Due gol, quattro assist. Le prime quindici presenze in maglia Milan di Hakan Calhanoglu hanno sicuramente deluso le attese della tifoseria rossonera riguardo il trequartista turco-tedesco, il cui arrivo dalle parti di Milanello aveva in estate infiammato gli animi e contribuito - assieme al resto degli investimenti - a far credere all'Italia tutta di un pronto ritorno della squadra di Montella nel Gotha del calcio nostrano. Quindici partite sembrano bastate invece ai più, per il momento, per capovolgere giudizi ed impressioni sul talento ex Bayer Leverkusen, da sempre condizionato e decisamente fragile dal punto di vista della personalità e del carattere. 

Questione caratteriale - Apparentemente introverso e solitario, il dieci rossonero ha faticato fin qui nella sua avventura milanese per svariati motivi, i quali si intersecano fino ad ottenere un deludente risultato finale. Lo stop per squalifica non gli ha sicuramente facilitato il compito dell'inserimento in un contesto tecnico e tattico, quello della Serie A, del tutto nuovo e completamente diverso rispetto all'ambiente della Bundesliga, inoltre, le difficoltà oggettive della squadra di Montella nel far gioco ed imporre le proprie idee, unite ad un posizionamento ed un uso probabilmente erroneo o comunque poco adatto alle sue caratteristiche, hanno fatto il resto. Calhanoglu ha fin qui avuto estreme difficoltà nel rendersi pericoloso in zona gol, oltre ad ergersi a protagonista nelle singole azioni come era solito fare. 

Il giorno della presentazione di Calhanoglu - Foto Ac Milan

Come suddetto, il turco-tedesco non è mai emerso dai rispettivi contesti di riferimento per personalità e carisma, motivo spiegato in parte dalla sua giovane età, ma soprattutto per indole e carattere - diametralmente opposti da quelli di Suso, per fare un paragone con un compagno di squadra, già formatosi e pronto a caricarsi la squadra sulle spalle. Non è mai stato un trascinatore, se non con le giocate personali in campo, un fromboliere, un cuor di leone. Aspetto per il quale tende a subire fin troppo e nascondersi, in campo e fuori, quando le cose non girano per il verso giusto. Lo si è visto, in parte, anche nell'avventura in Germania al Bayer Leverkusen, esaltatosi quando la squadra di Schmidt estasiava l'Europa e la Germania, irretitosi invece negli anni successivi quando le aspirine non sono riuscite a confermarsi. Nelle difficoltà, come detto, emerge la fragilità caratteriale del trequartista, la solitudine di chi vorrebbe ma non riesce a scuotersi dal punto di vista emotivo. 

Questione tattica - Non contribuisce alla sua esplosione ed affermazione anche l'aspetto tattico del nuovo contesto milanista. Il 3-5-2 di Montella non si sposa per niente alle caratteristiche tecniche del turco, incapace da mezzala nel mettersi al servizio della squadra per svariate ragioni: troppo compassato il suo ritmo di gioco per giocare in quella posizione, troppo campo da ricoprire e fin poche opportunità per rendersi protagonista del gioco e pericoloso in zona gol/assist. Conseguenza naturale è stato lo spostamento di qualche metro in avanti optato dall'aeroplanino nella sfida di Verona contro il Chievo, una sorta di 3-4-2-1 che ne ha facilitato i compiti di posizione, limitando quelli di corsa ed inserimento. Tuttavia, la situazione di gara ha influito positivamente sul suo animo e sul suo coinvolgimento, circoscrivendo inoltre anche i compiti di copertura in fase difensiva. 

L'esultanza di Calhanoglu dopo il gol di Verona - Foto Ac Milan

Prestazione positiva, al di là del gol, che sembrava aver fatto voltare definitivamente pagina al trequartista rossonero, il quale ha ritrovato nuovamente difficoltà tecniche e tattiche nella sfida di San Siro contro la Juventus. Per il momento nel catino meneghino il turco non è mai riuscito ad imporsi, a coinvolgere il pubblico con le sue giocate, finendo probabilmente per subirne la pressione. Quasi mai sabato ha trovato spazio alle spalle del duo di mediani juventini, né mai ha provato a mettersi in proprio abbassandosi o provando ad andare a prendere la sfera in posizioni diverse, soprattutto nella ripresa.

Una solitudine, quella di Calhanoglu, che rischia di diventare una trappola prima di tutto dal punto di vista mentale piuttosto che tattica e successivamente tecnica. Tuttavia, il turco sembra essere, con Suso, l'unica chiave di (s)Volta per consentire al Milan di cambiare registro, dal punto di vista qualitativo, del gioco. In tal senso il calendario potrebbe aiutare i rossoneri, che da qui a Natale affronteranno - Napoli escluso - tutte squadre che sono tranquillamente abbordabili. Motivo per il quale il Diavolo e Calhanoglu si stringeranno a braccetto per riprendere morale e fiducia, punti e classifica. E' la via giusta per la resurrezione, individuale e di squadra?