Nessuno l'avrebbe immaginato, probabilmente nemmeno lo stesso Mertens. Lui, arrivato al Napoli da illustre (semi) sconosciuto, con il compito di spaccare le partite nei finali di gara con le accelerazioni e i dribbling tipici del suo repertorio, ne ha segnati 27. Sì, signori, 27 gol in campionato e 5 in Champions League: fossero le cifre di un attaccante nato e cresciuto per fare il numero 9, vedasi Higuain o Icardi, potrebbero considerarsi numeri normali. Quando, però, a realizzare tante reti sia stato un trentenne, da sempre impiegato nel ruolo di ala, tali cifre non possono che far strabuzzare gli occhi degli amanti del gioco del calcio.
Le due svolte. I momenti di svolta nella stagione del belga di Lovanio sono stati due. Il primo, non positivo in un'ottica di squadra, si è realizzato in un maledetto pomeriggio di metà ottobre: Milik, centravanti designato nel Napoli, reduce da due doppiette, contro il Milan e la Dinamo Kiev, si infortuna durante una partita in Nazionale. Il referto medico è impietoso: rottura totale del crociato, stop forzato di 6 mesi. A quel punto, dopo qualche match di fisiologico sbandamento, Sarri prende una decisione a cui nessuno avrebbe creduto: nel ruolo di numero 9, vero o falso che sia, non giocherà Callejon, indispensabile per la sua abilità tattica sulla fascia destra, e nemmeno Gabbiadini, ormai lontano con la testa da una Napoli che non lo ha mai visto consacrarsi appieno, ma Dries Mertens.
Le prime partite sono difficili, il belga non riesce ad assimilare le peculiarità del nuovo ruolo; il Napoli perde terreno in classifica. Poi accade qualcosa, un secondo momento decisivo per le sorti del giocatore e della squadra. In una settimana gli azzurri affrontano il Cagliari in trasferta e il Torino in casa: Mertens ne segna 7 in due partite, 3 al Sant'Elia e 4 davanti al pubblico del San Paolo. La metamorfosi ha avuto inizio, il ruolo comincia a piacergli, i movimenti sembrano più fluidi.
Da quel momento Mertens e il Napoli non si fermano più. Gli azzurri, guidati dal loro attaccante tascabile, realizzano uno straordinario girone di ritorno, con il record di vittorie in trasferta e il record di punti nella storia della società. Paradossalmente, con ogni probabilità, Hamsik e compagni si classificheranno terzi, ma hanno già costruito, con piccoli tasselli, un futuro radioso per potersi giocare tutte le chance nel prossimo campionato.
E ora dove lo metti Dries? Terminata la stagione in corso, anche considerando l'assenza di competizioni internazionali, quali Europei o Mondiali, l'attenzione estiva sarà focalizzata sulla costruzione dell'anno che verrà. E, in casa Napoli, Sarri dovrà essere bravo a gestire una rosa di giocatori che, almeno nel reparto avanzato, sembra addirittura in sovrannumero.
Mertens, dopo la stagione straordinaria di cui si è reso protagonista, difficilmente tornerà al suo ruolo originale, l'ala sinistra, anche perché ciò vorrebbe dire rivestire il ruolo di alter ego dell'amico-rivale Insigne, altro pilastro nel progetto tecnico dei partenopei. Facciamolo giocare ancora centravanti, si potrebbe sostenere. Più facile a dirsi che a farsi: al centro, infatti, attende di potersi riprendere una ribalta soltanto abbozzata il polacco Milik. Attaccante di grande stazza, classe '94, è stato il grande investimento dello scorso mercato azzurro. Difficile che un acquisto da circa 40 milioni possa essere tenuto in panchina sempre e comunque. Ecco, quindi, che dovrà entrare in gioco l'abilità tattica dell'allenatore toscano: magari, si potrebbe rinunciare al 4-3-3, per far spazio ad un 4-2-3-1 con Mertens in posizione centrale alle spalle del numero 9(9) polacco.
A prescindere dalle scelte future compiute dalla società, una cosa è certa: il belga ha sposato il progetto azzurro, rinnovando il contratto fino al 2020. Come già dimostrato in questi anni alla corte del patron De Laurentiis, qualunque sia la posizione in cui venga impiegato, Dries farà di tutto per guadagnarsi spazio e sorprendere quelli che lo avevano accolto, semplicemente, come un carneade venuto dal Belgio.