Dopo gli anni difficili trascorsi a Napoli, Ivan Strinic è pronto ad essere protagonista in Serie A, con la maglia della Sampdoria. Il terzino croato ha già impressionato nelle prime uscite con i blucerchiati, diventando un punto fermo nello scacchiere di Marco Giampaolo, però in una intervista concessa a Repubblica il giocatore ci tiene a sottolineare quali problematiche abbia affrontato nel capoluogo campano: “Ero venuto in Italia con grandi speranze, avevo scelto il vostro campionato perché so che fa migliorare molto i difensori. Ho bisogno di fiducia, di sentirmi parte integrante di un qualcosa per essere stimolato. E poi, continuando così, sapevo che avrei perso la nazionale. Con la Croazia non giochi tutte le settimane, devi sparare tutto in una volta sola. Bisogna essere al top. Non è possibile se in Italia giochi ogni tanto. Avevo optato per Napoli, pur avendo offerte da Inter e diverse squadre inglesi”.
Gli ostacoli erano soprattutto nel rapporto umano con Maurizio Sarri: “Sarri è freddo, per lui ci sono 13 giocatori e basta. Giampaolo invece parla molto dialoga con tutti, ti spiega. Si pone come un fratello e pare proprio una brava persona”. La condizione all’interno della squadra napoletana ha costretto Strinic a scegliere un’altra destinazione, anche rinunciando ad una parte di ingaggio: “Di soldi non parlo, ma non sono tutto e se per essere protagonista devi abbassarti lo stipendio, non è un problema. Tanti giocatori pensano all'ingaggio e accettano tutto, io non sono così. Devo avvertire il fuoco dentro”.
Per ora il croato è in prestito a Genova per una stagione, ma alla fine dell’anno scadrà il contratto con il Napoli e sarà libero di accasarsi altrove, magari restando alla Sampdoria: “Rispetto a Napoli è un altro mondo, là non potevi uscire, qui a volte manco ti riconoscono. Mia moglie Ivana è felice,i miei due figli Marta e Pietro anche. Vivo tra Quarto e Quinto, siamo casalinghi, la sera usciamo poco, ma abbiamo già capito che vivremo molto bene. I presupposti per restare ci sono tutti, poi però c'è il campo. Che senso ha dire qualcosa oggi?”.