Il Napoli dovrà capire cosa fare da grande. E' affondato in Ucraina, ed è partito male in Champions League. Sconfitta meritata, perchè gli uomini di Sarri hanno regalato sessanta minuti abbondanti allo Shakhtar, con annesso doppio vantaggio, prima di svegliarsi ed accennare una reazione che però è risultata morbida, flebile. Ha riaperto la gara, ma non ha mai dato l'impressione di poterla riacciuffare. Turnover, ragionato, quello messo in atto da Sarri che ha lanciato dal primo minuto Diawara, Zielinski e Milik. Nessuno dei tre ha brillato, ma del resto, è tutta la squadra che ha approcciato la gara in modo compassato, trotterellando in mezzo al campo e concedendo il fianco agli avversari. Sia chiaro, lo Shakthar Donetsk non è il Real Madrid, ma un collettivo ben organizzato, con buona tecnica individuale che è riuscito ad imbrigliare il Napoli a centrocampo facendo densità ed il giusto pressing sul portatore di palla avversario.

La manovra degli azzurri è stata lenta, prevedibile. Gli ucraini senza strafare hanno messo sotto il Napoli che si è ritrovato a dover inseguire dopo il colpo inferto da Taison (non c'entra niente il noto pugile, la più grande leggenda del pugilato del secolo scorso), ma non è riuscita a reagire. Timido, si è affacciato solo in sporadiche circostanze dalle parti di Pyatov. Ci ha provato Insigne con il suo classico destro a giro, curva come sempre magistrale, ma senza fortuna. In precedenza, una deviazione di Ordets che per pura fortuna non si è trasformata in un autogol. Queste, le uniche occasioni di marca campana nei primi 45' minuti.

Il copione non è cambiato nella ripresa, almeno fino a quando Ferreyra non è andato segno di testa ed ha siglato il raddoppio. Responsabilità gravi di Reina, che ha sbagliato totalmente il tempo dell'uscita e purtroppo ci ha abituato a questo tipo di errori, madornali. A questo punto, l'atteggiamento in campo dei partenopei è cambiato (e sottolineiamo per fortuna), anche perchè Mertens, scaraventato in campo da Sarri, ha dato brio alla manovra, creando scompiglio, come è suo solito fare, nei meandri della difesa avversaria. Da una sua incursione è nato il rigore che Milik ha realizzato, con freddezza. Distanze accorciate, il Napoli ha provato a salire di giri, ma non ha mai dato l'impressione di riuscire a prendere in mano il bandolo della matassa. Ha alzato il baricentro, questo si, ma non è riuscito ad imprimere il ritmo che è solito fare. Con Allan in campo la musica è cambiata, ma solo leggermente, perché anche sul due a uno la squadra che si è resa più pericolosa è stata quella di casa, che ha colpito anche un palo sempre con lo scatenato Ferreyra. 

La fase a gironi della Champions League 2017-18 si è aperta con una sconfitta. Uno battuta d'arresto, la prima stagionale, che ha lasciato l'amaro in bocca. Evitabile, senz'altro, se solo si fosse messa in campo maggiore determinazione e cattiveria. Inutile negarlo, anche se si tratta di una semplice sconfitta, - che magari in molti etichetteranno come un incidente di percorso, - il gioco che sta esprimendo il Napoli in questa prima fase di stagione è tutto da analizzare. Il 'sarrismo', quel gioco spumeggiante ed arioso dello scorso anno, si sta vedendo poco. La squadra non sta giocando come vuole il suo allenatore. Parte quasi sempre molle, per svegliarsi ha bisogno di subire uno schiaffo. Certo, contro avversari del calibro di Atalanta e Bologna possono bastare 30-35' minuti di buon calcio per indirizzare la gara verso i giusti binari, ma in Champions ciò non è sufficiente. 

Hamsik continua a singhiozzare, fuori forma, in difficoltà palese. Reina insicuro, croce e delizia. La difesa non appare sicurissima, con la coppia centrale Albiol-Koulibaly che continua a scricchiolare e non garantire quell'alto rendimento voluto da Sarri. E poi, dulcis in fundo, il capitolo Milik: il polacco si batte, nulla da dire, ma non è Mertens, e facciamo fatica a comprendere i motivi per cui l'allenatore lasci il belga in panchina nell'esordio in Champions. Basta uno Shakhtar dignitoso, ordinato in campo, in grado di ostruire le linee di passaggio del Napoli senza permettere agli azzurri di dare il via al proprio gioco, che di colpo quella azzurra diventa una squadra 'normale', lontana anni luce da quella decantata dai nostri addetti ai lavori che la posizionano nella lotta allo Scudetto addirittura davanti alla Juventus. E' breve il tempo a disposizione per leccarsi le ferite, domenica c'è il Benevento, e tra due settimane il Feyenoord, al San Paolo, già crocevia fondamentale per il prosieguo del cammino in Champions. Fallire ancora significherebbe gettare al vento quanto di buono compiuto lo scorso anno.