Si sa, un attaccante vive per il gol, il suo pane quotidiano. Per tutta la durata del match lo attende, lo insegue, ed aspetta il passaggio giusto del compagno di squadra per scaraventare la palla in rete. Questa è la normalità. Capita però a tutti di vivere momenti cupi, in cui l'animo si intristisce perchè non si è più in grado di fare ciò che si vuole. E' quello che sta accadendo in questi mesi al piccolo attaccante del Cagliari, Marco Sau.
Il centravanti nativo di Tonnara manca all'appuntamento con il gol da più di due mesi; l'ultima gioia personale fu vissuta dal sardo durante l'ultima partita del 2016, in occasione della rocambolesca vittoria (4-3) ai danni del Sassuolo di Eusebio Di Francesco, in cui il suo Cagliari riuscì a conquistare tre punti di vitale importanza nell'allora più intrigante lotta salvezza. Fu il quarto gol stagionale per Sau, dopodichè, il buio più assoluto. I motivi di questa "parabola discendente" possono essere scovati nel cambio modulo che il tecnico Massimo Rastelli ha deciso di optare per il suo Cagliari: lanciando un sistema di gioco con un'unica punta (Borriello), spesso Sau è partito dalla panchina, e quando impiegato sul terreno di gioco, ha dovuto arretrare di parecchio il suo raggio d'azione, dando manforte al centrocampo, sacrificandosi per far ripartire l'azione.
Domenica scorsa, a Firenze, il centravanti sardo ha avuto una grande occasione per interrompere il lungo digiuno e ritornare ad esultare: il suo colpo di testa su splendido assist di Borriello ha terminato la sua corsa però sul palo, con Tatarusanu nettamente battuto. Proprio quando stava per emettere l'urlo liberatorio, la punta ex Juve Stabia ha dovuto digerire l'ennesima delusione e rimandare la gioia tanto attesa.
Restano ancora 10 partite da disputare da qui sino al termine della stagione, 10 gare in cui Marco Sau può cercare di riconquistare il "Killer Instinct" del grande centravanti, e riprendere nuovamente ad incamminarsi lungo la retta via, quel sentiero maestro che conduce al bene della sua squadra.