Al di là del risultato. Al di là, ben oltre, delle parole di facciata di Maurizio Sarri a fine gara. La faccia, cupa, del tecnico, parla da sola. Il Napoli torna da Empoli con il bottino pieno, come mai prima d'ora aveva fatto nella sua storia. Potrebbe bastare questo, unito alla terza vittoria di fila in campionato dopo Roma e dopo l'affermazione sul Crotone al San Paolo, ma non può essere sufficiente. Potrebbero bastare le quattro vittorie consecutive lontano dal catino di Fuorigrotta che accertano la crescita, mentale, di personalità, di un Napoli che prova a diventare grande, ma sembra sempre scivolare, nell'atto del definitivo step dal nove verso il dieci, su una buccia di banana appositamente messa dopo averla appena mangiata.
Già, l'autolesionismo partenopeo torna di scena al Castellani, nel paradossale impianto dove gli azzurri campani non sono mai riusciti a venire a capo della truppa toscana. Stavolta invece la musica è diversa, o almeno sembra in principio, così come la consapevolezza di una squadra che sebbene non scenda in campo con il piglio giusto, quello da grande squadra, nei primi cinque minuti - dove sbaglia l'impossibile e rischia di capitolare due volte - ribalta la frittata a piacimento nei minuti immediatamente successivi. Due lampi, dei soliti furetti offensivi: il rigore, prima sbagliato da Mertens, poi la serpentina di Insigne, che si conferma alle spalle dei numeri e delle statistiche del belga compagno di reparto, l'uomo più in forma di questo Napoli. Il 'Magnifico' si conferma tale anche in Toscana, imprendibile sull'out di destra come centralmente, con Sarri che vara il finto trequartista come spesso si è visto all'ombra del Vesuvio, anche se non risulta appariscente agli occhi dei più.
Il partenopeo di nascita, si scambia spesso con quello di adozione, oltre che con Callejon, nel ruolo del dieci classico, aprendo spazi sulle corsie laterali oltre che centralmente per i tagli degli esterni d'attacco. Nasce così la punizione trasformata da Mertens per il 2-0, altresì l'azione che vale il penalty che Insigne, stavolta, realizza con freddezza per la seconda doppietta consecutiva. Tris Napoli, Empoli non pervenuto praticamente mai, gara in ghiaccio. Forse. Anzi no.
Al rientro dagli spogliatoi il Napoli si presenta nella sua peggiore veste, quella della squadra immatura, ancora priva di quella necessaria personalità che gli permette di chiudere le partite, o quantomeno di gestirle in maniera migliore. Gli azzurri perdono il pallino del gioco, diventano improvvisamente fallosi in fase di impostazione come in quella del recupero della sfera. Distanze perse praticamente ad ogni azione, si vaga nel nulla. Nel marasma, l'Empoli beneficia dei regali partenopei, nonostante Natale sia passato oramai da qualche mese. Ghoulam, il peggiore per applicazione e concentrazione del quartetto difensivo, si fa cogliere costantemente impreparato sulle folate degli empolesi, lasciando aperta una piccola porta alla rimonta della squadra di Martusciello. Sarri si sgola, impaziente, impotente. Il suo Napoli, in campo, non c'è più.
Il gol dell'ex El Kaddouri apre una ferita che sembrava essersi chiusa da tempo immemore. Si deve fare uno sforzo importante di memoria per ricordare un black out così duraturo della squadra partenopea, che omette completamente di scendere in campo nella ripresa. L'Empoli grazia il Napoli, frutto di una imprecisione costante sotto porta che ha condizionato gran parte del campionato dei toscani. Maccarone dà nuovo entusiasmo ai padroni di casa dopo che Krunic si prende gioco del malcapitato algerino, facendo aleggiare sulla panchina dei partenopei uno strano nuvolo di fantasmi. La sofferenza finale viene alleviata soltanto dal triplice fischio finale, che sancisce la fine delle ostilità e dei patemi. Troppi, sinceramente, per una squadra che ambisce ad un ruolo di outsider in questo campionato, che spera ancora di acciuffare il secondo posto per evitare il purgatorio dei preliminari di Champions League.
Dalla trasferta di Empoli Sarri si porta a casa, come ha giustamente rimarcato a fine gara, i tre punti, rinnegando e condannando aspramente - in separata sede come è giusto che sia - però un atteggiamento, di gestione, di rilassatezza, di sciatteria intollerabile, da parte della sua squadra nella ripresa. Monito per il futuro. Infestare di negatività un risultato comunque positivo per il prosieguo del campionato - con i partenopei che allungano contemporaneamente su Lazio ed Inter - avrebbe soltanto incrementato ancor di più malumori e frizioni. Ultima delle idee malsane di un autolesionismo, tecnico, di gestione, che non smette proprio di esistere nelle corde della squadra di Sarri. Una festa a metà, peccato averla rovinata così.