di sbrogliare l'ordinaria amministrazione con personalità e carisma. Anche le sostituzioni di Sarri non sono riuscite a far cambiare marcia alla squadra, fin troppo compassata nel girar palla e tentare le imbucate alle spalle della linea di centrocampo clivense. Il pareggio di Verona va in archivio comunque con un pizzico di positività, quella data dal primato conservato in classifica e dal fatto che, probabilmente, in altri tempi al termine di questa sfida i partenopei sarebbero tornati a casa con il sacco vuoto di punti. Ciò dimostra in ogni caso una crescita mentale del gruppo, che però non basta a fugare i dubbi relativi al turnover, a una rosa fin troppo scarna e priva di ricambi e alla stanchezza degli interpreti che sembra sempre più evidente.