"2-0 è troppo poco, non è male ma se rivediamo la partita credo sia troppo poco".
Questione di mentalità, di fame. Dries Mertens vede a giusta ragione il bicchiere mezzo vuoto al termine del 2-0 rimediato dal suo Napoli contro il Nizza nell'andata dei preliminari di Champions League. Difficile, oggettivamente, non essere soddisfatti per prestazione e risultato conseguito, ma se la testa va alla ricerca della perfezione, della crescita costante per raggiungere alt(r)i traguardi, allora la direzione da prendere per i partenopei tutti è quella segnata dal folletto belga.
L'ossessione di ottenere il massimo, da qualsiasi situazione. La voglia sfrenata di fare, di strafare e di trascinare compagni e tifosi verso la vittoria. Dries Mertens è oramai il leader tecnico, emotivo, razionale ed irrazionale della squadra, travolgente in un sistema che gli ha permesso di esaltare le sue qualità, ancor più di quando vestiva i panni di esterno d'attacco. Il falso nueve si è trasformato nel nueve per eccellenza, abile in qualsivoglia situazione, a difesa schierata o nell'attaccare la profondità, nel leggere perfettamente i movimenti delle difese altrui e procacciarsi il cibo necessario per sbranare la preda di turno. L'idolo del San Paolo ha dimostrato di avere un vestito per ogni occasione, cucitogli su misura dal sarto toscano che siede in panchina.
Famelico. Forse fin troppo. La stessa fame e la stessa voglia, talvolta fin troppo esasperate, che Mertens pretende dai compagni. Pressing sfrenato, tagli a destra ed a manca per togliere punti di riferimento ai centrali rivali, dribbling a ripetizione, occasioni create a raffica. Dante, Le Marchand e Souquet si staranno ancora chiedendo dove fosse il belga in un'azione piuttosto che nell'altra, imprendibile negli spazi aperti, scheggia impazzita nello stretto. Soltanto la scarsa lucidità toglie al 14 il raddoppio e, nella ripresa, anche il tris. Questione di stanchezza fisiologica oltre che mentale.
Nei suoi occhi, al momento del cambio, un misto tra rabbia, delusione e cazzimma, quella positiva, che prova ad infondere a Milik per punire negli spazi il Nizza. Il tutto unito alla consapevolezza di poter ancora incidere, tanto, sulla gara. Freme, Dries, in panchina, morde tutto ciò che gli capita a tiro, è un leone in gabbia. Già, quella fame, quella del leone in grado di sbranare la preda ed ucciderla a sangue freddo, che non riesce a trasmettere ai colleghi. Questo è quel che manca, ad oggi, al Napoli, al suo Napoli. Nella crescita esponenziale, tecnica ma soprattutto mentale, di Dries Mertens all'ombra del Vesuvio anche questo aspetto, quello ultimo per diventare il Masaniello per eccellenza: Ciro, come oramai lo chiamano da queste parti, è pronto a raccogliere questo fardello, nella speranza che il percorso di maturazione, suo e del Napoli tutto, possa arrivare a compimento in questa stagione. La strada sembra segnata.