Il Napoli torna al successo al S.Paolo dopo la brusca ed inattesa frenata di quindici giorni fa contro il derelitto Palermo di Lopez e sale a quota 51 punti in classifica, uno in più della Roma impegnata domani nel lunch match in quel di Crotone. In città però, come è giusto che sia, dato l'appuntamento con la storia sempre più vicino, non si parla d'altro che della sfida di mercoledì 15 Febbraio contro il Real Madrid. Sarebbe però sbagliato sminuire la prova fornita dagli azzurri ieri sera, etichettandola semplicemente come una pratica archiviata in attesa del match dei match.
Gli azzurri si sono infatti trovati di fronte un Genoa che, a dispetto del periodo nerissimo in termini di risultati, ha approcciato la partita in modo perfetto, complice probabilmente un atteggiamento degli azzurri non proprio ineccepibile in alcune situazioni di gioco e, senza dubbio, un fisiologico minutaggio di inserimento per Koulibaly, reduce dalla devastante (in termini di strascichi successivi) esperienza in Coppa D'Africa, e Maggio, in grosso affanno nei primi minuti contro Laxalt e Palladino, salvo poi diventare il dominatore indiscusso della fascia destra per i restanti 70 minuti.
Come detto, l'approccio alla partita del Genoa è stato perfetto, con una pressione asfissiante ed organizzatissima, alla stregua di quanto fatto vedere nella gara d'andata, che ha messo in crisi gli azzurri nei primi 30 minuti di gioco. Gran parte del merito della riuscita di tale operazione va sicuramente a Rigoni, Veloso e Burdisso, i tre pilastri dello scheletro rossoblù. Il primo ha seguito come un'ombra Diawara nella prima frazione di gioco rendendo difficile ogni singola giocata al gioiellino guineano, per poi ripartire velocemente non appena riconquistato il possesso del pallone inserendosi nella tasca fra difesa e centrocampo azzurro. Il portoghese e l'argentino ex-Roma, invece, avevano il compito di tenere incollati i reparti con la loro leadership e la loro tecnica individuale (soprattutto il primo). Piano riuscitissimo, almeno nei primi 30 minuti, dopo i quali, complice anche l'uscita dal campo per infortunio del regista rossoblù, il Napoli ha iniziato a prendere seriamente le misure agli uomini del Grifone, scrollandosi da dosso anche un po' di ruggine. Nel primo tempo, ad ogni modo, entrambi i portieri sono stati del tutto inoperosi, eccezion fatta per un lieve brivido per parte sulle conclusioni di Simeone, lasciato per tutta la gara in completa solitudine dai compagni, ed Insigne, su cui Lamanna ci ha messo una pezza allungando in calcio d'angolo con la punta delle dita.
Il secondo tempo, però, vede in campo un Napoli del tutto diverso, complice anche un Genoa leggermente sulla gambe a causa della pressione asfissiante dei primi 45 minuti. Il fortino rossoblù salta quasi subito, espugnato dalle giocate eccezionali di Mertens, Zielinski e Giaccherini. Nell'azione del primo gol è il folletta belga a fare la gran parte del lavoro, rispolverando un po' del suo arsenale da esterno sinistro. Largo sulla fascia, Mertens entra in area ubriacando di finte Brudisso (che nel secondo tempo non è riuscito a prenderlo una singola volta) e Lazovic, facendo collassare tutta la difesa rossoblù negli ultimi 10 metri di campo (sono ben otto i giocatori genoani schiacciati in area di rigore). Hiljemark, in debito d'ossigeno dopo la copertura ed ormai a terra da un paio di secondi, ributta goffamente la palla sui piedi di Zielinski che, con un sinistro potente e preciso batte Lamanna facendo sembrare il tutto incredibilmente facile. Non lo è. Soprattutto se si considera il fatto che, in linea del tutto teorica, quello dovrebbe essere il piede debole del polacco (ed in questo Zielinski ricorda tantissimo il suo compagno di reparto Marek Hamsik).
Sbloccata la partita il Napoli gioca i suoi soliti 15 minuti in cui sembra capace di segnarne altri 5. Prima del raddoppio di Giaccherini c'è un'azione rappresentativa dello stato di grazia e dell'elevatissimo QI calcistico di alcuni interpreti azzurri. Il primo è Marek Hamsik, ormai a tutti gli effetti il vero leader tecnico e carismatico della squadra, che sta evolvendo definitivamente il suo gioco verso picchi quasi inarrivabili per gli altri centrocampisti della serie A. Il capitano negli ultimi incontri sta mutando il suo modo di giocare avvicinandosi sempre di più al concetto di centrocampista box to box moderno e totale, predendo palla lontano dalla metà campo ed arrivando in conduzione sino alla trequarti campo avversaria. In questa occasione, dopo una rapida occhiata ai compagni, serve palla a Mertens che stavolta fa fare un giro al bar ad Orban prima di sparare in porta trovando la respinta di Lamanna. Oltre alla bellezza stilistica del dribbling del belga, quello da notare realmente in questa azione è l'intelligenza tattica dei tre uomini coinvolti, con Hamsik che serve la solita palla coi tempi giusti, Giaccherini che taglia in verticale per liberare lo spazio a Mertens ed il belga che non si fa pregare due volte per divorare lo spazio lasciato libero dal compagno. Manuale del calcio sarriano.
Lo stesso Giaccherini trova il raddoppio qualche minuto più avanti su un'altra azione personale, da vero spacca-partite, di Dries Mertens, che quasi umilia Burdisso e serve all'ex-Bologna un cioccolatino solo da depositare in rete. Nell'azione del raddoppio, oltre alla solita bellezza abbacinante dei movimenti e dei dribbling di Mertens, c'è da notare anche la palla servita in verticale da tale Amadou Diawara, classe 1997, a cui spesso viene rimproverato (quasi mai a ragion veduta) di non tentare giocate in verticale, ed il movimento a tagliare il campo di Giaccherini, che parte larghissimo ad inizio azione a 35 metri dalla porta. Forse qualcuno a questo punto starà iniziando a capire perchè allenatori del calibro di Conte e Sarri stravedono per tale giocatore.
Dopo il raddoppio la partita viene messa in ghiaccio dagli azzurri, che creano qualche altra palla gol degna di nota, trovando sempre però i guantoni di Lamanna o le imprecisioni dell'ex-genoano Pavoletti ed Insigne a sbarrare la strada che porta al terzo gol. Particolarmente degna di nota è l'azione riportata nel video successivo, in cui si evince chiaramente la voglia di spaccare il mondo di Marko Rog, entrato, come al solito, col piglio giusto e con il brevettato intervento spacca-tibie già visto a Benfica. Nella fattispecie, qui il talento croato, schierato come terzo di destra nell'attacco azzurro al posto di Giaccherini, si fa dare palla in verticale da Raul Albiol (il cui numero di verticalizzazioni fa impallidire il 90% dei centrocampisti italiani) e serve sulla corsa Allan che a sua volta premia il movimento di Pavoletti che poi conclude malamente sul difensore ospite senza premiare a sua volta l'inserimento di Insigne. Tale azione rispecchia un po' quello che potrebbe essere Pavoletti per il Napoli in termini di movimenti e di bramosia per il gol. Serve però mettere apposto definitivamente la condizione fisica, e, perchè no, anche l'intelligenza tattica ed i piedi.
Maurizio Sarri, al termine della partita, si è detto contento della prestazione dei suoi prima di essere subissato di domande sul Real, come è giusto che sia. Probabilmente nessuno fra qualche anno ricorderà di questa partita col Genoa, ma i tre punti guadagnati dal Napoli resteranno fondamentali nell'economia del campionato.